Pensione di anzianità: cosa cambia e i requisiti per donne e uomini

La pensione di anzianità è una forma di sostentamento economico erogata ai lavoratori che hanno raggiunto una determinata età e che hanno maturato un certo numero di anni di contributi previdenziali. Negli anni la pensione di anzianità ha subito ulteriori modifiche e dal 2018 in poi ha assunto la forma quanto più simile possibile a quella attualmente in vigore.

In questo articolo vi spiegheremo quali elementi sono maggiormente cambiati nel tempo e quali requisiti sono richiesti per la pensione di anzianità dalle norme attualmente in vigore.

🔎 Cos’è la pensione di anzianità? La pensione di anzianità è un sussidio offerto ai lavoratori che soddisfano i requisiti dell’età pensionabile e anni contributivi richiesti dalla legge
💼 Come si calcola la pensione di anzianità? Per calcolare la pensione si devono considerare gli anni effettivi contributivi, il reddito medio del lavoratore e il coefficiente di trasformazione.
⏲ Qual è l’età massima pensionabile? Sia per gli uomini sia per le donne l’età massima pensionabile è stata fissata a 67 anni.
🧳 È possibile andare in pensione prima dei 67 anni? Sì. La pensione anticipata consente, a determinate condizioni, di accedere prima dei 67 anni al trattamento pensionistico

Breve storia del sistema pensionistico italiano

Per capire come funziona la pensione di anzianità in Italia bisogna prima di tutto considerare che il sistema è fondato sul criterio della ripartizione. Questo implica che le pensioni vengono pagate con i contributi versati dai lavoratori e dalle aziende, non essendo previsto un fondo di accumulo finanziario. Per mantenere efficiente il sistema pensionistico è essenziale equilibrare le entrate e le uscite e, per ottimizzare sempre di più la distribuzione delle pensioni, gli ultimi 30 anni hanno visto applicare al sistema delle pensioni di anzianità in Italia diverse modifiche. Vediamo subito quali sono state le più importanti:

Anni ’90

Dopo la crisi economica e la necessità di far riequilibrare i conti pubblici sperimentate dall’Italia tra gli anni ’70 e gli anni ’80, in fatto di pensione di anzianità vengono introdotti i requisiti minimi dell’età pensionabile e dell’anzianità contributiva.

Il computo della pensione di anzianità, inoltre, non è più stato calcolato sulle ultime retribuzioni percepite, ma su riferimento all’intera carriera lavorativa. La rivalutazione delle pensioni, infine, è stata collegata all’inflazione e si sono creati i primi fondi pensione complementari.

Su queste basi intervengono le riforme Amato (nel 1992) e Dini (1995). La prima effettua modifiche sull’ammontare della pensione di anzianità e limita la rivalutazione delle erogazioni sulla base dell’andamento economico (inflazione). Con la seconda riforma alla pensione di anzianità, l’Italia passa dal sistema retributivo (il calcolo viene effettuato sull’ultimo stipendio dei lavoratori) al sistema contributivo (gli importi erogati dipendono dall’ammontare dei contributi versati).

Anni 2000

Dagli anni 2000 in poi una serie di riforme sul sistema pensionistico hanno puntato a migliorare la situazione economica dei lavoratori che andavano in pensione, applicando vantaggi fiscali per chi aderiva ad un fondo pensione aperto o ad un PIP (Piano Individuale Pensionistico). Sono stati creati “super bonus” e viene data la possibilità di accedere ad una pensione di anzianità anticipata (che tuttavia comportava importanti tagli all’assegno pensionistico).

La riforma Prodi (2007) introduce il sistema delle quote. L’accesso alla pensione di anzianità, pertanto, viene collegato alla somma dell’età anagrafica del lavoratore e degli anni in cui lo stesso ha versato contributi.

Le successive crisi economiche, che hanno poi portato alla manovra indetta dal Governo Monti e denominata “Decreto Salva Italia” hanno pesato particolarmente sul sistema pensionistico, aumentando progressivamente l’età pensionabile delle donne così come l’età pensionabile degli uomini.

Nel 2018 e nel 2019 si assiste ad un allineamento dell’età massima pensionabile per tutti i lavoratori, che viene fissata infine a 67 anni, in ragione anche di eventi quali ad esempio l’avvento della pandemia, come si evidenzia in questo articolo.

Pensione e scarsa informazione: facciamo chiarezza

La questione della pensione di anzianità in Italia richiede un’analisi attenta sia dei requisiti attuali che delle prospettive future, considerando le differenze tra uomini e donne. Dalle ricerche emerge che la consapevolezza riguardo la propria situazione pensionistica è spesso limitata, specialmente tra coloro che sono più vicini all’età pensionabile. Questa mancanza di informazione sottolinea l’importanza di una pianificazione previdenziale anticipata.

Attualmente, l’età pensionabile standard è fissata a 67 anni per la maggior parte dei lavoratori, ma è fondamentale notare che questa soglia è soggetta a variazioni automatiche in base all’aspettativa di vita. Ciò implica che, per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, è necessario versare contributi per un periodo minimo per accedere alla pensione a 67 anni. Inoltre, le tendenze attuali indicano un progressivo innalzamento dell’età pensionabile, un fenomeno che potrebbe avere ripercussioni significative sul piano finanziario individuale e sulle casse dello stato.

La pensione media attuale varia significativamente tra lavoratori dipendenti e autonomi, con assegni che ammontano rispettivamente a circa 1.100 euro lordi e 760 euro per gli autonomi. Si prospetta una riduzione delle percentuali di sostituzione del reddito al momento del pensionamento: per i dipendenti, si prevede un calo dal 70% al 60% dell’ultimo stipendio, mentre per gli autonomi la diminuzione è ancora più marcata, dal 48% al 60%. Questo implica che, senza risparmi o altri introiti, molti potrebbero dover ridurre il proprio tenore di vita in maniera significativa.

In questo scenario, la previdenza complementare assume un ruolo sempre più rilevante. In Italia, un terzo dei lavoratori ha sottoscritto un piano di previdenza complementare, sfruttando i benefici fiscali come la possibilità di dedurre fino a 5.164 euro l’anno dal proprio reddito tassabile. Questo permette un risparmio fiscale che, nel lungo periodo, può tradursi in un sostanzioso contributo alle proprie risorse pensionistiche.

La pensione in Italia oggi: requisiti di accesso per uomini e donne

Nel 2023 la pensione di anzianità per uomini e donne è il risultato delle modifiche introdotte dalla legge 197/2022. Le principali novità riguardano l’età pensionabile, gli anni di contributi necessari, la quota 100, la quota 102 e la quota 103. In particolare:

  • Per accedere alla pensione di vecchiaia bisogna raggiungere i 67 anni di età con almeno 20 anni contributivi;
  • Per accedere alla pensione anticipata sono necessari 42 anni e 10 mesi contributivi per l’uomo e 41 anni e 10 mesi contributivi per la donna;
  • Con la quota 103 si è introdotta l’opzione di 62 anni anagrafici e 41 anni contributivi e tali requisiti sono raggiunti entro il 31 dicembre dell’anno corrente (2023);
  • La pensione di anzianità a quota 100 richiede 62 anni anagrafici e 38 anni contributivi entro il 31/12/2021;
  • La pensione di anzianità a quota 102 richiede 64 anni anagrafici e 38 anni contributivi entro il 31/12/2022.

Ulteriori modifiche sono state introdotte per l’Ape Social, un regime agevolato per le categorie più deboli e per il Regime Donna. Il primo, attualmente, richiede 63 anni anagrafici e 30 anni contributivi (o 32 anni contributivi, se l’attività è considerata rischiosa). Il Regime Donna, invece, permette alle lavoratrici di accedere alla pensione a 60 anni anagrafici se si raggiungono i 35 anni contributivi entro il 31/12/2022. Ulteriori agevolazioni sono collegate al numero di figli, ai lavori notturni o mansioni usuranti. Per chi lavora in casa, inoltre, è stata recentemente attivata la pensione per casalinghe.

Quali sono le differenze tra pensione di vecchiaia, pensione di anzianità e pensione anticipata?

Come si può vedere nei precedenti paragrafi la pensione di anzianità non è l’unica forma previdenziale attiva in Italia. Le altre due principali forme pensionistiche sono infatti la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Comprendere le differenze tra i tre sistemi previdenziali è fondamentale.

Pensione di vecchiaia

La pensione di vecchiaia è una prestazione economica erogata dall’Inps a coloro che hanno raggiunto un’età specifica (attualmente 67 anni) e che hanno maturato un determinato periodo di contribuzione (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne). La pensione di vecchiaia è la forma di pensione più comune e viene erogata senza alcuna penalizzazione in caso di ritiro lavorativo dopo il raggiungimento dell’età pensionabile.

Pensione di anzianità

La pensione di anzianità è una prestazione economica erogata dall’Inps a coloro che hanno raggiunto un’età minima di 63 anni (per i dipendenti pubblici) o 64 anni (per i dipendenti privati) e che hanno maturato un determinato periodo di contribuzione (da 36 a 42 anni, a seconda del regime previdenziale). In questo caso, la pensione viene erogata con un’anticipazione rispetto all’età pensionabile e viene quindi applicata una penalizzazione sul valore della pensione stessa.

Pensione anticipata

La pensione anticipata è una prestazione economica erogata dall’Inps a coloro che hanno raggiunto un’età minima di 41 anni e 10 mesi (per gli uomini) o 41 anni e 1 mese (per le donne) e che hanno maturato un determinato periodo di contribuzione (da 35 a 41 anni, a seconda del regime previdenziale). In questo caso, la pensione viene erogata con un’anticipazione ancora maggiore rispetto all’età pensionabile e viene quindi applicata una penalizzazione ulteriore sul valore della pensione stessa. La pensione anticipata può essere richiesta solo in determinate condizioni, come ad esempio la disoccupazione involontaria, l’inabilità al lavoro o lo svolgimento di lavori usuranti.

È possibile che i lavoratori si trovino nella condizione di poter scegliere tra più sistemi pensionistici, ma prendere questo tipo di decisione non è semplice data la complessità dei calcoli da effettuare per capire a quanto ammonta la pensione di anzianità o la pensione anticipata. Rivolgersi ad un esperto consulente, dunque, in questi casi, può essere la scelta da preferire.

Si può andare in pensione senza aver versato i contributi?

Essendo prevista in Italia la pensione di anzianità contributiva, non è possibile andare in pensione senza aver versato i contributi minimi richiesti dalla normativa vigente. In realtà, anche qualora si siano versati meno di 20 anni di contributi è possibile accedere alla pensione a patto di rientrare in determinati requisiti. Tra questi ci sono:

  • Raggiungimento dei 71 anni di età;
  • Possedere un reddito inferiore a 5.000€ annui se il richiedente non è sposato e meno di 11.000€ se si è coniugati.

Più che di trattamento previdenziale in questi casi si parla di trattamento di sostegno o assistenziale, che può dunque essere definito pensione sociale.

A quanto ammonta la pensione di anzianità? Calcolo dell’assegno

Il calcolo dell’assegno della pensione di anzianità avviene sulla base di diversi fattori, tra cui l’età del lavoratore, l’anzianità contributiva maturata e il reddito medio percepito durante la carriera lavorativa.

In genere, il calcolo dell’assegno della pensione di anzianità viene effettuato dall’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) sulla base dei contributi versati dal lavoratore nel corso della sua carriera lavorativa. Il computo della pensione di anzianità si basa su una formula che prende in considerazione i seguenti elementi:

  • L’anzianità contributiva, ossia il numero di anni di lavoro effettivo con contributi versati. Più l’anzianità contributiva è elevata, maggiore sarà l’importo dell’assegno della pensione di anzianità;
  • La retribuzione media percepita, ossia la media dei redditi ricevuti dal lavoratore durante la sua carriera lavorativa. Più elevata è la retribuzione media, maggiore sarà l’importo dell’assegno della pensione di anzianità;
  • Il coefficiente di trasformazione, che varia a seconda dell’età del lavoratore al momento della pensione.

Il calcolo dell’assegno della pensione di anzianità può essere effettuato in modo approssimativo attraverso simulazioni online messe a disposizione dall’INPS sul proprio sito web. Tuttavia, per ottenere un calcolo preciso e dettagliato dell’assegno della pensione di anzianità, è consigliabile rivolgersi a un patronato o a un professionista esperto del settore previdenziale. Moltissimi italiani, inoltre, scelgono di creare una pensione integrativa (qui spiegato che cos’è) per ottimizzare le somme che riceveranno tramite l’assegno standard contributivo.

FAQ

A quanti anni si va in pensione in Italia?

L’età standard per andare in pensione in Italia è fissata, sia per gli uomini sia per le donne, a 67 anni.

Quali differenze ci sono tra pensione di anzianità, vecchiaia e anticipata?

La pensione di anzianità può essere calcolata su diversi parametri, come la quota 100, la quota 102 e la quota 103 recentemente introdotta che propongono un calcolo tra gli anni anagrafici e gli anni contributivi del lavoratore. La pensione di anzianità è incentrata sull’età massima pensionabile, fissata a 67 anni. La pensione anticipata, invece, permette di andare in pensione prima dell’età anagrafica richiesta dalla legge, a patto che si soddisfino alcuni requisiti.

Come si calcola l’assegno della pensione di anzianità?

L’ammontare dell’assegno della pensione di anzianità oggi è il risultato di un calcolo che prende in considerazione l’anzianità contributiva, la retribuzione media percepita e un valore definito coefficiente di trasformazione.

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