Il cioccolato sa essere seducente. Si scioglie lentamente sul palato, sprigionando aromi intensi di cacao e zucchero. Eppure, subito dopo quel morso paradisiaco, può insinuarsi un retrogusto inatteso: un leggero senso di colpa.
Una delizia come il cioccolato regala gratificazione immediata, ma talvolta lascia in eredità il dubbio di aver esagerato con le calorie o ceduto a una piccola tentazione. Questo intreccio di piacere e colpa non riguarda solo la tavoletta di cioccolato, ma riflette un conflitto universale tra gratificazione istantanea e benessere futuro.
Lo stesso contrasto si manifesta quando gestiamo i nostri soldi: spendere oggi per un piacere effimero o risparmiare per gli obiettivi di domani? In occasione della Giornata Mondiale del Cioccolato del 7 luglio, esploriamo il legame tra voluttà e disciplina.
Tra gratificazione immediata e obiettivi di lungo termine
Il valore della gratificazione ritardata come espressione di virtù in opposizione all’indulgenza immediata è un elemento fondante della cultura occidentale, rintracciabile fin dalle sue origini filosofiche e religiose.
Nella filosofia antica, ad esempio, la medietà socratica e il principio del giusto mezzo aristotelico esaltano l’autocontrollo come forma di saggezza pratica, mentre lo stoicismo, da Zenone a Seneca, fonda la dignità dell’essere umano sulla capacità di dominare le passioni e rimandare il piacere in nome della virtù e della razionalità.
In netto contrasto con questa impostazione, si staglia l’archetipo del concupiscibile senza freni, rappresentato in chiave mitica e letteraria da figure come i Proci, che banchettano nella casa di Ulisse violando l’ordine e l’onore, o, in epoca romana, da personaggi come Trimalcione, che si ingozza di prebende nel crepuscolo della Repubblica.
Questa opposizione fra disciplina e indulgenza attraversa i secoli e viene rafforzata dall’etica cristiana, in particolare da quella cattolica, che pone la rinuncia ai piaceri del mondo come condizione per ottenere la salvezza dell’anima. Il concetto di “premio differito”, il paradiso dopo la sofferenza terrena, diventa così una struttura narrativa centrale nella spiritualità occidentale.
Anche i grandi idealismi, siano essi religiosi o secolari (dal comunismo al personalismo cristiano), riprendono questa logica: l’idea che la trasformazione collettiva o personale passi attraverso una fase intermedia di sacrificio, privazione o lotta. Che si tratti del ‘sol dell’avvenire’ o del regno dei cieli, la promessa finale giustifica la disciplina del presente e l’attesa di un bene futuro, più alto e duraturo.
Una valutazione più accademica e vicina a dinamiche psico-attitudinali, forse più riconducibile all’esperienza comune, è il famoso ‘marshmallow test’. Uno studioso dell’università di Stanford, nel 1966, ha raggruppato un gruppo di bambini, proponendo loro un dolcetto subito oppure due se avessero saputo aspettare. Quello che lo studio ha svelato è che i bambini che hanno scelto di aspettare ottenevano tendenzialmente migliori risultati scolastici e lavorativi negli anni a venire. Il precetto etico che ne deriva è chiaro: chi resiste alle tentazioni immediate in vista di un premio più grande tende ad avere più successo. La nostra cultura esalta spesso la forza di volontà e la frugalità, stigmatizzando gli eccessi edonistici come pericoli per il progresso personale.
Eppure, studi psicologici recenti hanno iniziato a sfidare questa visione monolitica. Sebbene un certo grado di autocontrollo sia senz’altro benefico, evitare completamente ogni piacere non ci rende né più felici né più sani, e non garantisce maggior successo nel lungo periodo. In altre parole, chi tenta di bandire del tutto le indulgenze dalla propria vita non ottiene un vantaggio chiaro. Anzi, abbracciare con consapevolezza i desideri a breve termine sapendo quando e come concedersi può accrescere il nostro benessere senza compromettere i risultati che perseguiamo.
Questa prospettiva più equilibrata emerge anche dalla ricerca nel campo della psicologia positiva. Ad esempio, uno studio ha mostrato che persino durante una dieta, programmare uno ‘sgarro’ (come un pasto più abbondante una volta a settimana) migliora l’umore e la motivazione, aiutando i partecipanti a mantenere l’impegno senza vanificare i progressi.
Un prestito a noi stessi di domani
Quando si parla di risparmio e spesa, il discorso (pur muovendo dalle stesse dinamiche psicologiche e morali), si fa leggermente diverso. Risparmiare, privarsi di qualcosa, vuol dire letteralmente spostare i soldi nel tempo. Effettivamente, significa fare un prestito a noi stessi di domani: un concetto che si porta dietro una serie di domande: il ‘noi stessi di domani’ avrà veramente bisogno dei soldi che stiamo risparmiando privandoci di una cena fuori o di una vacanza? Oppure, riguardando indietro, ci direbbe “Spendili finché te li puoi godere”?
Evidentemente, questo è un modo estremo di vedere il problema, perché esistono spese rinunciabili e, attraverso l’accumulo e l’investimento, si possono ottenere traguardi che solo con il tempo e la disciplina possiamo sperare di raggiungere. Mettere da parte una piccola somma, investirla sfruttando i rendimenti di mercato e aspettare 10-15 anni può permetterci di acquistare una casa, o magari avere la libertà e la solidità per raggiungere traguardi di vita più ambiziosi. L’investimento è una scelta fondamentale, e la buona notizia è che siamo portati a sottovalutare quanto anche un piccolo sacrificio, se reiterato nel tempo, possa portare a benefici esponenziali.
Detto questo, per avere un rapporto sano con il risparmio, bisogna evitare di cadere in comportamenti estremi. Da una parte troviamo l’iperopia, o sindrome del risparmio, che porta a proiettarsi eccessivamente nel futuro, a scapito del presente. Le persone iperopiche rinunciano sistematicamente a qualsiasi spesa non essenziale, in nome di una prudenza che si trasforma in stile di vita restrittivo. Accumulano risparmi con rigore, ma il prezzo è spesso una vita fatta di rinunce, ansia e insoddisfazione, alimentata dal timore per un futuro incerto che rischia di totalizzare l’intera esperienza del presente.
All’estremo opposto, troviamo il bias dello status quo, uno dei più radicati e sottovalutati. È la tendenza a restare immobili, a preferire l’inazione rispetto al rischio del cambiamento. In ambito finanziario, si traduce in una forma di paralisi operativa: pur consapevoli che investire potrebbe essere vantaggioso, molti evitano di agire per una combinazione di scetticismo, sfiducia e procrastinazione. Si alimenta la convinzione che le piccole scelte non possano realmente fare la differenza, o che “ormai sia troppo tardi”.
A rafforzare ulteriormente questa immobilità interviene l’avversione alle perdite, uno dei bias più noti in economia comportamentale. Daniel Kahneman e Amos Tversky, premi Nobel per i loro studi, hanno dimostrato che le perdite ci colpiscono emotivamente più dei guadagni equivalenti. Questo rende molti investitori restii a esporsi ai mercati finanziari: anche piccole fluttuazioni negative vengono vissute con disagio profondo, mentre i potenziali benefici a lungo termine non suscitano lo stesso impatto emotivo. Il rischio di perdita, dunque, assume un peso sproporzionato rispetto al suo reale impatto economico, bloccando molte decisioni potenzialmente vantaggiose.
Ma non è solo questione di paura: spesso, l’inazione nasce da un eccesso di analisi e dalla percezione della propria inadeguatezza. La finanza viene vissuta da molti come un territorio ostile, tecnico, riservato a esperti. Questo senso di incompetenza alimenta ansia e indecisione. Ci si convince che, non avendo conoscenze specifiche, sia meglio non fare nulla. Si rimanda ogni decisione rifugiandosi nella sicurezza dell’inazione. In realtà, è una sicurezza apparente: nel migliore dei casi il denaro non frutta nulla; nel peggiore, perde potere d’acquisto a causa dell’inflazione. Ed è proprio in questo paradosso l’illusione della protezione, che nasconde una perdita certa nel tempo, che si consuma una trappola ben più pericolosa del concedersi qualche sfizio lungo il percorso.
Immaginiamo di avere 30.000 euro sul conto. Se li lasciamo lì per dieci anni, senza investirli, non cresceranno: anzi, potrebbero perdere di valore a causa dell’inflazione. Se invece ne spendiamo 10.000 subito per levarci degli sfizi, ma investiamo i restanti 20.000 su un fondo azionario che rende in media il 7% annuo netto, dopo dieci anni il capitale investito salirebbe a oltre 39.000 euro. Anche con una spesa iniziale significativa, avremo quindi più di quanto avremmo ottenuto semplicemente lasciando tutto fermo. Questo, ovviamente, è solo un esempio semplificato. I rendimenti effettivi variano e gli investimenti possono aumentare o diminuire. Ciò presuppone l’assenza di prelievi, commissioni o imposte.
Il messaggio non è dunque quello di spendere in modo sconsiderato, ma piuttosto di trovare un equilibrio e di provare a investire il denaro che si risparmia. E, soprattutto, di non lasciarsi tentare dal non fare nulla.
Alcuni consigli pratici per trovare il giusto equilibrio
Ma come si può trovare un compromesso sano tra godimento presente e preparazione futura? Senza alcuna pretesa prescrittiva, ma con l’intento di offrire spunti utili alla riflessione personale, ecco alcuni suggerimenti per costruire un approccio più consapevole e sostenibile.
1) Risparmiare sì, ma senza sacrificare tutto
È importante distinguere tra ciò che è superfluo e ciò che ha un impatto reale sul nostro benessere. Tagliare indiscriminatamente ogni spesa può condurre a frustrazione e demotivazione. Privarsi di tutto non è sempre sinonimo di virtù: una buona strategia parte dalla selezione consapevole di ciò che conta davvero.
2) Non sottovalutare il potere del tempo e dell’interesse composto
Anche una cifra modesta, come 50 euro al mese investiti in modo costante con un rendimento medio del 5%, può trasformarsi in oltre 10.000 euro in 15 anni. Il tempo è l’alleato silenzioso dell’investitore disciplinato. Non bisogna lasciarsi scoraggiare se la crescita iniziale appare lenta.
3) Integrare l’indulgenza strategica nel proprio piano
Introdurre ricompense regolari in un percorso di disciplina aumenta la probabilità di mantenere l’impegno nel lungo periodo. Inserire un piccolo premio mensile, come una cena fuori, un piccolo regalo o una serata speciale, non vanifica gli obiettivi, ma li rende più sostenibili.
4) Superare la paralisi da rimpianto
Domande come “Avrei dovuto iniziare prima?” o “Perché non ho risparmiato di più?” sono comprensibili, ma inutili. La verità è che non possiamo riscrivere il passato. Come si dice spesso, il miglior momento per investire era 20 anni fa, il secondo miglior momento è oggi.
5) Non farsi bloccare dalla paura di sbagliare
Molti rinunciano a investire perché temono di non avere abbastanza competenze o di non essere ‘portati per la finanza’. Ma oggi esistono strumenti semplici e accessibili, oltre al supporto di consulenti professionisti il cui lavoro è proprio quello di aiutare a gestire il rischio. Meglio iniziare con poco e imparare lungo la strada, che restare fermi aspettando di ‘capire tutto’.
6) Coltivare un rapporto più sereno con il denaro
Il denaro non dovrebbe essere vissuto come fonte di ansia o vergogna, ma come uno strumento neutro, utile a costruire autonomia, serenità e qualità di vita. Prendersi del tempo per rivedere la propria strategia finanziaria, discutere con una persona di fiducia o un partner è importante. Anche la semplice consapevolezza di avere un piano coerente può generare piacere, una forma di gratificazione immediata che alleggerisce il peso delle rinunce.
In conclusione, come spesso accade, la virtù sta nel mezzo. Non si tratta di scegliere tra edonismo e ascetismo, tra spesa e risparmio, tra presente e futuro. Si tratta, piuttosto, di costruire un equilibrio dinamico che permetta di vivere con maggiore lucidità, flessibilità e intenzionalità. Perché sì, investire è importante. Ma anche concedersi un cioccolatino ogni tanto lo è.
I nostri investimenti gestiti
Se stai valutando il tuo prossimo passo finanziario ma non hai ancora individuato da dove iniziare, i nostri portafogli gestiti sono pensati per offrirti un percorso chiaro e accessibile. Progettati e curati dal nostro team di investimento, uniscono diversificazione globale e visione di lungo periodo, adattandosi ai tuoi obiettivi e al tuo profilo di rischio. La nostra app ti garantisce piena trasparenza, permettendoti di monitorare i tuoi investimenti in qualsiasi momento e di investire con la serenità di sapere che il tuo capitale è gestito con cura e competenza.
Ricorda che, quando investi, il tuo capitale è a rischio. Il valore del tuo portafoglio con Moneyfarm può diminuire così come aumentare e potresti ricevere meno di quanto investito.
Le proiezioni di rendimento non sono un indicatore affidabile delle performance future. Le opinioni espresse qui non devono essere interpretate come raccomandazioni, consigli o previsioni. Se non sei sicuro che investire sia la scelta giusta per te, ti consigliamo di consultare un consulente finanziario.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.