Fed e Bce: le sfide di politica monetaria delle banche centrali

Questa settimana i riflettori sono puntati su due aree familiari: la politica monetaria e la geopolitica. 

Sul fronte della politica monetaria, il Presidente della Federal Reserve (Fed), Jerome Powell, ha ridotto le aspettative di un imminente taglio dei tassi di interesse negli Stati Uniti. Powell ha sottolineato che sul fronte inflazione il progresso è più lento del previsto, nonostante l’economia statunitense sia piuttosto solida. I mercati hanno reagito: il rendimento a 10 anni è salito di nuovo. 

La scorsa settimana i future hanno prezzato un solo taglio dei tassi negli Stati Uniti per quest’anno – molti di meno rispetto ai sette previsti alla fine del 2023. Si tratta di un cambiamento di posizione piuttosto netto.

I commenti di Powell hanno sollevato nuovamente domande sul perché l’economia statunitense si sia dimostrata così resiliente. Sono state avanzate diverse possibili spiegazioni, tutte probabilmente correlate tra di loro. 

La prima, come spiega Bloomberg, è che tassi più alti indicano come le famiglie stiano ottenendo un rendimento sui loro risparmi per la prima volta in anni, e lo stanno spendendo per sostenere l’economia. Questo andrebbe in contrasto con la teoria macroeconomica più diffusa secondo cui tassi più alti dovrebbero rallentare l’economia. 

La seconda argomentazione – dal rapporto semestrale sull’economia del Fondo monetario internazionale – è che dietro l’attuale crescita statunitense in realtà ci sono spesa pubblica e incentivi fiscali, e che si tratta di un modello non sostenibile. Il governo degli Stati Uniti la pensa diversamente, come è facile immaginare, ma sembra chiaro che non vedremo un cambiamento nella politica fiscale prima delle elezioni.

In un modo o nell’altro, le famiglie statunitensi che al momento hanno dei risparmi ottengono un rendimento migliore rispetto a prima e forse ce ne sono abbastanza per stimolare la domanda interna. Negli Stati Uniti, un grosso aiuto per le famiglie è anche poter fissare un mutuo a un tasso fisso basso per trent’anni.

La situazione nell’Eurozona è un po’ diversa. La crescita è stata più debole, e l’inflazione si è avvicinata all’obiettivo. La Banca Centrale Europea (Bce) dovrebbe essere nella posizione di abbassare i tassi prima degli Stati Uniti. 

Il Regno Unito si trova da qualche parte nel mezzo: la crescita rimane anemica mentre, secondo gli ultimi dati, l’inflazione è ancora al di sopra di quanto vorrebbe la Banca d’Inghilterra. Ma sembrerebbe che la prospettiva di un taglio dei tassi nel Regno Unito rimanga più forte nel breve termine rispetto agli Stati Uniti.

Per quanto riguarda la geopolitica e il conflitto in corso nel Medio Oriente: come già menzionato in precedenza, i mercati finanziari hanno la tendenza a trascurare questo tipo di incertezza. La prospettiva di un’espansione del conflitto attuale, però, ha sollevato alcune preoccupazioni.

Dal punto di vista dei mercati finanziari, ci sono un paio di possibili fattori di rischio. Il primo è il sentiment di mercato: gli investitori vendono gli asset rischiosi e acquistano i cosiddetti “rifugi sicuri”, che siano titoli di Stato, oro o altro. Questo sentiment può cambiare rapidamente, in entrambe le direzioni. Il secondo è l’impatto macroeconomico – con il rischio potenziale di una crescita più lenta e di un’inflazione più alta, principalmente guidata da una combinazione di sentiment e pressioni sulla catena di approvvigionamento. 

La situazione attuale rimane molto incerta, ma è troppo presto per concludere che ci sarà un impatto a lungo termine sull’economia globale.

Per fare il punto: la geopolitica sta complicando le prospettive a breve termine, e questo fattore ha pesato un po’ sul sentiment di mercato negli ultimi giorni. Contribuisce, inoltre, almeno in parte, alle sfide di politica monetaria che le banche centrali continuano a dover affrontare mentre cercano di prevedere cosa accadrà lato inflazione e crescita. 

Nel complesso, la prospettiva di un abbassamento dei tassi sembrerebbe più forte in Europa che negli Stati Uniti, dove la crescita rimane forte. Questo potrebbe migliorare le prospettive riguardo la crescita globale per il resto del 2024 e per l’anno prossimo.

Richard Flax

Richard è il Direttore degli Investimenti di Moneyfarm. Si è unito all’azienda nel 2016. È responsabile di tutti gli aspetti della gestione del portafoglio e della sua costruzione. Prima di entrare a far parte di Moneyfarm, Richard ha lavorato a Londra come analista azionario e gestore del portafoglio presso PIMCO e Goldman Sachs Asset Management, e come analista obbligazionario presso Fleming Asset Management. Richard ha iniziato la sua carriera nel settore finanziario a metà degli anni ’90 nel team di economia globale di Morgan Stanley a New York. Ha conseguito una laurea in Storia presso l’Università di Cambridge, una laurea magistrale in Relazioni Internazionali ed Economia presso la Johns Hopkins University e un MBA presso la Columbia University Graduate School of Business. 

 

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