Usa: il dibattito presidenziale e i possibili scenari di mercato

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Nella settimana del dibattito presidenziale tra Donald Trump e Kamala Harris negli Stati Uniti, cogliamo l’occasione per parlare dei possibili scenari di mercato mentre ci avviciniamo al giorno delle elezioni.

Se i sondaggi sono attendibili, è ancora troppo presto per dire chi ha più possibilità di vincere. Il sito web FiveThirtyEight, una divisione di ABC News negli Stati Uniti specializzata in sondaggi, stima che Kamala Harris ha una probabilità di vincere del 56%. Sicuramente non un dato definitivo. Un’altra complicazione risiede nel fatto che entrambe le camere del Congresso vedranno elezioni, anche se non in tutti gli Stati. Inoltre i Democratici hanno una maggioranza molto ridotta al Senato, e ciò comporta un rischio per il partito. Tutto questo aumenta il numero di scenari da dover considerare.

Nell’analizzare la situazione e fare delle previsioni dovremmo chiederci se il modello di analisi storico sia quello corretto questa volta. Alcuni analisti hanno notato che solitamente le azioni USA performano meglio se il partito in carica è confermato. Ma ciò potrebbe non essere sempre vero questa volta, né è chiaro il motivo per cui dovrebbe esserlo.

Vale anche la pena sottolineare che, sebbene le elezioni possano causare una certa volatilità nel breve, nel lungo periodo la salute complessiva dell’economia statunitense – crescita e inflazione – conta di più rispetto al partito al potere.

Anche quando pensiamo alle potenziali politiche che verranno messe in campo da una parte o dall’altra, valgono le solite riserve. Non sappiamo realmente cosa potrebbero fare i candidati come presidenti, né sappiamo se i risultati del Congresso permetteranno loro di attuare i loro piani. Alcuni dati suggeriscono che le azioni statunitensi performano meglio (di poco) quando il Congresso è diviso, suggerendo che gli investitori non vogliono vedere troppa interferenza da parte del governo.

Tuttavia, prendendo alla lettera i loro commenti, ci sono un paio di considerazioni da fare.

Primo, Kamala Harris ha parlato di aumentare l’imposta sugli utili delle imprese, mentre Donald Trump ha promesso di ridurla. Prendendo in considerazione solo questo fattore si può facilmente inferire che gli investitori guarderanno più favorevolmente aliquote più basse sui profitti perché, in teoria, ciò significa maggiori guadagni per gli investitori. Il rally azionario seguito alla vittoria di Trump nel 2016, in una certa misura, è stata conseguenza delle aspettative di minori imposte sui profitti aziendali. Si potrebbe anche supporre che un’amministrazione repubblicana possa cercare una regolamentazione più permissiva e spesso nel breve termine questo è guardato con favore dagli investitori, anche se l’impatto a lungo termine è meno chiaro. La riserva più importante qui è che la situazione fiscale degli Stati Uniti non è positiva e non è previsto che migliori significativamente, indipendentemente da chi vinca. I due partiti potrebbero affrontare la questione fiscale in modi diversi: tasse più basse e minori spese per i repubblicani, tasse più alte e maggiori distribuzione della ricchezza per i democratici; ma il deficit degli Stati Uniti probabilmente non migliorerà e potrebbe aumentare ulteriormente. Per ora, pensiamo che i mercati finanziari ignoreranno la questione fiscale, ma rimane un tema a lungo termine.

Il secondo punto riguarda i dazi commerciali. Trump si è detto favorevole all’aumento (aggressivo) delle tariffe statunitensi sui beni stranieri. La politica commerciale è un’area in cui i presidenti tipicamente hanno molta discrezione ed è una politica che potrebbe essere implementata relativamente in fretta. Prendendo in considerazione solo questo aspetto ci aspettiamo che gli investitori leggano negativamente la politica commerciale repubblicana, perché probabilmente risulterà in prezzi più alti e crescita più lenta nel tempo. Ma questo in una logica di scelte di investimento potrebbe anche significare che dovremmo preferire gli asset finanziari statunitensi rispetto al resto del mondo. Gli Stati Uniti sono un’economia relativamente più chiusa e che può essere in grado di resistere meglio a un aumento delle barriere commerciali rispetto, ad esempio, all’Eurozona.

In ultimo, c’è la questione della politica monetaria. Più di una volta i repubblicani hanno sostenuto la necessità di ridurre l’indipendenza della FED– dando al presidente degli Stati Uniti la possibilità di intervenire sulle decisioni di politica monetaria. Anche in questo caso, non è chiaro se questo è un piano che si realizzerà veramente, e potrebbe comunque richiedere molto tempo. Ad ogni modo riteniamo che una minor indipendenza della banca centrale renderebbe gli investitori nervosi.

Concludendo, c’è ancora del tempo prima delle elezioni. Il risultato rimane molto incerto e serve cautela con i sondaggi. Nel lungo termine, peserà più il contesto macroeconomico che il nuovo presidente sull’andamento dei mercati finanziari statunitensi (e quindi anche globali).

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*Gli investimenti in strumenti finanziari sono soggetti alla variabilità del mercato e possono determinare la perdita, in tutto o in parte, del capitale inizialmente investito.

Avatar Richard Flax