In Italia sono diverse le aziende del settore privato che, soprattutto in periodi storicamente complessi come quello che abbiamo vissuto con la pandemia da Covid-19, decidono di rendere i propri dipendenti partecipi dei risultati economici ottenuti attraverso i cosiddetti premi di produzione. Pur trattandosi di un “semplice” compenso che si aggiunge alla retribuzione di base, il premio aziendale può essere corrisposto secondo criteri, modalità e tempistiche diversi, ed è soggetto ad una tassazione agevolata che è stata recentemente modificata con la legge di Bilancio 2023. In questo articolo cercheremo di approfondire l’argomento non solo con esempi pratici per il calcolo del premio di produzione, ma anche attraverso alcune valutazioni di più ampio respiro per capire come mettere a frutto questa entrata extra con investimenti appropriati. Se non sai come far lavorare i soldi o come iniziare ad investire e stai cercando un investimento su misura rispetto al tuo stipendio e alla tua propensione al rischio, compila senza impegno il form online e affidati a Moneyfarm, eletto per il settimo anno consecutivo Miglior Servizio di Consulenza Finanziaria Indipendente in Italia.
💸Quanto è tassato il premio di produzione? | Con la legge di bilancio 2023 l’imposta sostitutiva è passata dal 10% al 5% |
💰Il premio aziendale concorre a formare il reddito? | No, entro i limiti di 3.000 euro lordi all’anno. |
💡Conviene investire il premio di produzione? | Sì, ma dipende dal tipo di investimento scelto. |
Premio di produzione: cos’è?
Prima di decidere come investirlo, cerchiamo di capire esattamente di cosa si tratta: il premio di produzione – che molti chiamano anche premio aziendale o premio di produttività – consiste in uno o più compensi aggiuntivi rispetto alla retribuzione di base, attraverso i quali i datori di lavoro decidono di condividere con i propri dipendenti il successo dato da un incremento delle vendite, un aumento di fatturato o una crescita particolarmente significativa del business. Il significato del premio aziendale è quindi quello di riconoscere ai dipendenti il loro impegno e gli sforzi profusi per il raggiungimento degli obiettivi, riconoscimento che, nel pratico, si traduce in una somma di denaro extra che il lavoratore si trova direttamente in busta paga. Se il concetto alla base del premio di produzione è uguale per tutti, non tutte le aziende lo distribuiscono nelle stesse modalità o con gli stessi criteri: le differenze riguardano sia gli importi sia la frequenza, che possono variare (e di molto) a seconda che si tratti di bonus erogati “una tantum” o di somme che sono previste già negli accordi collettivi o individuali.
A chi spetta e quando viene erogato il premio di produzione?
Abbiamo visto cosa sono i premi di produzione, ma è bene chiarire sin da subito che la loro erogazione è a discrezione del datore di lavoro, a meno che non ne sia previsto l’obbligo nei contratti collettivi del lavoro di riferimento. Le categorie professionali che tradizionalmente percepiscono questi bonus sono in genere quelle legate alla vendita come, ad esempio, gli agenti immobiliari o chi lavora nel settore del commercio, ma non esiste una regola univoca per capire a chi spetta il premio di produzione e a chi no. In linea generale, a seconda dell’azienda e della tipologia di lavoro svolto, può essere corrisposto a:
- Singoli dipendenti che si sono distinti per meriti specifici come la qualità o l’efficienza dimostrata;
- Team di lavoro che hanno portato a termine un task particolare o hanno gestito un progetto di successo;
- Tutti i dipendenti dell’azienda per aver contribuito, ognuno per le proprie competenze, ai risultati registrati.
Anche le tempistiche di erogazione del premio di produzione possono variare da azienda ad azienda: nella maggior parte dei casi, i dipendenti se lo troveranno in busta paga nei primi mesi dell’anno successivo a quello di riferimento, ma alcune realtà – a dire il vero la minoranza – scelgono di distribuirlo due o quattro volte l’anno sulla base degli obiettivi raggiunti o delle performance registrate in uno specifico arco temporale.
Quali tipi di premi di produzione esistono?
Dietro al termine “premio di produzione” si nasconde in realtà un ventaglio di soluzioni molto diverse tra loro: il premio di produzione, infatti, rientra a tutti gli effetti nel cosiddetto welfare aziendale, vale a dire quell’insieme di benefit e servizi che il datore di lavoro mette a disposizione dei propri dipendenti per migliorare la qualità e il benessere della loro vita professionale, e che possono essere divisi in due grandi tipologie:
- Premio in denaro, che viene erogato direttamente in busta paga: si tratta sicuramente della formula più diffusa, e il cui importo in genere non supera i 3.000 euro lordi all’anno per ragioni fiscali (delle quali parleremo in modo più dettagliato nel prossimo paragrafo)
- Servizi di welfare che spesso si traducono in voucher che i dipendenti possono utilizzare per riscattare una vasta gamma di servizi come, ad esempio, la copertura di spese mediche, tasse universitarie per i propri figli, buoni pasto etc.
Tassazione del premio di produzione
Così come avviene per la retribuzione di base, anche i compensi aggiuntivi sono soggetti al pagamento delle imposte, ma la tassazione del premio aziendale varia a seconda dell’importo complessivo e della tipologia di bonus che si percepisce. Quando il premio di produzione è regolato dal contratto nazionale di riferimento o è considerato una prassi consolidata all’interno dell’azienda, da un punto di vista giuridico questo premio ha una natura retributiva: ciò significa che concorre alla definizione della retribuzione totale del dipendente, incide anche sulla tredicesima o il TFR ed è sottoposto ad una tassazione specifica. Fino alla fine del 2022 i premi di produzione fino ad un massimo di 3.000 euro venivano tassati con un’aliquota agevolata del 10%, a patto di aver percepito un reddito non superiore ad 80.000 euro. Come abbiamo accennato in apertura del nostro approfondimento, la legge di Bilancio 2023 ha ulteriormente ridotto l’aliquota dell’imposta sostitutiva al 5% con l’obiettivo di ridurre il carico fiscale e incentivare le aziende a riconoscere questa tipologia di compensazione. Inoltre, il premio di produzione gode dell’aliquota ridotta anche se viene versato nel fondo pensione (una scelta molto saggia della quale parleremo nel dettaglio nel prossimo paragrafo), e non concorre a formare il reddito del lavoratore ai fini fiscali. Tuttavia, molti datori di lavoro e dipendenti non sanno che la tassazione dei premi di produzione si può addirittura azzerare: è il caso dei benefit che non hanno natura retributiva, vale a dire che non si traducono in un premio in denaro e vengono quindi erogati attraverso i servizi di welfare.
Calcolo del premio di produzione netto
Va da sé che l’ammontare del premio di produzione riportato nel contratto collettivo di riferimento o nell’accordo che il dipendente stipula direttamente con la propria azienda è da intendersi come importo lordo, al quale andranno quindi sottratte le imposte dovute e i contributi previdenziali. Per chiarire meglio come funziona, ecco un esempio di calcolo del premio di produzione: se la nostra azienda volesse corrisponderci un premio di produzione di 1000 euro lordi, per capire a quanto ammonta il netto dovremo prima sottrarre i contributi previdenziali a nostro carico (aliquota del 9,19%, per un totale di 91,90 euro) e poi sottrarre l’imposta sostitutiva (aliquota del 5% per un totale di 45,51 euro), ottenendo così un premio di produzione netto di 862,69 euro.
Versare il premio di produzione nel fondo pensione
Cosa fare con i soldi del premio di produzione? Molto spesso non si tratta di cifre astronomiche, e la tentazione può essere quella di spendere immediatamente il premio togliendosi qualche sfizio o – peggio – lasciarlo fermo sul conto corrente, ma la soluzione più conveniente da un punto di vista finanziario è destinare il bonus aziendale al piano pensione, incrementando così l’investimento destinato alla propria pensione integrativa. Ad alcuni potrà sembrare un suggerimento scontato visto che a darlo sono dei consulenti finanziari, ma utilizzare questa entrata extra per alimentare i propri investimenti approfittando anche della tassazione agevolata al 5% porta un doppio vantaggio: se da una parte è un mezzo efficace per contrastare gli effetti dell’inflazione – che, lo ripetiamo spesso su queste pagine, erode velocemente il valore dei risparmi e vanifica la nostra fatica – dall’altra è una scelta che permette di massimizzare l’interesse composto, traducendosi di fatto in rendimenti migliori. Se vuoi scoprire come investire il premio aziendale e metterlo a frutto per il futuro, affidati ai consulenti indipendenti di Moneyfarm compilando senza impegno il form online.
Domande Frequenti
Quali sono le aziende che distribuiscono il premio di produzione?
Le professioni che tradizionalmente percepiscono il premio di produzione sono quelle legate alla vendita, come ad esempio i mediatori immobiliari e chi lavora nel settore del commercio. In linea generale l’erogazione del premio di produzione è a discrezione del datore di lavoro, a meno che non venga prevista e regolata da specifici contratti nazionali di categoria.
Perché dovrei investire il premio di produzione invece di spenderlo?
Premesso che la vita non è fatta solo di lavoro e ognuno è libero di spendere i propri soldi come preferisce, il premio di produzione è di fatto un’entrata extra che, se viene investita, può generare un profitto e quindi può migliorare la nostra capacità di spesa sul lungo termine.
È più conveniente un premio di produzione in denaro o in servizi di welfare?
Dipende dalla tassazione in vigore (ad oggi è prevista un’imposta sostitutiva del 5%) e dai servizi offerti dall’azienda, che possono risultare particolarmente vantaggiosi per specifiche categorie di lavoratori.