Per raggiungere in anticipo la pensione, in alcuni casi è possibile smettere di lavorare e versare i contributi volontari INPS. Questa scelta, però, è praticabile solo se si rispettano specifici requisiti e può risultare molto onerosa.
- Utile se mancano pochi mesi di contribuzione per maturare il diritto alla pensione.
- Può servire ad aumentare l’importo dell’assegno futuro, anche se spesso esistono soluzioni più flessibili e convenienti come la previdenza complementare.
- Richiede un’attenta valutazione dei costi, dei benefici fiscali e dell’impatto sull’assegno pensionistico, meglio se con l’aiuto di un consulente.
Chi può versare i contributi volontari? | Ex dipendenti, autonomi, lavoratori part-time o stagionali e persone senza lavoro, purché non titolari di pensione e con autorizzazione INPS |
Qual è la procedura per versare i contributi volontari? | Domanda telematica sul portale INPS tramite SPID, CIE o CNS → rilascio autorizzazione se rispettati i requisiti. |
I contributi volontari si possono dedurre? | Sì, sono interamente deducibili dal reddito e anche per i contributi versati a favore di un familiare fiscalmente a carico. |
Convengono sempre? | No: sono utili se mancano pochi mesi/anni alla pensione. In altri casi può risultare più conveniente la previdenza complementare. |
Contributi volontari INPS: cosa sono e come funzionano?
I contributi volontari INPS sono versamenti a carico del lavoratore, autorizzati dall’ente previdenziale, che sostituiscono quelli versati dal datore di lavoro. Rappresentano uno strumento utile per chi:
- Vuole colmare “buchi” contributivi e raggiungere i requisiti minimi per la pensione.
- Intende incrementare l’importo della pensione futura.
- Non lavora ma vuole comunque maturare una pensione.
Per l’INPS non fa differenza se i contributi sono versati dal datore di lavoro o dal lavoratore, l’importante è che venga rispettata la continuità contributiva necessaria ai fini pensionistici.
Proprio perché può risultare una scelta onerosa, è sempre consigliabile valutare con attenzione la convenienza, anche con l’aiuto di un consulente, e confrontare questa opzione con alternative come la previdenza complementare.
Chi può presentare domanda di contributi volontari?
Possono richiederne l’autorizzazione all’INPS:
Categoria |
Condizione |
Requisiti principali |
Ex dipendenti |
Hanno cessato il rapporto di lavoro |
Non titolari di pensione, autorizzazione INPS |
Autonomi |
Cessata attività |
Non titolari di pensione, autorizzazione INPS |
Part-time/stagionali |
Attività ridotta o discontinua |
Possono integrare i contributi già versati |
Persone senza lavoro |
Non occupati |
Possibilità di versare per maturare requisiti |
Quali sono i costi e come si calcolano?
L’importo da versare si calcola sulla base della retribuzione media delle ultime 52 settimane di lavoro e si applica l’aliquota prevista per la categoria di appartenenza.
- Dipendenti: aliquota pari al 33%.
- Oltre la soglia di 52.190 € annui (2025) si applica un’addizionale dell’1%, portando l’aliquota al 34%.
- Autonomi: aliquote diverse a seconda della gestione di appartenenza (artigiani, commercianti, Gestione separata).
Esempio pratico:
- Reddito annuo: 30.000 €
- Reddito mensile medio: 2.500 €
- Contributo mensile: 33% di 2.500 € = 825 €
Per 6 mesi: 4.950 € da versare all’INPS
Come fare richiesta all’INPS per pagare contributi volontari?
Dopo aver effettuato un calcolo affidabile della pensione, servendosi dell’apposito calcolatore messo a disposizione proprio dall’INPS, ed aver ottenuto una stima della pensione, si può richiedere l’autorizzazione dell’INPS ai contributi volontari, che viene rilasciata solo se il richiedente rispetta tutti i requisiti necessari.
- Domanda telematica sul portale INPS tramite SPID, CIE o CNS.
- Requisiti: rapporto di lavoro cessato, non titolari di pensione (con regole specifiche per chi è iscritto alla Gestione Separata INPS).
- Nessuna retroattività: i contributi volontari possono coprire solo i periodi futuri e non gli anni scoperti in passato.
Come versare i contributi volontari?
Dopo l’autorizzazione, l’INPS invia i bollettini di pagamento con le scadenze trimestrali.
I contributi non possono essere versati in un’unica soluzione, ma solo secondo rate trimestrali:
- 30 giugno → I trimestre
- 30 settembre → II trimestre
- 31 dicembre → III trimestre
- 31 marzo (anno successivo) → IV trimestre
Il mancato rispetto delle scadenze può comportare la decadenza dell’autorizzazione e la non validità dei contributi ai fini pensionistici.
Deducibilità e impatto sulla fiscalità
L’argomento dell’impatto dei contributi volontari sulla fiscalità è di particolare rilevanza in un contesto economico-finanziario come quello italiano, dove la pianificazione pensionistica assume un ruolo centrale nella gestione delle risorse individuali a lungo termine. La decisione di versare contributi volontari all’INPS non è soltanto una scelta previdenziale, ma comporta anche delle specifiche conseguenze sul piano fiscale che meritano di essere esaminate con attenzione.
In primis, è fondamentale comprendere che i contributi volontari versati all’INPS sono deducibili dal reddito complessivo fino a un certo limite stabilito dalla legge vigente, tramite modello 730 o unico. Questo significa che l’imponibile IRPEF, ovvero la base su cui calcolare l’imposta sul reddito delle persone fisiche, viene ridotto di un importo equivalente ai contributi versati, entro il limite massimo consentito. Tale deducibilità rappresenta un incentivo fiscale non trascurabile, in quanto permette al contribuente di alleggerire il proprio carico fiscale annuo, ottenendo di fatto un risparmio d’imposta.
Si deve altresì considerare che i contributi volontari influenzano l’imposizione fiscale non solo nell’anno di versamento, ma anche nel lungo periodo. I contributi versati si traducono in una maggiore accumulazione di diritti pensionistici e, di conseguenza, in una pensione più elevata. È opportuno sottolineare che le prestazioni pensionistiche sono soggette a tassazione come reddito da lavoro dipendente e quindi, al momento del godimento della pensione, l’importo dei contributi versati ritorna in parte al sistema fiscale sotto forma di IRPEF.
Un altro aspetto da considerare è il timing del versamento dei contributi: la scelta di versare contributi volontari in anni di particolare prosperità economica potrebbe essere strategica per ottimizzare il carico fiscale, sfruttando la progressività delle aliquote IRPEF. In anni di reddito più elevato, infatti, il risparmio d’imposta risultante dalla deduzione dei contributi potrebbe essere maggiore.
Vantaggio |
Spiegazione |
Esempio pratico |
Deduzione integrale dal reddito |
I contributi riducono la base imponibile IRPEF, abbassando le tasse da pagare. |
Reddito 30.000 € → versati 5.000 € di contributi → imponibile scende a 25.000 €. |
Estensione ai familiari a carico |
È possibile dedurre anche i contributi versati per coniuge o figli fiscalmente a carico. |
Contributi volontari versati per il figlio studente → deduzione valida in dichiarazione del genitore. |
Risparmio IRPEF proporzionale all’aliquota marginale |
Più alta è l’aliquota IRPEF del contribuente, maggiore è il risparmio fiscale. |
Aliquota 35% → contributi 5.000 € → risparmio d’imposta ~1.750 €. |
Effetto di lungo periodo |
I contributi aumentano i diritti pensionistici e quindi l’importo dell’assegno futuro. |
Contributi aggiuntivi di 5.000 € possono incrementare la pensione annua di alcune centinaia di euro, in base al sistema di calcolo. |
Timing strategico |
Versare in anni di reddito elevato massimizza il beneficio, grazie alla progressività IRPEF. |
Reddito 40.000 € (aliquota 35%) → contributi 5.000 € → risparmio 1.750 €; se reddito 20.000 € (aliquota 25%) → risparmio solo 1.250 €. |
Il valore ai fini pensionistici
Chi sceglie di smettere di lavorare e pagare i contributi volontari, può contare sulla totale parificazione di questi contributi a quelli obbligatori ai fini pensionistici.
- I contributi volontari hanno lo stesso peso dei contributi obbligatori: vengono conteggiati integralmente dall’INPS per maturare il diritto alla pensione e per determinare l’importo dell’assegno.
- Vanno versati puntualmente entro le scadenze trimestrali: in caso di ritardo il periodo resta scoperto e non viene riconosciuto ai fini pensionistici.
- Non possono essere utilizzati per maturare le deroghe dei requisiti previsti prima del 1995 (vecchi sistemi di calcolo retributivo).
Con quanti anni di contributi si può smettere di lavorare?
Nel 2025 i requisiti restano invariati:
- 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
- 41 anni e 10 mesi per le donne.
Questi requisiti valgono per la pensione anticipata ordinaria, senza necessità di raggiungere una specifica età anagrafica.
Alternative di pensione anticipata
- Quota 103: 62 anni di età + 41 anni di contributi. L’assegno è calcolato interamente con il sistema contributivo ed è soggetto a un tetto massimo di circa 2.450 € lordi al mese (4 volte il trattamento minimo INPS).
- APE Sociale: uscita possibile dai 63 anni e 5 mesi, dedicata a categorie specifiche (disoccupati, caregiver, invalidi civili almeno al 74%, addetti a lavori gravosi), con 30–36 anni di contributi.
- Opzione Donna: confermata con requisiti più stringenti, accessibile alle lavoratrici con 35 anni di contributi e 59 anni di età entro il 31/12/2024, a condizione di rientrare in specifici profili familiari o lavorativi.
Conviene smettere di lavorare e versare contributi volontari nel 2025?
I contributi volontari non sempre sono la scelta più conveniente:
- Hanno costi elevati e nessun rendimento, essendo semplicemente un “recupero” contributivo.
- Possono servire se mancano pochi mesi o anni alla pensione.
- In tutti gli altri casi, strumenti come la previdenza complementare risultano più flessibili ed efficienti.
Contributi volontari INPS |
Previdenza complementare |
|
Finalità |
Colmare anni mancanti o aumentare l’importo della pensione INPS |
Integrare la pensione pubblica e anticipare l’uscita |
Deduzione fiscale |
100% dal reddito imponibile |
Fino a 5.164,57 € annui |
Rendimento |
Nessuno (solo rivalutazione minima INPS) |
Crescita potenziale legata ai mercati finanziari |
Flessibilità |
Bassa (scadenze fisse, nessun riscatto) |
Alta (scelta di investimento, riscatti parziali, possibilità di RITA) |
Andare in pensione in anticipo è il sogno di molti lavoratori, ma si deve valutare bene la convenienza di versare i contributi volontari. È una scelta che non conviene a tutti i lavoratori, ma bisogna valutare caso per caso.
La previdenza complementare potrebbe risultare più conveniente, se l’obiettivo del lavoratore è quello di garantirsi una vecchiaia più serena con un assegno pensionistico più corposo. La pensione integrativa gode di un regime fiscale agevolato e offre al lavoratore la massima flessibilità ed efficienza.
Domande frequenti
Possono farlo ex dipendenti, autonomi, lavoratori part-time o stagionali e persone senza lavoro, purché non siano già titolari di pensione e abbiano l’autorizzazione INPS.
Il calcolo si basa sulla retribuzione media degli ultimi 12 mesi. Per i dipendenti l’aliquota è 33%, che sale al 34% oltre i 52.190 € annui.
La domanda va presentata online tramite SPID, CIE o CNS. L’autorizzazione è concessa solo se cessato il rapporto di lavoro e se non si è già pensionati.
No. I contributi volontari coprono solo i periodi futuri e non hanno retroattività.
Sì, sono integralmente deducibili dal reddito complessivo, anche se versati per un familiare fiscalmente a carico.
No. Sono utili se mancano pochi mesi o anni ai requisiti pensionistici. In alternativa, può essere più vantaggiosa la previdenza complementare (fondo pensione, PAC, RITA), che offre benefici fiscali e potenziale crescita del capitale.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.