Contributi INPS: come si calcolano?

Quando e con quanto potrò andare in pensione? È una domanda che i professionisti di qualsiasi età e livello si pongono spesso, complice la complessità del sistema previdenziale italiano. Rispondere non è impresa facile, ma comprendere come funzionano i contributi INPS e come si calcolano è un ottimo punto di partenza per trovare soluzioni e strategie per il nostro futuro.

Contributi INPS: la differenza a seconda delle tipologie di lavoratori

Quando si parla di posizione contributiva di un lavoratore ci si riferisce alle somme (i contributi, appunto) versate da parte del datore di lavoro, che servono ad ottenere la pensione una volta conclusa la propria attività professionale. L’importo e le modalità di versamento di questi contributi variano a seconda della tipologia di lavoro che si svolge:

  • Lavoratori dipendenti: l’aliquota contributiva corrisponde al 33% del reddito lordo percepito. Una parte di questo importo è a carico del lavoratore, l’altra a carico del datore (le percentuali però variano a seconda del contratto di riferimento)
  • Titolari di partita IVA: in questo caso l’aliquota contributiva varia a seconda dell’attività che si svolge e alla cassa previdenziale di riferimento. Possiamo però riassumere così le varie casistiche:
    • Iscritti alla gestione separata INPS: 26,7% dell’imponibile
    • Artigiani e commercianti: i contributi si compongono di un importo fisso (4.415,43 euro per gli artigiani e 4.427,04 euro per i commercianti) e di un importo variabile da calcolare sull’eccedenza del reddito imponibile (24% per gli artigiani e 24,48% per i commercianti)
    • Iscritti ad una cassa professionale: psicologi, avvocati e tutti quei professionisti che sono iscritti ad una cassa specifica verseranno direttamente lì i propri contributi, nelle percentuali previste dalla categoria.

Quanto contano i contributi INPS ai fini pensionistici?

Per capire quanto contano i contributi INPS ai fini pensionistici è fondamentale fare una (brevissima) panoramica di come sono cambiati i criteri di calcolo della pensione negli ultimi decenni.  Chi ha superato gli “anta” probabilmente ricorderà che, in passato, il calcolo della pensione veniva effettuato con due sistemi di calcolo: quello retributivo e quello misto. Il sistema retributivo prevedeva che l’importo dell’assegno pensionistico fosse determinato a partire dalla media delle retribuzioni (o dei redditi, in caso di lavoratori autonomi) percepite negli ultimi anni di lavoro; il sistema misto, invece, come spiega la parola stessa, prendeva in considerazione sia l’anzianità contributiva (vale a dire i contributi versati) sia le ultime retribuzioni percepite. Dal 1 Gennaio 2012, però, è rimasto in vigore esclusivamente il sistema di calcolo contributivo, e ciò significa che l’ammontare dell’assegno pensionistico sarà definito sulla base di tre fattori:

  • I contributi versati nel corso della propria vita lavorativa
  • La rivalutazione, che avviene sulla base del tasso annuo di capitalizzazione (determinato dall’ISTAT) derivante dalla variazione media quinquennale del PIL. Per il 2024 la rivalutazione ammonta al 5,4%,
  • Il coefficiente di trasformazione, che varia a seconda dell’età del lavoratore al momento della pensione.

Si tratta senza dubbio di sistemi complessi, ma è sufficiente consultare il proprio estratto conto contributivo sul portale INPS e fare qualche calcolo spannometrico per rendersi conto che il gap pensionistico sarà notevole: secondo le ultime stime, infatti, il tasso di sostituzione – vale a dire la percentuale che esprime la copertura pensionistica in rapporto allo stipendio – medio sarà inferiore al 70%, e negli scenari più negativi anche al di sotto del 45%.

Quando la pensione non basta: i piani individuali pensionistici

In questo scenario, va da sé che sempre più lavoratori sentono la necessità di tutelare il proprio benessere futuro, scegliendo di aderire a forme di previdenza integrativa come il PIP Moneyfarm. Si tratta di uno strumento di accumulo del capitale aperto a tutti (lavoratori, inoccupati e pensionati) e che consente di ottenere, una volta raggiunti i requisiti per la pensione, una rendita vitalizia che andrà ad aggiungersi all’assegno pensionistico pubblico. Uno degli aspetti più interessanti del PIP Moneyfarm riguarda la sua flessibilità: non sono richiesti né un versamento minimo iniziale né un contributo fisso mensile, ma ogni aderente è libero di scegliere quando e quanto versare nel fondo e di destinarvi anche il proprio TFR. Inoltre, i contributi versati nei fondi pensione sono deducibili dall’imponibile IRPEF fino ad un massimo di 5.164,57 euro all’anno. Al momento dell’adesione è possibile scegliere la linea di investimento più adatta alle proprie esigenze tra 6 comparti che si differenziano per il profilo di rischio\rendimento, ma che sono accomunati dal rispetto degli stringenti criteri ESG.

Come Moneyfarm può aiutarti nella gestione dei tuoi risparmi?

Se, come abbiamo visto, l’adesione ad una pensione integrativa può aiutare a mantenere lo stesso tenore di vita anche alla fine della propria carriera lavorativa, sono molte le soluzioni Moneyfarm dedicate a chi desidera costruire il proprio capitale nel tempo. Il PAC Moneyfarm, ad esempio, è lo strumento ideale per chi vuole entrare sui mercati a piccoli passi mitigando le oscillazioni, mentre chi ha un orizzonte temporale inferiore ai 2 anni e una scarsa propensione al rischio può puntare su Liquidità+ Moneyfarm, la soluzione composta da fondi monetari che investono su asset a basso rischio e a breve scadenza come obbligazioni, certificati di deposito e titoli di Stato.
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Domande Frequenti

È obbligatorio versare i contributi?

Certo: per i lavoratori dipendenti il versamento è a carico dei datori di lavoro, mentre i titolari di partita iva e i liberi professionisti dovranno occuparsene direttamente, versando l’importo alla gestione separata INPS o alla propria cassa di appartenenza.

È meglio il calcolo retributivo o contributivo?

Il problema in realtà non si pone, perché dal 2012 il sistema contributivo è l’unico previsto.

Quanto contano i contributi ai fini della pensione?

I contributi sono l’elemento principale sul quale viene calcolato l’importo dell’assegno pensionistico, ma non sono l’unico: oltre ai versamenti effettuati durante la propria vita lavorativa, infatti, è necessario tenere conto anche di altri fattori come la percentuale di rivalutazione (determinata dall’ISTAT) e il coefficiente di trasformazione.

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