Come ripetiamo spesso, fare investimenti non significa avere guadagni certi, bensì operare per ottenere un rendimento a fronte di un’esposizione al rischio direttamente proporzionale. Ma cosa intendiamo quando parliamo di “rischio”? Da un punto di vista finanziario, il termine può riferirsi ad un ventaglio di circostanze diverse, come il profilo di rischio di un investitore, il Valore a Rischio (VaR) associato ad un prodotto o ad una strategia di investimento, o il cosiddetto rischio di credito, sul quale ci concentriamo in questo articolo.
Il rischio di credito è uno dei fattori più significativi per la determinazione dei prezzi e dei rendimenti, ma è anche quello più difficile da quantificare: ecco perché, quando si valuta l’opportunità di un investimento finanziario, affidarsi ad una consulenza qualificata e indipendente può fare la differenza.
📈 Come si misura il rischio di credito? | Attraverso le classificazioni delle società di rating |
👎 Uno Stato può dichiarare default? | Sì, come è successo all’Argentina |
⚠️ Gli investimenti più rischiosi sono quelli più remunerativi? | In genere sì |
Rischio di credito: cos’è?
Anche se non ce ne rendiamo conto, tutti noi abbiamo a che fare con il rischio di credito più o meno quotidianamente: ad esempio, chi possiede un immobile e decide di metterlo a reddito deve tenere in considerazione l’eventualità che l’affittuario non paghi regolarmente; per fare un esempio ancora più semplice, il collega che ci chiede di ordinare il pranzo delivery anche per lui con la promessa di restituirci i soldi a fine giornata ci espone ad un – seppur piccolo – rischio di credito.
Per capire cos’è il rischio di credito in finanza, partiamo dalla sua definizione più ampia, fornita direttamente dalla Banca d’Italia: “Rischio che il debitore non sia in grado di adempiere ai suoi obblighi di pagamento di interessi e di rimborso del capitale”. Non si tratta affatto di una possibilità remota, neanche quando si effettuano operazioni finanziare apparentemente “innocue” come, ad esempio, l’acquisto di obbligazioni emesse da governi nazionali: naturalmente, più è alto il rischio di credito e più sarà alta la remunerazione per l’investimento, e viceversa, ma è importante ricordare che non esistono attività finanziarie esenti da rischi.
Entriamo dunque nel dettaglio, analizzando le varie tipologie di prodotti più esposte al rischio di credito e i fattori che possono influenzarlo.
Il rischio di credito negli investimenti finanziari
Se è vero che ogni operazione finanziaria è caratterizzata da un certo grado di incertezza, il rischio di credito caratterizza tipicamente tutte le attività cosiddette di prestito e si manifesta, infatti quando l’investitore, una volta raggiunta la scadenza, non ottiene il rimborso del capitale investito. I prodotti più rischiosi da questo punto di vista sono naturalmente i titoli di debito, quindi i buoni del Tesoro (ad esempio i btp 2037), i titoli di Stato e le obbligazioni emesse da istituti bancari o società di vario genere.
Ma cosa influenza il rischio di credito bancario? I fattori sono molti, e riguardano soprattutto la solidità patrimoniale delle società emittenti, le loro prospettive economiche e le caratteristiche dei settori nelle quali operano. A questi, naturalmente, si aggiungono anche i rischi di mercato, vale a dire la possibilità che ci siano sostanziali variazioni nei prezzi o nell’andamento generale del mercato di riferimento, condizioni che inciderebbero sul rischio di subire delle perdite.
In questo senso, il modo migliore per mettere al sicuro il proprio patrimonio è un fare una corretta analisi e gestione del rischio di credito e, più in generale, attuare un risk management appropriato nella composizione del proprio portafoglio.
Un caso specifico: il rischio di credito bancario
Per avere un quadro complessivo non dobbiamo dimenticare il rischio di credito bancario, che spesso viene sottovalutato dagli investitori meno esperti. Un po’ sulla falsariga dei titoli di Stato, le obbligazioni emesse dagli istituti di credito hanno storicamente goduto di un’ottima reputazione, perché è difficile immaginare che un intero Paese o un colosso bancario possano fallire. Ma la realtà è ben diversa – basta pensare al crack di Lehman Brothers, al default dell’Argentina o, per restare più vicini a noi, alle complesse vicende del Monte dei Paschi di Siena – e ha dimostrato come, di fatto, questi rischi siano molto concreti.
Inoltre, le recenti regole europee introdotte in materia di salvataggio delle banche prevedono che si possa ricorrere all’intervento pubblico solo in situazioni straordinarie, e che si utilizzino in prima battuta risorse interne, tra le quali figura – seppure come “ultima spiaggia” – anche il bail-in.
In altre parole, in caso di default le perdite ricadranno sugli azionisti della banca e chi detiene obbligazioni cosiddette “subordinate”, vale a dire quei titoli il cui pagamento dipende dalla soddisfazione degli altri creditori. Non sono esenti neanche i titolari di conti correnti con importi superiori ai 100.000 euro: un altro dei motivi per i quali diciamo spesso che tenere troppi risparmi sul conto corrente può costare caro.
Analisi del rischio di credito: come si misura?
Così come una banca, prima di concederci un prestito o un mutuo, elabora una valutazione circa il nostro merito creditizio – cioè la nostra capacità di ripagare il debito – allo stesso modo è possibile valutare la solvibilità e l’affidabilità di un soggetto emittente. Lo strumento principale per misurare questo tipo di rischio è il rating, che viene emesso da società di consulenza come Standard & Poor’s e Moody’s Investor Service, solo per citare le più note. Nonostante non si tratti di certificazioni ufficiali ma di valutazioni autorevoli, i ratings ricoprono un ruolo fondamentale perché, di fatto, dichiarano nero su bianco la capacità o meno di una società di pagare i propri debiti.
I ratings, che sono generalmente espressi in scale di valori che vanno dalla tripla A (massimo grado di solvibilità) alla D (minimo grado di solvibilità, vale a dire default), vengono elaborati prendendo in considerazione elementi sia quantitativi che qualitativi, come:
- la struttura patrimoniale della società, le prospettive di guadagno futuro e la composizione del suo indebitamento;
- la situazione politica e sociale del Paese;
- la situazione del mercato di appartenenza, con un confronto con altre società simili;
- l’affidabilità e la capacità del management dell’azienda di raggiungere gli obiettivi che si è prefissata.
Il rating è uno strumento utile per misurare il rischio di credito non solo nella fase iniziale, cioè quando stiamo valutando l’opportunità di un dato prodotto finanziario, ma anche per monitorare i nostri investimenti nel tempo: il rating infatti può variare, e un eventuale downgrade di un emittente è un campanello d’allarme da non prendere sottogamba.
Tecniche di attenuazione del rischio di credito: come investire in modo sicuro
Come abbiamo visto, il rischio di credito è un indicatore fondamentale nella scelta della tipologia dei prodotti finanziari da includere nel portafoglio. Per mettersi al riparo da un’eventuale perdita, molti investitori scelgono di ricorrere a particolari strumenti derivati come i Credit Default Swap, che sono sostanzialmente dei titoli con una funzione assicurativa che spostano il rischio di credito da un investitore all’altro, garantendo all’investitore iniziale un rimborso. Tuttavia la soluzione più semplice per coprirsi dal rischio di credito è certamente la diversificazione del proprio portafoglio, attingendo a diversi panieri di titoli per bilanciare i rendimenti potenziali e l’esposizione al rischio.
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Domande frequenti
Cos’è il profilo di rischio di un investitore?
È la sua propensione al rischio, serve a capire quanto è disposto a sopportare l’incertezza e, di conseguenza, quali sono le tipologie di investimento più adatte per lui.
Cos’è il rischio di credito?
La Banca d’Italia l’ha definito come “il rischio che il debitore non sia in grado di adempiere ai suoi obblighi di pagamento di interessi e di rimborso del capitale”.
A cosa serve il Credit Default Swap?
Svolge una funzione assicurativa perché, spostando il rischio di credito da un investitore all’altro, garantisce al primo investitore un rimborso.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.