Quello dell’impatto ambientale è un tema attualissimo e trasversale, che interessa non solo la sfera politica ed economica internazionale ma anche le scelte che facciamo ogni giorno come singoli individui. Storicamente i mercati finanziari sono un po’ lo specchio della nostra società, e ne riflettono umori e cambiamenti: ecco perché sempre più investitori sono attratti dai green bond, considerati non solo obbligazioni più remunerative di altre ma anche investimenti “buoni”, che ci permettono di dare il nostro contributo con il finanziamento di iniziative a impatto positivo per l’ambiente.
🇮🇹 Esistono green bond italiani? | Sì, l’anno scorso l’Italia ha collocato il primo BTP Green nazionale |
💰 I green bond sono più remunerativi? | No, il fatto che siano socialmente responsabili non significa che siano più remunerativi di altri |
👛 Quant’è la cedola annua del BTP Green 2045? | 1,50% |
Cosa sono i green bond?
Il nome è già di per sé piuttosto esplicativo: con il termine “green bond” si intendono titoli di debito legati a progetti ed iniziative green, che hanno cioè un impatto positivo sull’ambiente. Presenti sul mercato finanziario da più di un decennio, i green bond sono strumenti non propriamente nuovi, ma negli ultimi mesi hanno vissuto momenti di grande successo per via delle emissioni di questa tipologia obbligazionaria da parte dell’Unione Europea.
Ad ottobre dello scorso anno, infatti, è stato lanciato il primo green bond europeo per il finanziamento del Next Generation EU, il pacchetto di misure da 800 miliardi di euro destinato ai Paesi membri per stimolare la ripresa economica post pandemia ed investire in un futuro più sostenibile per tutti. L’obbligazione ha una durata di 15 anni (con scadenza Febbraio 2037) ed il suo valore complessivo ha superato di gran lunga le aspettative raccogliendo al debutto 135 miliardi di euro contro i 12 di offerta iniziale, assestandosi su un rendimento dello 0.45% annuo.
Si tratta del collocamento green più consistente della storia fino ad oggi, un dato che la dice lunga sul crescente interesse verso questa tipologia di asset da parte degli investitori, particolarmente attratti da operazioni finanziarie che siano in linea con tematiche di grande interesse collettivo (già lo scorso anno vi raccontavamo della crescita degli investimenti sostenibili e di una curva destinata a salire).
Da chi sono emessi?
Il primo green bond della storia è stato il Climate Awareness Bond, emesso nel 2007 dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti), mentre in Italia l’apripista è stato, nel 2014, il gruppo Hera, una delle maggiori società multi-utility nostrane il cui business si concentra su gas, elettricità, acqua e ambiente.
Dunque, è facile intuire che i green bond possono essere emessi non solo da governi e istituzioni ma anche da enti e società private, a patto che rispettino i Green Bond Principles, vale a dire gli standard individuati da ICMA (International Capital Market Association) per determinare se un’obbligazione possa essere o meno definita “green”.
Le caratteristiche che differenziano i green bond dalle obbligazioni tradizionali, di fatto, sono quattro:
- utilizzo dei proventi: i proventi devono essere utilizzati solo ed esclusivamente per finanziare progetti che generano evidenti benefici a livello ambientale e sociale (nel caso del Green Bond EU, ad esempio, per finanziare le iniziative verdi previste dal piano Next Generation EU);
- processo di valutazione e selezione dei progetti: che si tratti di un organo istituzionale o di una società, l’emittente del green bond è tenuta a comunicare agli investitori in modo chiaro e trasparente quali sono gli obiettivi ambientali e i processi attraverso i quali si intende raggiungerli, inclusi gli eventuali criteri di esclusione che verranno applicati;
- gestione dei proventi: tutti i proventi devono essere tracciati e documentati in un sistema che sia controllato dall’emittente stessa in modo appropriato;
- attività di reporting: l’emittente è tenuta ad elaborare periodicamente informazioni aggiornate circa l’uso dei proventi, fornendo ai propri investitori una reportistica dettagliata sui progetti finanziati e gli importi collocati.
Green bond italiani
Se l’Europa si muove a passi marcati verso gli asset green il nostro Paese non resta certo a guardare, anzi: nei primi mesi dello scorso anno l’Italia ha debuttato nel mercato dei green bond collocando il primo BTP Green nazionale, che si va ad aggiungere ai titoli emessi già da anni dal settore privato: si tratta di nuovi titoli di Stato italiani a medio-lungo termine, destinati a finanziare e supportare la nostra transizione ecologica.
Il BTP Green, con scadenza 30 aprile 2045 e cedola annua dell’1,50%, presenta le medesime caratteristiche degli altri Buoni del Tesoro Poliennali e può essere scambiato sia dagli investitori istituzionali sia dai risparmiatori individuali – per questi ultimi il taglio minimo per la sottoscrizione è di 1000 euro. Ciò che differenzia questa obbligazione dagli altri BTP (ad esempio questi o i BTP 2037), però, è il quadro di riferimento: in questo caso, infatti, il Tesoro non si è limitato a seguire i Green Bond Principles emanati da ICMA, ma si è impegnato ad integrare, ove possibile, la bozza dei Green Bond EU Standards, tutt’ora in discussione.
I proventi di questa obbligazione, che è stata accolta sul mercato con grande successo – la domanda complessiva è stata di oltre 80 miliardi di euro, raggiungendo il record di richieste nelle emissioni inaugurali di Green Bond sovrani in Europa – andranno a finanziare obiettivi ambientali come la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’uso sostenibile delle risorse idriche, la transizione ad un’economia circolare e il controllo dell’inquinamento.
Rendimento: il green bond conviene?
Come abbiamo visto, quello degli investimenti socialmente responsabili è un mercato in fortissima crescita, ma è bene valutare con attenzione ogni singolo prodotto prima di operare sull’onda dell’entusiasmo. Verde non è necessariamente sinonimo di remunerativo e questa tipologia di asset, specialmente se inserita indiscriminatamente nel nostro portafoglio e senza una strategia chiara, può esporci agli stessi rischi di altri prodotti meno “virtuosi”, aumentando le probabilità di fare un pessimo investimento: persino il Green Bond EU, che pur ha conquistato gli investitori, ha un rendimento dello 0,45%.
Se in passato i bond hanno fatto registrare dei rendimenti piuttosto scadenti, non è detto che nei prossimi anni la situazione non possa cambiare. La crescita dei tassi d’interesse ha dato nuovo impulso al settore obbligazionario, che oggi è visto con maggior interesse da parte degli investitori.
Nonostante i rendimenti migliori, non è il caso di lasciarsi trasportare dall’entusiasmo e sbilanciare il portafoglio d’investimento a favore dei bond più remunerativi. In una prospettiva di lungo termine è bene scegliere un approccio multi-asset (che può comprendere anche i green bond), allo scopo di distribuire il rischio in modo ottimale.
Una gestione patrimoniale “socially responsible” è certamente cosa buona e giusta, e con un approccio evoluto, può diventare anche remunerativa: oggi sul mercato è possibile operare scegliendo prodotti come fondi o ETF che includano i parametri ESG nella propria strategia, ma per costruire un portafoglio equilibrato la soluzione migliore è sempre affidarsi ad una consulenza professionale e indipendente come Moneyfarm.
Domande frequenti
Cos’è un green bond?
Sono titoli di debito – vale a dire obbligazioni – legati a progetti ed iniziative sostenibili, e che ultimamente stanno riscuotendo un discreto successo tra gli investitori.
Cosa sono i Green Bond Principles?
Con Green Bond Principles si intende un insieme di regole individuate da ICMA per determinare se un’obbligazione possa essere o meno definita “green”.
Che differenza c’è tra green bond e obbligazioni tradizionali?
I green bond si differenziano dalle altre obbligazioni per la gestione e l’utilizzo dei proventi (che devono essere utilizzati per finanziare progetti sostenibili), il rigoroso processo di valutazione dei progetti e l’obbligo di fornire ai propri investitori un report periodico sulle attività svolte.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.