Chi decide di investire nel mattone, avrà sentito parlare almeno una volta di plusvalenza immobiliare. Quando dall’acquisto e dalla successiva vendita di un immobile, l’investitore ricava un profitto, a determinate condizioni questo profitto è tassato dal Fisco.
La tassazione sulla plusvalenza degli immobili è quindi un fattore da tenere bene a mente quando si affronta un investimento immobiliare, perché erode una parte del guadagno ricavato. Vediamo quindi come funziona la plusvalenza immobiliare, qual è la tassazione quando è prevista e quali sono i costi deducibili.
Come si paga la plusvalenza immobiliare? | Si paga insieme agli altri redditi IRPEF oppure al momento del rogito notarile, come imposta sostitutiva al 26% |
Si può evitare di pagare la plusvalenza immobiliare? | Sì, se si vende dopo 5 anni dall’acquisto o si usa l’immobile come abitazione principale |
I costi sono detraibili? | È prevista una deduzione per le imposte di registro, catastali e ipotecarie, per l’onorario del notaio e per le spese di manutenzione straordinaria |
La plusvalenza immobiliare è tassata in caso di donazione dell’immobile? | Sì, valgono le stesse regole anche in caso di donazione |
Cosa significa?
La plusvalenza consiste nella crescita di valore di un bene e quando si parla di immobili rappresenta la differenza positiva tra il prezzo di acquisto immobiliare e la sua vendita, che permette di generare un profitto. Chi acquista un immobile a 100.000€ e dopo qualche tempo lo rivende a 125.000€, genera una plusvalenza immobiliare di 25.000€.
Sebbene incassare questa plusvalenza sia l’obiettivo principale di chi investe nel mattone, bisogna fare i conti anche con il Fisco, con cui bisogna spartire una parte della torta. Per capire se si tratta di un investimento conveniente, bisogna quindi calcolare a quanto ammonta questa tassazione e quando è possibile evitarla.
Tassazione plusvalenza immobiliare
Al momento di vendere l’immobile ad un prezzo maggiorato rispetto a quello d’acquisto, l’investitore immobiliare può scegliere due diverse modalità per far fronte alla tassazione sulla plusvalenza degli immobili:
- Pagare l’IRPEF insieme agli altri redditi prodotti, dichiarando la plusvalenza nella dichiarazione dei redditi. L’importo da pagare dipenderà quindi dallo scaglione contributivo previsto;
- Oppure pagare l’imposta sostitutiva del 26% al momento di firmare l’atto notarile di vendita dell’immobile. In questo caso sarà il notaio a calcolare le tasse e versare poi la somma corrispondente all’Agenzia delle Entrate. Anche quando è previsto il pagamento dilazionato dell’immobile, l’imposta va pagata in un’unica soluzione.
Si deve quindi valutare caso per caso quale sia la tassazione più conveniente, così da massimizzare il profitto generato dall’operazione immobiliare.
Quando si paga la plusvalenza immobiliare e quando non si paga?
La plusvalenza per la cessione di un immobile non è sempre dovuta, ma va pagata solo a determinate condizioni. Innanzitutto la tassazione è dovuta quando tra l’acquisto e la vendita dell’immobile sono passati meno di 5 anni. Invece, se la vendita avviene dopo i 5 anni, la plusvalenza immobiliare non è tassata.
Affinché la tassazione sia prevista, è necessario che il bene immobiliare sia acquistato a titolo oneroso. Chi riceve in eredità un immobile e lo vende entro 5 anni, non è tenuto a pagare la plusvalenza immobiliare.
C’è anche un’altra ipotesi in cui niente è dovuto al Fisco. Quando l’immobile acquistato viene adibito ad abitazione principale dell’acquirente o dei suoi familiari, non è prevista alcuna tassazione per la plusvalenza immobiliare.
In quest’ultimo caso bisogna dimostrare che in effetti l’immobile è stato utilizzato come abitazione per più della metà del tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita dell’immobile. Si dovrà fornire quindi una prova della residenza anagrafica, eventualmente anche mediante presentazione di fatture per la domiciliazione delle utenze domestiche.
Come si calcola?
Per fare il calcolo della plusvalenza immobiliare, basta sottrarre il prezzo di acquisto al prezzo di vendita dell’immobile. Questa differenza positiva rappresenta la plusvalenza immobiliare, che va utilizzata come base imponibile per calcolare la relativa tassazione.
Calcolare la tassazione è invece più complesso, perché dipende dalla modalità scelta per il pagamento. Chi sceglie di pagare la plusvalenza immobiliare insieme agli altri redditi IRPEF dichiarati, pagherà in base al suo scaglione contributivo.
Quando invece si sceglie di pagare l’aliquota del 26% al momento del rogito notarile, il calcolo è nettamente più semplice. Per definire l’esatto ammontare della plusvalenza immobiliare, si devono prima sottrarre le spese deducibili, quindi approfondiamo questo argomento nel prossimo paragrafo.
Costi detraibili
Nell’esempio fatto sopra, abbiamo visto che se un immobile viene acquistato a 100.000€ e venduto a 125.000€, si genera una plusvalenza immobiliare di 25.000€ su cui si dovrà calcolare la relativa tassazione. In realtà occorre prima sottrarre alcune spese sostenute dall’investitore immobiliare.
Sebbene in genere si parli di costi detraibili per la plusvalenza immobiliare, si tratta invece di una vera e propria deduzione di alcune spese. Vediamo nel dettaglio quali sono le voci di spesa deducibili:
- Le imposte pagate per l’acquisto dell’immobile, come ad esempio le imposte di registro e le imposte catastali e ipotecarie;
- L’onorario pagato al notaio per il rogito e la consulenza fornita;
- Le fatture pagate per apportare migliorie all’immobile, purché si tratti di interventi di manutenzione straordinaria e non di semplici interventi di manutenzione ordinaria.
Se si tiene conto della deduzione di queste spese, la plusvalenza immobiliare si riduce e quindi anche la tassazione da corrispondere al Fisco.
Come evitare di pagare la plusvalenza immobiliare?
Visto che la tassazione sulla plusvalenza immobiliare può incidere parecchio sul profitto dell’operazione immobiliare, l’investitore è sempre alla ricerca di strategie per non pagare o ridurre il più possibile la tassazione. Come non pagare la plusvalenza immobiliare?
Un modo molto semplice è quello di attendere 5 anni dall’acquisto dell’immobile, anche se l’attesa potrebbe aumentare il rischio dell’operazione immobiliare. Notoriamente il mercato immobiliare attraversa delle crisi cicliche che possono durare molti anni.
Tra tutti gli asset finanziari, gli immobili sono quelli che presentano le maggiori criticità, non solo per la tassazione, ma anche perché è un investimento poco liquido e che spesso rende difficile differenziare il portafoglio d’investimento.
Per eliminare il problema alla radice, si potrebbe valutare una differente strategia d’investimento, che non comprende necessariamente il settore immobiliare. Per capire come fare, è possibile partire da un’analisi del tuo portafoglio d’investimenti.
Come abbiamo visto, un modo per ridurre la tassazione è quello di sfruttare tutte le spese deducibili, affrontate per migliorare il valore dell’immobile. Abitare l’immobile per un tempo sufficientemente lungo, è un’altra valida strategia per non pagare la plusvalenza immobiliare.
La plusvalenza nella dichiarazione dei redditi
Quando non c’è modo di evitare di pagare, la plusvalenza immobiliare va riportata in dichiarazione dei redditi, nel quadro D del modello 730. Nel rigo D4 bisogna anche indicare in colonna 1 il codice 2. Nel modello Redditi PF la plusvalenza immobiliare va riportata nel quadro RL, nel rigo RL6.
Chi paga la plusvalenza immobiliare al momento dell’atto notarile, non deve dichiarare nulla nella dichiarazione dei redditi. In questo caso, infatti, è già avvenuto il pagamento della tassazione nella misura del 26%.
Plusvalenza immobiliare in caso di donazione
La plusvalenza immobiliare da donazione è tassata quando chi ha ricevuto l’immobile in donazione, lo rivende entro i 5 anni. In questo caso la plusvalenza è data dalla differenza tra il prezzo della vendita e i costi sostenuti dal donante per costruire o acquistare l’immobile.
Anche in caso di donazione valgono tutte le altre regole che abbiamo visto a proposito della plusvalenza immobiliare. Se ad esempio il donatario utilizza la casa come abitazione per sé o i propri familiari, può sottrarsi alla tassazione in caso di vendita dell’immobile. Si tiene conto delle spese deducibili dalla plusvalenza anche in caso di donazione.
La donazione non interrompe il termine di 5 anni che devono trascorrere dall’acquisto alla vendita del bene per evitare la tassazione della plusvalenza. Quando invece trascorrono più di 5 anni dalla donazione alla vendita dell’immobile, la plusvalenza immobiliare non è dovuta.
Domande frequenti
Cos’è la plusvalenza immobiliare?
È la differenza positiva tra il prezzo di acquisto di un immobile e la sua vendita, da cui si ricava un profitto. È l’obiettivo principale degli investitori immobiliari, ma può comportare una consistente tassazione.
Come si calcola la plusvalenza immobiliare?
Il calcolo è piuttosto complesso ed è legato alla base imponibile. Si può pagare al momento del rogito notarile oppure in un secondo momento insieme agli altri redditi IRPEF dichiarati.
Come evitare di pagare la plusvalenza immobiliare?
La plusvalenza immobiliare non si paga quando l’immobile viene venduto dopo 5 anni dall’acquisto oppure quando viene utilizzato come abitazione principale per sé o i familiari.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.