Smettere di lavorare e pagare contributi volontari: la guida per il 2024

Per raggiungere in anticipo il traguardo della pensione dopo anni di lavoro, in alcuni casi è possibile smettere di lavorare e pagare i contributi volontari. Si tratta di una scelta praticabile solo se l’aspirante pensionato è in possesso di determinati requisiti.

Oltre alla possibilità di pagare contributi volontari INPS, si deve valutare anche la convenienza economica di questa scelta, che può essere anche molto onerosa. In genere i contributi volontari vengono presi in considerazione quando una persona perde il lavoro a pochi mesi dalla pensione oppure quando si vuole incrementare l’importo della futura pensione INPS (anche se in quest’ultima ipotesi non mancano delle soluzioni più convenienti).

Fare una corretta valutazione non è sempre così semplice, infatti è bene avere le idee chiare sul funzionamento di questi contributi, come richiederli, quali sono i vantaggi fiscali e quando sono convenienti.

Chi può versare i contributi volontari? Solo i lavoratori in possesso di alcuni requisiti o chi non lavora e vuole garantirsi una pensione
Qual è la procedura per versare i contributi volontari? Si invia la domanda all’INPS e si attende l’autorizzazione
I contributi volontari si possono dedurre? Sì, anche se si tratta dei contributi di un familiare a carico
Convengono sempre? In alcuni casi è più conveniente scegliere la previdenza complementare

Contributi volontari INPS: cosa sono e come funzionano?

Per anticipare la pensione e smettere di lavorare, si possono pagare i contributi volontari INPS se il lavoratore non ha ancora raggiunto i requisiti contributivi previsti dalla legge. Se ad esempio mancano ancora 6 mesi per il pensionamento, ma si perde il lavoro, il lavoratore può pagare di tasca propria i contributi corrispondenti a 6 mesi di lavoro, così da raggiungere i requisiti contributivi.

I contributi volontari INPS sono quindi dei contributi pensionistici che vengono pagati all’ente dal lavoratore anziché dal datore di lavoro. Per l’INPS non fa differenza se questi contributi vengano pagati dal datore di lavoro o dal lavoratore, ma solo che si raggiungano i requisiti contributivi previsti per i pensionamento.

Un’altra ipotesi in cui può essere utile pagare i contributi volontari è quella del lavoratore part-time o del lavoratore stagionale che vuole ottenere una pensione più alta. Infatti, versando più contributi oltre a quelli pagati dal datore di lavoro, si può conseguire un assegno pensionistico più alto.

Anche chi si vuole garantire una pensione, ma non lavora, può scegliere di pagare i contributi volontari INPS. Si tratta però di un impegno che può essere molto oneroso, quindi si deve valutare bene il da farsi, magari con l’aiuto di un consulente, che potrebbe consigliare altre soluzioni alternative.

Quali sono i costi e come si calcolano?

Per calcolare quanto versare a titolo di contributi volontari, si deve prendere in considerazione le ultime 52 settimane di retribuzione e moltiplicare il reddito per l’aliquota vigente. Questa aliquota cambia a seconda della categoria di cui fa parte il lavoratore e ad esempio per i dipendenti è pari al 33%.

Se il reddito delle ultime 52 settimane di lavoro supera i 47.143 euro, bisognerà aggiungere un’ulteriore 1% all’aliquota prevista. Nel caso dei lavoratori dipendenti, l’aliquota diventa quindi del 34%. Una volta in possesso di questi dati, è possibile procedere ad una simulazione.

Ipotizziamo che il reddito delle ultime 52 settimane di lavoro sia di 30.000 euro e che il lavoratore perda il lavoro a soli 6 mesi dal pensionamento. Il calcolo da fare per ottenere i contributi volontari da versare è il seguente:

30.000/12 = 2.500 euro (imponibile INPS su base mensile)

33% di 2.500 euro = 825 euro x 6 mesi = 4.950 euro

Nell’esempio che abbiamo preso in considerazione, il lavoratore per smettere di lavorare e pagare i contributi volontari, dovrà versare all’INPS 4.950 euro.

Come fare richiesta per pagare contributi volontari?

Se dalla simulazione il lavoratore capisce che gli conviene versare i contributi volontari, deve presentare un’apposita domanda all’INPS. Infatti, l’ente previdenziale deve autorizzare il versamento dei contributi, quindi dopo aver inviato la domanda, bisogna attendere l’autorizzazione dell’INPS.

L’INPS rilascia l’autorizzazione solo se tutti i requisiti sono stati rispettati. Ad esempio è importante che il rapporto di lavoro si sia interrotto (tranne che si tratti di lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS, per i quali si applicano delle regole diverse). Inoltre il richiedente non dev’essere già titolare di una pensione.

I contributi volontari si possono pagare solo in riferimento al periodo in corso e non si possono versare per coprire gli anni precedenti duranti i quali non sono stati versati contributi. Non è prevista quindi alcuna retroattività.

Come versare i contributi volontari?

Una volta che l’INPS ha autorizzato il versamento dei contributi volontari, si può procedere al pagamento secondo le tempistiche indicate dall’ente previdenziale. L’INPS provvede a inviare al richiedente i bollettini di pagamento, così da facilitare l’operazione.

Non è possibile versare i contributi in unica soluzione, ma secondo degli scaglioni trimestrali che hanno delle precise scadenze:

  • Il primo trimestre si paga entro il 30 giugno;
  • Il secondo trimestre si paga entro 30 settembre;
  • Il terzo trimestre si paga entro il 31 dicembre;
  • Il quarto e ultimo trimestre si paga entro 31 marzo dell’anno successivo.

Deducibilità e impatto sulla fiscalità

L’argomento dell’impatto dei contributi volontari sulla fiscalità è di particolare rilevanza in un contesto economico-finanziario come quello italiano, dove la pianificazione pensionistica assume un ruolo centrale nella gestione delle risorse individuali a lungo termine. La decisione di versare contributi volontari all’INPS non è soltanto una scelta previdenziale, ma comporta anche delle specifiche conseguenze sul piano fiscale che meritano di essere esaminate con attenzione.

In primis, è fondamentale comprendere che i contributi volontari versati all’INPS sono deducibili dal reddito complessivo fino a un certo limite stabilito dalla legge vigente, tramite modello 730 o unico. Questo significa che l’imponibile IRPEF, ovvero la base su cui calcolare l’imposta sul reddito delle persone fisiche, viene ridotto di un importo equivalente ai contributi versati, entro il limite massimo consentito. Tale deducibilità rappresenta un incentivo fiscale non trascurabile, in quanto permette al contribuente di alleggerire il proprio carico fiscale annuo, ottenendo di fatto un risparmio d’imposta.

Si deve altresì considerare che i contributi volontari influenzano l’imposizione fiscale non solo nell’anno di versamento, ma anche nel lungo periodo. I contributi versati si traducono in una maggiore accumulazione di diritti pensionistici e, di conseguenza, in una pensione più elevata. È opportuno sottolineare che le prestazioni pensionistiche sono soggette a tassazione come reddito da lavoro dipendente e quindi, al momento del godimento della pensione, l’importo dei contributi versati ritorna in parte al sistema fiscale sotto forma di IRPEF.

Un altro aspetto da considerare è il timing del versamento dei contributi: la scelta di versare contributi volontari in anni di particolare prosperità economica potrebbe essere strategica per ottimizzare il carico fiscale, sfruttando la progressività delle aliquote IRPEF. In anni di reddito più elevato, infatti, il risparmio d’imposta risultante dalla deduzione dei contributi potrebbe essere maggiore.

Il valore ai fini pensionistici

Chi sceglie di smettere di lavorare e pagare i contributi volontari, può contare sulla totale parificazione di questi contributi a quelli obbligatori ai fini pensionistici. Affinché i contributi volontari siano validamente conteggiati dall’ente previdenziale, è importante pagare con puntualità e versare i contributi di ciascun trimestre entro il trimestre successivo, come indicato a proposito delle scadenze.

La contribuzione volontaria non è valida ai fini pensionistici solo nel caso in cui il lavoratore non abbia raggiunto i requisiti contributivi entro il 31 dicembre 1995.

Con quanti anni di contributi si può smettere di lavorare?

Nel 2024, i requisiti per accedere alla pensione anticipata in Italia rimangono sostanzialmente gli stessi degli anni precedenti, con alcune specifiche modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2024. Per gli uomini è richiesto un periodo di contribuzione di 42 anni e 10 mesi, mentre per le donne è di 41 anni e 10 mesi. Questi requisiti si applicano sia per la pensione di vecchiaia che per quella anticipata, senza necessità di raggiungere un’età specifica, basta soddisfare i requisiti di contribuzione.

La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto anche il sistema Quota 103, che permette la pensione anticipata con 62 anni di età e 41 anni di contributi, sebbene questa opzione comporti una penalizzazione sull’importo dell’assegno pensionistico, che sarà calcolato completamente secondo il sistema contributivo e con un tetto massimo al valore lordo mensile.

Inoltre, sono previste altre forme di pensionamento anticipato per categorie specifiche, come l’APE Sociale per lavoratori con mansioni gravose o in condizioni di svantaggio e l’Opzione Donna, che offre condizioni di uscita flessibili per le lavoratrici.

Conviene smettere di lavorare e versare contributi volontari nel 2023?

Per valutare la convenienza della contribuzione volontaria è necessario procedere innanzitutto ad una simulazione, per calcolare i contributi che si dovrebbero versare volontariamente. In base al calcolo si potrebbe scoprire che il versamento è troppo oneroso oppure che risulta conveniente per ottenere una pensione più alta.

A questo proposito può essere utile effettuare un calcolo affidabile della pensione, servendosi dell’apposito calcolatore messo a disposizione proprio dall’INPS. In questo modo si può ottenere una stima delle pensione ed effettuare così tutte le valutazioni del caso.

Se i contributi volontari possono diventare un valido strumento per chi non ha ancora raggiunto i requisiti contributivi, potrebbero invece esserci delle soluzioni più convenienti per chi vuole ottenere un assegno pensionistico più alto. Si potrebbe valutare ad esempio un piano pensione ottimizzato e scegliere la previdenza complementare. Infatti, mentre i contributi INPS vengono rivalutati in modo penalizzante, i versamenti che alimentano il piano pensione vengono investiti in modo da generare una rendita costante.

Conclusioni

Andare in pensione in anticipo è il sogno di molti lavoratori, ma si deve valutare bene la convenienza di versare i contributi volontari. È una scelta che non conviene a tutti i lavoratori, ma bisogna valutare caso per caso.

La previdenza complementare potrebbe risultare più conveniente, se l’obiettivo del lavoratore è quello di garantirsi una vecchiaia più serena con un assegno pensionistico più corposo. La pensione integrativa gode di un regime fiscale agevolato e offre al lavoratore la massima flessibilità ed efficienza.

Domande frequenti

Si può smettere di lavorare e pagare i contributi volontari?

È una possibilità che l’INPS offre solo se il lavoratore è in possesso di determinati requisiti. Si tratta di una soluzione praticabile per chi perde il lavoro e non ha ancora raggiunto i requisiti contributivi o per chi vuole ottenere una pensione più alta.

Come si calcolano i contributi volontari?

Si prendono in considerazione le retribuzioni degli ultimi 12 mesi, si dividono per 12 e poi si moltiplicano per l’aliquota prevista dalla legge, pari al 33% per i lavoratori dipendenti. L’importo ottenuto si moltiplica per i mesi che separano il lavoratore dalla pensione.

Conviene pagare i contributi volontari?

La convenienza va valutata caso per caso, perché in alcuni casi può risultare troppo onerosa. Per avere le idee più chiare si può procedere ad una semplice simulazione per capire a quanto ammontano i versamenti. Quando l’obiettivo è ottenere una pensione più alta, può risultare più conveniente un piano pensionistico ottimizzato.

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