Nell’industria del risparmio gestito si sono sempre contrapposte gestione attiva e gestione passiva. Grazie gli ETF, si è ora aperta una terza strada, quella dell’active indexing investing.
Gestione attiva contro gestione passiva, questo è il problema. O per lo meno, lo è sempre stato finora. Da una parte la convinzione che i mercati si possano sistematicamente battere, selezionando accuratamente i titoli all’interno di essi. Dall’altra la convinzione, giusta e testata da numerosi studi, che il valore nella scelta di singoli titoli azionari e obbligazionari o nel cosiddetto market timing sia molto discutibile, in quanto poco persistente e molto costoso.
Gli argomenti a sostegno di chi coscientemente sceglie una gestione passiva non mancano. Esperienza e ricerca accademica ci insegnano che nella maggior parte dei casi, le sovra performance di un gestore non persistono negli anni, ossia non si ripetono negli anni. Per un fondo essere posizionati tra i migliori performer un anno, non è assolutamente garanzia di ritorni superiori nell’anno seguente.
Chi invece compra un fondo attivo, decide giustamente di affidarsi a un professionista, partendo dal presupposto che possa battere il mercato, o per lo meno stargli vicino.
Fino all’avvento degli ETF, soprattutto per gli investitori retail era difficile accedere direttamente ai singoli indici. Con l’avvento degli ETF è ora possibile costruire con costi molti contenuti un portafoglio veramente diversificato, e sfruttare le opportunità d’investimento che si trovano, su scala globale.
Una delle evidenze empiriche più forti del risparmio gestito è che il 90% dei ritorni è dato dall’asset allocation, ossia dalla macro allocazione della ricchezza. Non sono tanto le scelte infra asset class a determinare le performance, quanto la scelta delle stesse asset class e del loro peso in portafoglio. Fondamentale è saper scegliere tra i diversi investimenti, non all’interno di essi. Ad esempio, una volta stabilito che è opportuno investire nelle azioni small cap europee il 20% del patrimonio, le scelte di stock picking all’interno dell’universo investibile, considerati anche i costi onerosi dell’implementare una strategia di questo tipo, spesso non generano valore aggiunto.
Si inizia quindi a parlare infatti di “active indexing investing“, una gestione attiva fatta con strumenti passivi, ciò che in fondo facciamo in MoneyFarm.
Dato per assodato che l’alfa (la sovra performance rispetto al mercato) è estremamente difficile da trovare in modo consistente, il lavoro del gestore diventa quello di regolare il beta (l’esposizione al mercato) a seconda del profilo dell’investitore e del contesto di mercato. In questo modo si unisce l’efficacia in termini di costo della gestione passiva alle necessarie competenze di chi costruisce un portafoglio su misura. Il meglio di entrambi i mondi.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.