E’ tornato di grande attualità il tema della tassazione delle rendite finanziarie, in particolare per il fatto che secondo alcuni il nuovo governo dovrebbe alzare le aliquote.
Se da un punto di vista meramente filosofico (tassare i Rentier per aiutare i lavoratori dipendenti) può essere una scelta condivisibile, l’idea di alzare l’aliquota sulle rendite finanziarie manca di un’analisi pragmatica relativamente alla situazione in cui ci troviamo oggi.
L’investitore privato, grande o piccolo che sia, si trova già coinvolto in una strategia di “repressione finanziaria” grazie alla quale il rendimento che può trovare sui mercati è stato artificialmente abbassato da politiche monetaria e fiscali volte a rilanciare il sistema economico riducendo i costi per i debitori (compresi gli stati sovrani). La Financial Repression è assimilabile ad una manovra inflazionistica e come diceva Keynes
“By a continuing process of inflation, governments can confiscate, secretly and unobserved, an important part of the wealth of their citizens.“.
Oltre a questo ricordiamoci che lo stato Italiano ha da poco aggiunto una piccola patrimoniale dello 0.2% .
Un ulteriore incremento dell’aliquota sulle rendite finanziarie andrebbe quindi a colpire tutti senza distinguere tra chi investe per professione (e per i quali un’assimilazione alla tassazione sul lavoro avrebbe senso) e chi ha come obiettivo proteggere il valore reale dei suoi soldi che è già tassato oltre il 50% per la produzione di quel reddito.
Vista in questi termini noi pensiamo che un aumento dell’aliquota può essere giustificato solo come un intervento populista, che si colloca in una generica caccia alle streghe che da qualche anno colpisce i risparmiatori grandi e piccoli e che non avrebbe altro effetto se non quello di disincentivare ulteriormente l’investimento dei risparmi tema su cui in Italia siamo già indietro anni luce rispetto al mondo anglosassone.
Pensiamo invece che la questione delle rendite finanziarie debba essere affrontata in modo più articolato. Si dovrebbero creare forme di incentivo al risparmio defiscalizzate per il piccolo risparmiatore che investe con un’ottica di lungo periodo come gli ISA accounts anglosassoni e distinguere in modo chiaro chi fa l’investitore di mestiere e chi lo fa solo per proteggere il valore reale dei suoi soldi.
Come funzionano le tasse sugli investimenti
La tassazione è una componente fondamentale che dovrebbe essere sempre valutata quando si investe. Sono previste diverse tipologie di tassazione, con diverse aliquote fiscali e tasse che devono anche essere pagate. In alcune circostanze può essere possibile delegare responsabilità fiscali agli intermediari, ma è comunque importante capire i diversi tipi di tassazione da pagare – in modo da conoscere la dichiarazione al netto delle imposte – e sapere quando effettuare i pagamenti.
Quando si pagano le tasse sugli investimenti?
Le tasse sugli investimenti si pagano tramite la dichiarazione dei redditi. Ad esempio, se si investe 10.000€ in un investimento che genera 5000€ di profitto, si pagheranno le tasse su questo importo (5.000€) alla data di ricezione del ritorno sull’investimento (5.000€) o alla data di vendita del bene ( 5.000€).
Il contribuente deve presentare una dichiarazione dei redditi percepiti e delle perdite subite sugli investimenti. Ciascun soggetto deve fare una dichiarazione indipendente, quindi può compensare le plusvalenze con le minusvalenze, se della stessa natura.
Tassazione rendite finanziarie: regime di dichiarazione e amministrativo
Quando si parla di tassazione sulle rendite finanziarie, è bene fare la differenza dal tipo di regime fiscale, da cui dipende la responsabilità del pagamento delle tasse.
Con il regime di dichiarazione (o il sistema di autovalutazione fiscale), è l’investitore che deve pagare le tasse: ogni soggetto deve presentare la propria dichiarazione, riportando gli utili realizzati e pagando l’importo dovuto.
Nel regime amministrato, invece, il risparmiatore non deve fare nulla perché è l’intermediario che si occupa di pagare le tasse sugli investimenti. Quando un investitore fornisce un contributo ad una società, la società trattiene direttamente la quota relativa all’imposta prima di trasferire il rendimento generato dall’investimento, pagando l’imposta allo Stato ed emettendo il certificato a garanzia del pagamento effettuato.
Quando un intermediario è autorizzato a riscuotere le tasse per gli investitori, viene chiamato sostituto d’imposta, sicuramente un’opzione più comoda e più facile rispetto a dover affrontare da soli tutti gli obblighi fiscali.
Come vengono tassati gli investimenti
Tutte le attività che producono reddito sono soggette a tassazione. Lo Stato applica un’aliquota fissa del 26%. Ci sono anche sussidi su alcuni tipi di investimenti. Ad esempio, il governo sovvenziona i rendimenti obbligazionari al 12,5% e questo sussidio è applicabile a tutti i tipi di debito pubblico. Pertanto, la plusvalenza realizzata con un investimento viene tassata al 26% e poi sovvenzionata al 12,5%.
Ci sono solo poche eccezioni che prevedono alcune esenzioni dall’imposta. Tali eccezioni comprendono i PIR, se detenuti per cinque anni, i conti di risparmio con saldo inferiore a 5.000 euro e alcune forme di previdenza complementare.
Altre tasse su investimenti da pagare
Queste sono solo le principali linee guida in materia di tassazione degli investimenti finanziari. Ci sono molti altri fattori da considerare quando si calcolano le tasse. Ci sono altre tasse che devono essere pagate in determinate situazioni. Ad esempio sui conto deposito è prevista l’imposta di bollo dello 0,20%, che si calcola sulla somma depositata; sulle transazioni finanziarie invece è prevista una tassa dello 0,10%, che viene calcolata su ogni transazione.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.