A quanti anni si va in pensione di vecchiaia? Tutto quello che c’è da sapere


Dai professionisti navigati ai neolaureati alla prima occupazione, non c’è persona in Italia che non si sia posta almeno una volta la domanda: a quanti anni si va in pensione di vecchiaia? È un dubbio più che lecito ma la risposta non è affatto ovvia, complice la complessa organizzazione del sistema pensionistico italiano e la frequenza con la quale i governi che si sono succeduti negli ultimi anni sono intervenuti per modificarlo. Lasciando da parte ogni valutazione sull’operato dei singoli schieramenti politici sul tema, in questo approfondimento cerchiamo di fare chiarezza sui requisiti di età per ottenere la pensione di vecchiaia, analizzando nel dettaglio le casistiche più comuni e provando ad immaginare quali saranno le modifiche previste nella prossima riforma delle pensioni, già allo studio del nuovo governo.

💰A che età si può richiedere la pensione di vecchiaia?  Dipende dai casi, ma in genere non prima dei 67 anni.
👵🏻A che età possono andare in pensione le donne? Con Quota Donna anche a 58 o 59 anni.
🎂A quanti anni si andrà in pensione dopo la riforma? Dipende da come cambieranno le norme.

Età della pensione di vecchiaia: come cambia e perché

Quello dell’età pensionabile è un tema che non si può relegare ad una mera operazione algebrica, ma è condizionato da una serie di valutazioni di più ampio respiro. In un’interessante relazione sull’evoluzione della previdenza in Italia la COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) ha evidenziato come negli ultimi trent’anni le riforme strutturali del sistema pensionistico siano state guidate dalla necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici, messi in difficoltà da una parte dal progressivo aumento della vita media della popolazione che quindi percepisce la pensione per un numero di anni superiore a prima, dall’altra dal rallentamento della crescita economica che ha frenato le entrate contributive. Questo ha fatto sì che, nel corso degli ultimi decenni, il legislatore abbia ripetutamente deciso di intervenire su due punti cardine: l’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita, innalzando quindi i requisiti minimi di età per andare in pensione, e la modifica dell’importo stesso della pensione, non più legato alle ultime retribuzioni percepite ma all’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa con un adeguamento proporzionato all’inflazione.

Al di là delle specificità delle singole normative si tratta di un cambiamento radicale nell’approccio, che ha gettato le basi per l’istituzione di un sistema di previdenza complementare capace di affiancarsi a quello pubblico. Sempre più lavoratori oggi scelgono di sottoscrivere una pensione integrativa per garantirsi una vecchiaia serena e un tenore di vita adeguato: se vuoi scoprire i dettagli del Piano Individuale Pensionistico (PIP) di Moneyfarm compila senza impegno il form online.

Dettagli su specifiche categorie professionali

Per quanto riguarda i regimi pensionistici di specifiche categorie professionali in Italia, i lavoratori agricoli, i liberi professionisti e i lavoratori del settore pubblico presentano regolamentazioni diverse:

  • Lavoratori agricoli: i lavoratori agricoli godono di alcuni benefici specifici, come aliquote contributive diverse a seconda del salario. L’età per la pensione di vecchiaia è di 67 anni con almeno 20 anni di contribuzione, ma esistono possibilità di pensione anticipata con requisiti ridotti. Inoltre, per le donne è disponibile l’Opzione Donna, che permette una pensione anticipata a 58 anni con 35 anni di contribuzione;
  • Liberi professionisti: questa categoria spesso segue un regime contributivo autonomo, dove gli importi pensionistici dipendono strettamente dai contributi versati individualmente nel corso della carriera. Sono previsti requisiti di età e contribuzione simili ai lavoratori dipendenti per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

I requisiti per la pensione di vecchiaia contributiva

La cosiddetta Legge Fornero del 2011, eliminando del tutto la cosiddetta “pensione di anzianità” che permetteva a chiunque di andare in pensione a patto che avesse versato 40 anni di contributi, ha sancito in maniera definitiva il passaggio al nuovo sistema contributivo con un drastico intervento sulle quote, vale a dire quegli scaglioni dati dalla somma tra età anagrafica ed età contributiva. La norma generale prevede che oggi si possa richiedere la pensione di vecchiaia solo una volta raggiunti i 67 anni di età e in presenza di una contribuzione di almeno 20 anni. Una regola che vale per tutte le categorie indipendentemente dal sesso o dalla tipologia di lavoro (dipendente o autonomo). Ma è bene bene ricordare che, anche se il requisito anagrafico dei 67 anni rimarrà in vigore anche per tutto il 2023, si tratta comunque di un parametro variabile che viene rivisto ogni due anni sulla base delle rilevazioni Istat relative alla speranza di vita media. Tuttavia, non si può ignorare che esiste un’ampia tipologia di contratti – soprattutto quelli di più recente invenzione tipo le collaborazioni occasionali – per i quali il versamento dei contributi è solo parzialmente obbligatorio: questo fa sì che negli ultimi anni un discreto numero di lavoratori si sia trovato in difficoltà al momento di effettuare il conteggio contributivo. Ma allora cosa succede se non si arriva a 20 anni di contributi? A che età si può andare in pensione? In questo caso è necessario aspettare di compiere 71 anni, a patto di avere almeno 5 anni di contributi versati.

PENSIONE DI VECCHIAIA ETA’ CONTRIBUTI
ORDINARIA 67 ANNI 20 ANNI
CONTRIBUTIVA 71 ANNI 6 ANNI

I requisiti per la pensione anticipata ordinaria

La normativa vigente ha comunque previsto la possibilità di andare in pensione prima del tempo, vale a dire prima della soglia anagrafica dei 67 anni, ma a patto di aver versato un certo numero di contributi. Su questo punto la pensione anticipata ordinaria, diversamente da quella di vecchiaia, introduce una – seppur minima – differenziazione tra i sessi:

  • Uomini: almeno 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva
  • Donne: almeno 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva

Il vincolo anagrafico dunque decade, aprendo la strada anche alla possibilità – per quanto remota – di andare in pensione anche a 60 anni: immaginiamo, ad esempio, il caso di un lavoratore che abbia iniziato la propria attività a 18 anni esatti e che abbia percepito (o versato) regolarmente i contributi previdenziali per il periodo necessario. Tuttavia, è presto per cantare vittoria: anche se al momento questi requisiti contributivi sono bloccati fino al 2026, sono comunque soggetti a periodiche revisioni. Esiste poi un’altra possibilità riservata ai cosiddetti “contributivi puri”, vale a dire tutti quei lavoratori che hanno iniziato a percepire i contributi dopo il 1996, e che possono accedere alla pensione anticipata contributiva anche al compimento dei 64 anni di età, a patto di aver maturato almeno 20 anni di contributi e una pensione di importo superiore a quello previsto dall’assegno sociale.

Pensionamento anticipato: le casistiche

Se la questione è già complessa così, il ginepraio si infittisce quando entrano in gioco le eccezioni e i cosiddetti “scivoli”, strumenti pensati da una parte per tutelare specifiche categorie, e dall’altra per agevolare l’ingresso delle nuove generazioni nel mondo del lavoro. L’età per la pensione di vecchiaia si può ridurre qualora si rientri in una serie di casi particolari, come:

  • Quota 102: si tratta di una norma che potremmo definire “sperimentale”, che è stata introdotta nel 2019 e che è molto probabile che non verrà prorogata dopo la sua scadenza, fissate per il 31 dicembre 2022. Questa norma dà la possibilità ai lavoratori di andare in pensione a 64 anni e con 38 anni di contributi.
  • Opzione Donna: come si evince facilmente dal nome, Opzione Donna è una formula che permette alle donne di accedere alla pensione anticipata a 58 anni di età se lavoratrici dipendenti e a 59 anni se lavoratrici autonome, a patto di aver maturato almeno 35 anni di contribuzione, ma nel conteggio non rientrano i contributi figurativi (come, ad esempio, quelli derivanti dalle indennità di disoccupazione, maternità, congedo parentale…).
  • Ape Sociale: definita come un assegno di accompagnamento di pensione alla vecchiaia, l’ape sociale è di fatto un’indennità che viene corrisposta direttamente dall’INPS fino al conseguimento della pensione vera e propria, ed è pensata per tutti quei lavoratori in condizioni di particolare fragilità – disoccupati, caregiver, addetti a mansioni gravose… – che abbiano compiuto 63 anni e che abbiano maturato almeno 30 anni di contributi.

Vista la complessità della materia, ecco una tabella riassuntiva sul pensionamento anticipato ordinario e le situazioni particolari che permettono di accedervi:

PENSIONE ANTICIPATA ETA’ CONTRIBUTI CONDIZIONI
UOMINI NON VINCOLANTE 42 ANNI E 10 MESI
DONNE NON VINCOLANTE 41 ANNI E 10 MESI
PENSIONE ANTICIPATA CONTRIBUTIVA 64 ANNI 20 ANNI IMPORTO PENSIONE  x 2,8 ASSEGNO SOCIALE
QUOTA 102 64 ANNI 38 ANNI
OPZIONE DONNA DIPENDENTI 58 ANNI 35 ANNI
OPZIONE DONNA AUTONOMI 59 ANNI 35 ANNI
APE SOCIALE 63 ANNI 30 ANNI PARTICOLARI CONDIZIONI LAVORATIVE

Età della pensione: i possibili scenari futuri

Ora che abbiamo fatto un quadro il più esaustivo possibile della situazione attuale, non possiamo non interrogarci su ciò che succederà nei prossimi mesi. Il governo Meloni, insediatosi poche settimane fa, sta iniziando a mettere mano al dossier pensioni nel tentativo di fare ordine e trovare un punto di incontro tra le parti coinvolte, tra la necessità di alzare gli assegni minimi e quella di tutelare il già precario bilancio dello Stato. Anche se servirà un po’ di pazienza prima di arrivare ad una riforma ufficiale vera e propria, sembra che il governo stia gettando le basi per muoversi su tre fronti:

  • Quota 41, vale a dire la possibilità – da testare per un anno – per tutti i lavoratori di andare in pensione al raggiungimento del 41esimo anno di contribuzione, eliminando il vincolo anagrafico o riducendolo a 62 anni di età.
  • L’introduzione di “finestre” per l’uscita anticipata, ad esempio a 62 o 63 anni, ma con una penalità sull’importo della pensione per un certo numero di anni.
  • Incentivi per chi, pur avendo maturato i requisiti, decide di continuare a lavorare: in questo caso i contributi smetterebbero di essere versati, e una parte della somma entrerebbe direttamente in busta paga.

Pensione di vecchiaia: sarà sufficiente?

In questo approfondimento ci siamo concentrati sull’età pensionabile lasciando da parte un aspetto altrettanto importante: l’importo erogato. Tra crisi economiche di respiro globale, cambi di governo e instabilità del mondo del lavoro sapere quando e con quanto andremo in pensione sembra quasi un miraggio, ed è anche il motivo per il quale la previdenza complementare è diventata di fondamentale importanza nella vita dell’individuo. Come consulenti finanziari non possiamo fare una valutazione di merito sul quadro normativo in vigore o sulle possibili riforme, il nostro compito è quello di aiutare i risparmiatori a realizzare i propri progetti e pianificare il futuro in modo da garantirsi un tenore di vita adeguato e una vecchiaia serena. Ed è qui che gli investimenti finanziari possono fare la differenza: in Moneyfarm abbiamo creato una serie di strumenti pensati le diverse esigenze, dalla semplice tutela del capitale alla ricerca di rendimenti significativi. Oltre ai Piani Individuali Pensionistici, che sono pensati per chi cerca una pensione integrativa flessibile e fiscalmente efficiente, esistono molte altre opportunità come i Piani di Accumulo Capitale (PAC) o i tradizionali portafogli di investimento, che ora sono tutti disponibili anche in ESG. Se vuoi investire per il tuo futuro, compila senza impegno il form online e affidati a Moneyfarm, eletto per il settimo anno consecutivo Miglior Servizio di Consulenza Indipendente in Italia.

Ascoltiamo gli esperti

Guidata da Andrea Rocchetti, responsabile del team di consulenza di Monfarm, e con l’intervento dell’esperto Andrea Carbone, questa conferenza si focalizza sulla necessità di pianificazione previdenziale in un’epoca di incertezze sul futuro delle pensioni.

Si inizia subito sottolineando l’importanza dell’educazione finanziaria nel contesto italiano. Rocchetti illustra la missione di Moneyfarm come pioniere del risparmio digitale in Italia, evidenziando l’obiettivo di non limitarsi alla consulenza finanziaria ma di promuovere una reale comprensione delle tematiche previdenziali.

Attraverso un dialogo dinamico e partecipativo, i relatori affrontano temi cruciali come l’età pensionabile, i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata e l’impatto dell’aspettativa di vita sulle pensioni future. Viene inoltre introdotto il concetto di “pianificazione pensionistica personale”, invitando i partecipanti a riflettere sull’età desiderata per il pensionamento e sul tenore di vita aspirato durante gli anni della pensione.

Domande Frequenti

A che età vanno in pensione i lavoratori autonomi?

In linea generale, i lavoratori autonomi sottostanno alle medesime normative dei lavoratori dipendenti, ma qualora appartenessero a particolari casse previdenziali potrebbero avere accesso a opportunità diverse.

La pensione integrativa è obbligatoria?

No, ma è fortemente consigliata per integrare la pensione pubblica erogata dallo Stato.

A che età si può andare in pensione anticipata?

La pensione anticipata contributiva richiede almeno 64 anni di età e 20 anni di contributi versati, ma esistono altri casi nei quali l’età non è vincolante, a patto che si sia versato un certo numero di contributi.

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