In Europa si esige finalmente chiarezza sulle commissioni di performance

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A cura di Andrea Rocchetti, Responsabile Area Consulenza Moneyfarm.

Quando si seleziona un fondo o, in generale, si decide di investire, l’analisi dei costi dovrebbe essere uno dei fattori decisivi per orientare la scelta di un risparmiatore.

All’interno della struttura commissionale di uno strumento finanziario, le performance fees (commissioni di performance) rappresentano una voce di costo variabile e spesso eccessivamente complessa per il risparmiatore. Le commissioni di performance, inoltre, possono in alcuni casi disallineare l’interesse dell’investitore a quello del gestore, incentivando dinamiche di azzardo morale.

Partendo da questi presupposti, l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (ESMA) ha recentemente pubblicato un consultation paper proponendo delle linee guida in materia di commissioni di performance. Il documento, atteso da tempo, arriva in seguito ad una mappatura condotta recentemente dalla stessa ESMA tra le varie Autorità di vigilanza nazionali, al fine di comprendere nel dettaglio lo stato dell’arte nei vari Stati membri.

Ciò che emerge dal sondaggio è l’evidenza di una diffusa mancanza di armonizzazione tra i vari Paesi dell’Ue. A oggi, l’unico aspetto di quasi totale omogeneità, parrebbe essere la liceità delle commissioni di performance, che sono permesse dagli ordinamenti di 26 Stati membri su 28. Il consultation paper serve come lavoro preparatorio per la pubblicazione delle linee guida definitive a livello comunitario nel 2020.

La necessità di individuare delle linee guida comuni è resa più pressante dall’importanza relativa della distribuzione cross-border dei fondi UCITS. Si pensi che, solo in Italia, dei circa 1.000 miliardi di euro investiti in fondi aperti, circa 780 miliardi sono di diritto estero. Di questi, oltre 300 miliardi sono gestiti in fondi di diritto estero da società italiane. Sebbene Banca d’Italia abbia posto in essere dei limiti molto stringenti alle commissioni di performance con l’obiettivo di ridurre le applicazioni improprie, queste tutele non sono state applicate per la stragrande maggioranza dei risparmiatori italiani proprio in virtù della prevalenza di strumenti di diritto estero.

Rispetto alle imposizioni di Banca d’Italia, le differenze (e quindi le potenziali criticità) più importanti con il diritto dei paesi di domicilio dei fondi (in particolare Lussemburgo e Irlanda, i cui fondi sono fortemente commercializzati in Italia) sono relative alla frequenza minima di calcolo e cristallizzazione delle commissioni di performance e alla necessaria coerenza tra le varie tipologie di commissioni di performance e l’obiettivo d’investimento del fondo.

Avevamo avuto modo di sottolineare questa due criticità nell’Osservatorio Moneyfarm sulle commissioni di performance pubblicato nel 2018 (disponibile qui). Infatti, la pratica di caricare le commissioni su base trimestrale o mensile crea in alcuni casi il paradosso che il risparmiatore si trova a pagare commissioni di performance anche su gestioni che hanno risultati negativi se considerati periodi di valutazione più congrui per l’orizzonte dell’investitore medio (almeno un anno).

Per tutti questi motivi ESMA, basandosi anche sul documento IOSCO (l’organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari) riguardo alla good practice per le spese e commissioni degli investimenti collettivi, ha finalmente voluto impostare dei principi di convergenza riguardo questi 5 punti:

  1. i metodi di calcolo delle commissioni di performance;
  2. la coerenza tra le commissioni di performance e gli obiettivi, le strategie e la policy del fondo di investimento;
  3. la frequenza per la cristallizzazione e il pagamento delle commissioni di performance;
  4. le circostanze in cui dovrebbe essere corrisposta una commissione di performance;
  5. la pubblicazione e la comunicazione dei modelli di applicazione della commissione di performance.

Entrando più nel dettaglio (e andando in ordine), si specificano gli elementi minimi da includere. Ad esempio: un indicatore di riferimento per misurare la performance relativa del fondo e il periodo di valutazione della performance stessa. In merito alla coerenza tra commissioni di performance e obiettivi del fondo vengono suddivisi i commenti in relazione alla tipologia di fondo d’investimento: absolute returns e relative returns. Riguardo ai primi, non viene infatti suggerito di calcolare le commissioni di performance relativamente a un benchmark (cosa che invece viene fatta per i fondi relative return), bensì ad un modello di high watermark. Per entrambe le tipologie di fondi, viene comunque specificato che debba esserci coerenza (anche in termini di rischiosità) tra l’obiettivo del fondo e quella del parametro di riferimento. In ogni caso, ovviamente, viene specificato che le commissioni di performance debbano essere al netto dei costi. Si specifica che, la performance del gestore dovrebbe essere valutata e remunerata su un orizzonte temporale coerente con il periodo di detenzione dell’investitore del fondo stesso e che non dovrebbe essere minore di un anno. Inoltre, si sottolinea il fatto che le commissioni di performance debbano essere strutturate in maniera tale da assicurare che il gestore non sia incentivato ad assumere eccessivi rischi, che poi ricadrebbero sull’investitore (azzardo morale). L’ultima sezione è dedicata alla trasparenza nei confronti degli investitori, sia in fase ex-ante (ancora e soprattutto attraverso il KIID) che ex-post dell’investimento.

Insomma si tratta di linee guida doverose che vanno a tutelare l’investitore, in particolare quello retail, e mirano a ridurre il potenziale disallineamento di interessi tra risparmiatore e industria del risparmio. Unitamente al recente recepimento della normativa MiFID II, che perfeziona la gestione dei processi lungo tutta la filiera e che incrementa notevolmente la trasparenza richiesta, ci si sta muovendo nella direzione che da sempre auspichiamo: una maggiore tutela per il risparmiatore attraverso un mercato più concorrenziale e più trasparente.

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*Gli investimenti in strumenti finanziari sono soggetti alla variabilità del mercato e possono determinare la perdita, in tutto o in parte, del capitale inizialmente investito.

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