I mercati continueranno nella seconda metà dell’anno il rally cha ha caratterizzato i primi sei mesi? Non è facile dare una risposta certa, ma sicuramente a pesare sarà la dinamica tra i fattori di crescita, tassi di interesse e inflazione. Qui di seguito abbiamo provato a capire come la situazione potrebbe evolversi rispondendo ad alcune domande chiave.
Inflazione, quanto ancora durerà?
Il nostro piccolo focus sul futuro non può che cominciare da un’analisi sulla direzione dell’inflazione. Nonostante la dinamica dei prezzi stia andando sotto controllo negli Stati Uniti e in Europa, l’inflazione resta la variabile chiave da cui in qualche modo dipendono tutte le altre. Se la direzione sembra quella giusta, il tema è quanto ancora ci metterà l’inflazione a tornare entro i limiti del 2%.
Per rispondere a questa domanda, soffermarsi solamente sul numero da copertina non ci aiuta molto. L’inflazione è composta da diverse componenti e può essere misurata in diversi modi. In questa prima metà dell’anno il calo dei beni energetici ha contribuito in gran parte alla diminuzione dell’inflazione generale.
Questo è vero anche negli Usa, dove l’inflazione è in una traiettoria di discesa chiara: dal 4% al 3% a giugno. Ma la misura core, che non tiene conto dei beni energetici si trova più indietro, in rallentamento dal 4,8% contro il 5.3% del mese precedente. Sebbene il numero resti alto ci sono motivi di ottimismo. La componente legata ai servizi abitativi (come affitti e bollette), maggior driver dell’inflazione complessiva, ha dato i primi segnali di normalizzazione e ci sono buone ragioni, anche legate alla dinamica immobiliare e al prezzo degli affitti, per pensare che continuerà in quella direzione.
Anche misure di inflazione meno volatili, che vengono spesso utilizzate dai banchieri centrali per prendere le proprie decisioni riguardo ai tassi, come l’inflazione supercore (che non tiene conto dei costi abitativi) è tornata a crescere in linea con la storia (intorno allo 0,3% mese su mese).
Anche in Europa l’inflazione continua a scendere, anche se il percorso è un po’ più indietro rispetto agli Stati Uniti. Per il momento, i mercati si aspettano almeno altri due aumenti di tassi nell’Eurozona, ma non è chiaro se ne serviranno di più.
Se guardiamo alle previsioni degli analisti, i livelli di inflazione dovrebbero continuare a normalizzarsi sia negli Stati Uniti, sia in Europa nei prossimi mesi, arrivando vicini alla soglia del 2% entro la fine dell’anno.
Rialzo dei tassi: quando arriverà la fine?
La risposta è ovviamente legata alla domanda precedente, l’inversione della dinamica di tasso è direttamente correlata al calo dell’inflazione. Ci sono quindi due domande a cui dobbiamo rispondere: siamo arrivati al picco del ciclo di rialzi e quanto a lungo i tassi resteranno sostenuti?
Sul primo punto sembra esserci abbastanza accordo tra tutti gli analisti. Ci aspettiamo massimo un rialzo dei tassi negli Stati Uniti, mentre nell’Eurozona un paio di rialzi dovrebbero essere scontati, con la possibilità di vederne un paio in più. Riguardo all’inversione, come si può notare dal grafico, le varie previsioni differiscono in modo abbastanza netto.
La prima cosa che si nota è che non sono previsti tagli dei tassi quest’anno, per la stragrande maggioranza delle previsioni. Questa è parzialmente una buona notizia, perché è frutto di risultati economici migliori del previsto. La seconda evidenza che è interessante notare è che l’inversione della politica monetaria dovrebbe cominciare già nella prima metà del 2024. Le banche centrali, forti di un’economia che continua a sorprendere, stanno provando a sostenere questa narrativa, cercando di trasmettere risolutezza nella lotta contro l’inflazione.
Ma quale potrebbe essere l’effetto di tassi di interesse a questi livelli per un periodo più lungo? Secondo manuale, alzare i tassi di interesse tende generalmente a rallentare l’economia, ma non sempre, poiché la profondità dell’effetto negativo dipende dall’inflazione e dalla forza dell’economia sottostante. Se le aspettative di inflazione superano i tassi nominali, il costo effettivo di un prestito rimane basso e resta attrattivo. Nonostante un aumento significativo dei tassi dal 2022, non si è verificato un rallentamento significativo dell’economia fino ad ora. Nel 2023, nonostante i tassi reali siano saliti sopra l’1%, i dati macroeconomici negli Stati Uniti hanno superato le aspettative, indicando la possibilità di un atterraggio morbido con inflazione sotto controllo e tassi sensibilmente più alti, ma senza recessione.
Tuttavia, l’aumento rapido dei tassi potrebbe causare problemi nel sistema finanziario, come evidenziato dalla mini crisi bancaria nel marzo 2023. Il principale timore degli investitori è che ciò potrebbe risolversi in una stretta ai prestiti a privati e aziende. Nonostante ciò, i dati di più recenti suggeriscono un miglioramento delle condizioni di credito negli Stati Uniti e in Europa.
In un contesto di tassi più alti e incertezza, gli investitori dovrebbero considerare due punti chiave: il reddito fisso offre finalmente rendimenti interessanti, persino per i titoli di Stato a breve termine. Anche in un ambiente così difficile, la componente azionaria ha dimostrato di poter performare bene. In uno scenario del genere, optare per un portafoglio multi-asse ben diversificato dovrebbe essere una buona scelta.
Quando arriverà la crescita?
E la recessione? Come abbiamo spiegato nel paragrafo precedente, a un rialzo dei tassi dovrebbe accompagnarsi un peggioramento della situazione economica tanto che la possibilità di una recessione era data quasi per scontata quest’anno. In realtà, stupendo molti analisti, la performance economica ha continuato a sorprendere durante tutto l’anno. Il grafico mostra gli indici di sorpresa per Europa, USA e Cina, che misurano la performance dell’economia rispetto alle aspettative. Cina ed Europa hanno deluso, mentre gli Stati Uniti si sono ripresi dopo un inizio anno sottotono.
La storia è simile: il settore manifatturiero rallenta, mentre quello dei servizi traina la crescita. Anche il mercato del lavoro, sia in Europa come anche in Usa, ha dato segnali di ripresa sorprendenti. Insomma, l’economia americana sorprende in positivo e rimane forte, spostando ancora una volta più avanti la possibilità di una recessione.
Guardando ai prossimi mesi, potrebbe essere utile valutare i dati di sentiment e le attese per quanto riguarda la dinamica del PIL. Negli Usa, gli ultimi indici PMI aggregati, quelli che misurano il sentiment dei direttori degli acquisti delle aziende, si sono fermati a 53 punti, in territorio di espansione, spinti dal settore dei servizi. I dati di crescita del Pil per il primo trimestre sono stati positivi e sopra le attese (2% contro 1,1%), mentre le attese da qui a fine anno sono aumentate da circa lo 0,5% a quasi l’1,5% ora secondo Bloomberg.
Anche in Europa i PMI aggregati restano sopra i 50 punti, quindi in positivo a giugno. I segnali di rallentamento sono tuttavia più evidenti, soprattutto in certe regioni core come la Germania. Qui di seguito possiamo vedere le previsioni riguardo la crescita economica sia in Europa, sia negli Stati Uniti. Come possiamo notare, le previsioni di crescita sono state riviste al rialzo nel corso dell’anno, tanto che le probabilità di una recessione nel 2023 sono considerate solo dagli analisti più pessimisti (non era questo il caso solo pochi mesi fa). Insomma, seppur riteniamo che la possibilità di un qualche rallentamento dell’economia nella prima parte dell’anno resti probabile, non pensiamo che ciò si debba necessariamente risolvere in una recessione.
STATI UNITI
EUROPA
Giorgio Broggi: Giorgio è entrato a far parte di Moneyfarm come analista quantitativo nel dicembre 2021 ed è membro del Comitato Investimenti. Prima di entrare a far parte della società, ha lavorato presso Barclays Wealth Management e S&P Market Intelligence, acquisendo esperienza nella ricerca di fondi e negli investimenti ESG. Prima di iniziare la sua vita professionale, ha completato con successo una doppia laurea presso Eada e EDHEC Business School, ottenendo due Master in Finanza e specializzandosi in factor investing e costruzione di portafogli. È un charterholder CFA.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.