Mercati, focus su trimestrali USA e sulla Cina

Un’altra settimana positiva per i mercati, con due protagonisti principali: la stagione degli utili negli Stati Uniti e la Cina.

Partiamo dalle trimestrali. Dopo gli ultimi dati sull’inflazione, che continuano a indicare una normalizzazione, l’attenzione del mercato si sta spostando sempre più sulla crescita. In particolare, per gli Stati Uniti, i mercati prevedono una crescita dell’utile per azione di circa l’11%. La stagione degli utili in corso è fondamentale per capire quanto ciò sia ragionevole e, per semplificare, se l’azionario statunitense sia troppo caro o meno. Dopo un inizio debole, questa stagione degli utili sta sostenendo l’ottimismo. Se si considerano i dati al 2 febbraio, il 46% delle società ha comunicato i propri risultati e il 72% di queste ha registrato utili superiori alle attese (inferiori alla media quinquennale del 77%) e una crescita aggregata anno su anno per il quarto trimestre 2024 dell’1,6% (migliore dell’1,5% previsto a fine dicembre). Questi numeri non sono straordinari, soprattutto se si considera che la sorpresa sugli utili aggregati è stata solo del 2,6% rispetto alla media storica quinquennale dell’8,6%, ma certamente supportano l’ottimismo dei mercati. Lo dimostrano anche la reazione dei prezzi, in linea con le medie storiche (anche se un po’ peggiore in caso di attese mancate) e l’aggiustamento delle aspettative per il primo trimestre del 2024, che sono state corrette al ribasso “solo” dell’1,4%, rispetto a una media storica a 5 anni del 2,1%. (Fonte: Factset)

Insomma, una stagione degli utili che parte con una nota positiva e dà nuova linfa al rally azionario. Come insegna il 2023, il pessimismo tende a non pagare nel medio e lungo termine e scommettere contro l’inarrestabile progresso dell’umanità rimane la peggiore delle alternative.

E ora, veniamo alla Cina. Nelle ultime due settimane il governo cinese ha annunciato due misure di sostegno fondamentali. La prima misura mira a sostenere l’economia reale e consiste in un taglio del tasso di riserva obbligatoria che le banche devono mantenere nei loro bilanci, aumentando di fatto la quantità di liquidità nel sistema. La seconda, invece, mira a sostenere i mercati finanziari e direttamente il prezzo delle azioni cinesi. Riteniamo che la prima misura non sia sufficiente a risolvere i problemi della Cina. Per quanto riguarda la seconda misura, essa consiste sia nel limitare le vendite allo scoperto sia nell’indirizzare i fondi off-shore delle società statali verso gli investimenti negli indici azionari cinesi (potenzialmente potrebbe mobilitare circa 300 miliardi di dollari). I principali indici del mercato cinese hanno reagito bene, rallentando almeno il calo dei prezzi degli ultimi 6 mesi. Nel complesso, riteniamo che queste misure di sostegno al mercato non siano sufficienti a rassicurare gli investitori stranieri e, soprattutto, non affrontino realmente i problemi fondamentali dell’economia. Anche il taglio del tasso bancario delle riserve obbligatorie, pur andando nella giusta direzione, non è sufficiente a risollevare i consumatori e a fermare l’emorragia del settore immobiliare, che a dicembre ha registrato un terribile -23% (fonte) per le vendite di nuove case su base annua.

Il governo ha ipotizzato un piano più olistico, che è quello che stiamo aspettando prima di considerare un aumento dell’esposizione al mercato azionario cinese, che al momento rimane molto limitata nei nostri portafogli.

 

 

Giorgio Broggi è entrato a far parte di Moneyfarm come analista quantitativo nel dicembre 2021 ed è membro del Comitato Investimenti. Prima di entrare a far parte della società, ha lavorato presso Barclays Wealth Management e S&P Market Intelligence, acquisendo esperienza nella ricerca di fondi e negli investimenti ESG. Prima di iniziare la sua vita professionale, ha completato con successo una doppia laurea presso Eada e EDHEC Business School, ottenendo due Master in Finanza e specializzandosi in factor investing e costruzione di portafogli. È un charterholder CFA.

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*Gli investimenti in strumenti finanziari sono soggetti alla variabilità del mercato e possono determinare la perdita, in tutto o in parte, del capitale inizialmente investito.

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