Sono state delle settimane intense per il sistema bancario globale e le Banche Centrali. Le crisi di Silicon Valley Bank (SVB), Credit Suisse e Deutsche Bank hanno portato tensione sui mercati. Il timore che il terremoto possa estendersi anche ad altre banche, che non hanno un capitale così forte o un risk management lungimirante, c’è. Le crisi bancarie risvegliano traumi e paure per chiunque abbia un po’ di memoria economica e finanziaria. L’aspetto chiave è però quello di non farsi prendere dal panico.
Partiamo con il dire che:
- SVB è un caso specifico che non è applicabile ad altri istituti di credito, nemmeno alle medie e piccole banche Usa;
- il sistema Europa è forte;
- le Banche Centrali hanno agito rapidamente: la Fed, la Bank of England e la Bce hanno pubblicato un annuncio congiunto per aumentare la liquidità in dollari, senza poi dimenticare le azioni introdotte in modo repentino dalla Fed e dalla Banca Nazionale Svizzera quando SVB è fallita e Credit Suisse ha iniziato a barcollare sul mercato.
Sebbene SVB sia fallita i regolamentatori americani hanno esteso la protezione a tutti i depositi (anche quelli non garantiti sopra i 250 mila dollari), fornito ampia liquidità e linee di credito agli istituti più in difficoltà, bloccando di fatto la crisi. In Svizzera, la reazione è stata ancora più impressionante, con lo storico accordo che ha portato all’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, supportato da un’ampia linea di credito e percepito molto bene dai mercati.
Ampliando la prospettiva ai sistemi bancari in generale, vale la pena ricordare che le banche negli Stati Uniti e in Europa sono in condizioni migliori rispetto ai tempi della crisi finanziaria, come mostrano questi grafici, anche se ciò non garantisce che i più deboli sopravviveranno.
Se si osserva il Tier 1 ratio, che valuta il grado di capitalizzazione della banca in rapporto agli assets (pesati per il rischio) e alla luce del rischio che grava sulla banca stessa, si può notare come questo sia cresciuto tantissimo a partire dalla crisi per ragioni di regolamentazione. Siamo dunque di fronte a numeri molto robusti che prevediamo verranno rafforzati ulteriormente in seguito alla crisi.
In questo altro grafico possiamo invece osservare il rischio di credito nell’area euro. Effettivamente, dopo gli ultimi eventi, questo è cresciuto ma rimane più basso rispetto alle precedenti crisi, come lo scoppio della guerra fra Russia e Ucraina nel 2022.
Spostandoci sul mercato americano, possiamo notare come le riserve delle banche a stelle e strisce risultano essere ben superiori ai livelli pre 2008. Dati che caratterizzano specialmente i grandi istituti di credito. Quelli medio piccoli sono più esposti al rischio, ma non pongono una minaccia così grande al sistema e all’economia globale. Gli istituti di credito più rilevanti presentano una situazione ancora relativamente solida, nonostante la volatilità del 2022.
Altro dato importante, che possiamo osservare in quest’ultimo grafico, è la differenza tra il tasso interbancario, ovvero il tasso a cui le banche si prestano denaro tra loro (indice di fiducia nel sistema) e quello di deposito della Fed, che, come possiamo vedere, risulta essere molto basso. Nel 2008 questo indicatore era letteralmente schizzato alle stelle, adesso no.
Tutto ciò ci porta a concludere che, se da una parte il sistema bancario, anche grazie all’azione perentoria delle Banche Centrali, rimane sufficientemente resiliente, dall’altro è indubbio che ci saranno degli effetti anche sull’economia reale. La nostra visione di partenza è che ciò dovrebbe causare un rallentamento dell’attività economica. Ci aspettiamo di vedere le condizioni del credito inasprirsi man mano che le banche diventeranno sempre più conservatrici. Ciò provocherà probabilmente degli effetti di medio termine anche sulle famiglie e le imprese, dato che è aumentata la probabilità di una recessione nei prossimi dodici mesi. La probabile stretta sul credito e il rallentamento delle economie avrà quantomeno un impatto positivo sull’inflazione.
E’ importante evidenziare che la crisi bancaria non ha però implicazioni certe sul percorso di rialzo dei tassi, con la Bce che ha ribadito, la scorsa settimana, l’importanza di non confondere stabilità finanziaria e stabilità dei prezzi. La Banca europea ritiene infatti che i suoi strumenti di bilancio possano gestire la stabilità finanziaria dell’Eurozona, lasciando che i tassi di interesse si occupino dell’inflazione. La Fed, da parte sua, ha alzato i tassi ma in maniera più soft dando maggior peso alle turbolenze del mercato bancario. Il focus anche qui rimane l’inflazione.
E i portafogli? Per il momento riteniamo che i nostri portafogli abbiano il giusto posizionamento. Ovviamente non abbiamo una sfera di cristallo ma è rassicurante vedere che la diversificazione abbia continuato a funzionare, con le posizioni in obbligazioni sovrane che hanno registrato buone performance e hanno compensato alcune delle parti più rischiose dei portafogli. La nostra esposizione a SVB, alle banche regionali americane ed a Credit Suisse è molto limitata e non ha avuto impatto sulle performance.
Credit Suisse Vs SVB: un’analisi comparata delle due crisi
Partiamo con il dire che SVB è una banca che serviva start-up e che negli ultimi anni ha avuto una storia particolare. Nel 2021 con l’esplosione delle Tech, post Covid, ha attirato molti depositi da parte di diverse società del mondo tecnologico che hanno deciso di aprire conti correnti presso la banca. Il problema è stato che SVB nel 2021 non è riuscita a trasformare questi depositi in prestiti. Per ovviare ciò ha deciso di investire gran parte dei depositi ricevuti in Mortgage Backed Securities (MBS) a maturità ampia. Le MBS sono strumenti finanziari che usano come collaterale i mutui. Scelta non molto lungimirante dato che nel 2022, per combattere l’inflazione, i tassi sono saliti e il valore realizzato di questi prodotti è sceso notevolmente fino a quando la banca si è resa conto di essere in una situazione di forte fragilità e di dover chiedere più capitale. Richiesta respinta dato che il mercato ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’istituto di credito e i suoi conti, giudicando l’operato del risk management non brillante e il rischio di fallimento alto. I depositanti hanno iniziato a richiedere indietro i loro depositi e alla fine SVB è fallita.
I tre punti deboli di SVB:
- SVB non era una banca particolarmente profittevole. Nel grafico si può osservare la linea nera che rappresenta la mediana dell’industria e in blu SVB.
- SVB era una banca che diversificava molto poco le sue attività, come detto prima. Ha comprato un pacchetto di MBS ad alta maturità senza saperne gestire il rischio di tasso. Nel grafico si può osservare questa debolezza, dato che viene mostrato il rapporto di prestiti sulla quantità di asset totali. Le banche più virtuose, come si può notare, hanno mantenuto un’esposizione molto maggiore verso i prestiti, certamente operando più in linea con un modello di business bancario “tradizionale”.
- Terza criticità, l’elemento dei depositi. La linea blu sale molto nel 2021 per poi crollare a picco nel 2022. Depositi così volatili creano le condizioni perfette per una crisi di liquidità.
Credit Suisse
Credit Suisse come SVB ha un numero elevato di depositanti che hanno richiesto indietro i soldi per paura che la banca potesse fallire; si parla di circa 110 miliardi nell’ultimo trimestre del 2022. E qui finiscono le similitudini. Le due banche hanno infatti in termini di strategia, capitale e business realtà completamente diverse. Il Core Tier 1 Ratio di Credit Suisse è del 14,1% (tra i migliori al mondo), il Leverage Ratio al 7,7% è il più alto a livello globale e il Liquidity Coverage Ratio è del 144%. Questo significa che Credit Suisse avrebbe potuto far fronte, nei prossimi 30 giorni, ad un esborso del 144% delle passività di breve termine. Inoltre, dal punto di vista della strategia la banca elvetica ha dato dei segnali di andare nella giusta direzione, dopo gli scandali che l’hanno vista protagonista nel 2022.
E allora cosa è successo?
Molto semplice, c’è stato un errore di comunicazione da parte degli azionisti arabi che hanno dichiarato a Bloomberg come non avrebbero dato del nuovo capitale a Credit Suisse per motivi di regolamentazione. Il tempismo con cui è stata data questa notizia ha scatenato il panico, dato che qualche giorno prima SVB era fallita. L’intervento del regolatore svizzero ha calmato la situazione momentaneamente, ma non ha cancellato il “rischio paura degli investitori” in merito al ritiro dei capitali dalla banca. La situazione si è evoluta fino ad arrivare alla richiesta, da parte della Banca Centrale Svizzera, di un matrimonio tra Credit Suisse e UBS. L’accordo siglato presenta sicuramente alcuni punti degni di nota.
Il primo è che UBS ha accettato di pagare tre miliardi di franchi svizzeri per acquistare la concorrente. Somma che rappresenta solo una piccola frazione del valore contabile di Credit Suisse. Ciò solleva alcune domande: dobbiamo essere preoccupati per il valore contabile (che era di circa 49 miliardi di franchi svizzeri)? Cosa ha visto UBS per offrire solo tre miliardi (e inizialmente anche meno)? Domande a cui non è facile dare risposte ma possiamo immaginare che l’azione di UBS non sia tanto legata al valore contabile della società ma più a quello del franchising. Altro elemento da non sottovalutare è il poco entusiasmo di UBS nel fare questo matrimonio e per una buona ragione: c’è molta sovrapposizione tra le due attività, diversi licenziamenti, interruzioni, ecc. Inoltre, le fusioni nei servizi finanziari sono notoriamente difficili da eseguire bene e UBS deve preoccuparsi, almeno un po’, per i propri azionisti, che potrebbero anche non essere disposti ad accettare un progetto di integrazione così grande a tutt’altro che ad un prezzo stracciato.
Deutsche Bank
Dopo Credit Suisse le tensioni colpiscono direttamente una banca sotto il “controllo” della Bce, che ha visto un calo del suo titolo fino al 12% (dati di venerdì alle 15.52). A segnalare le pressioni sulla banca sono stati i Credit Default Swap (Cds) a 5 anni, ovvero i derivati che danno la possibilità di coprirsi da un’eventuale insolvenza sul debito obbligazionario, che sono aumentati da 134 punti base di mercoledì fino a 200 di venerdì.
Deutsche Bank ha colto di sorpresa i mercati, decidendo di riacquistare un consistente importo di debito subordinato prima della scadenza. Parliamo dei Fixed to Fixed Reset Rate Subordinated Tier 2 Notes, che vedevano il proprio termine nel 2028 e un volume per 1,5 miliardi di dollari. La banca tedesca ha però deciso di anticiparne il rimborso al 24 maggio e del 100% del valore nominale. Mossa che ha fatto innervosire il mercato, visti i precedenti delle ultime settimane, nonostante Deutsche Bank abbia precisato di avere ricevuto tutte le necessarie approvazioni normative.
Il sistema bancario europeo, come ribadito precedentemente, è solido e a differenza del passato non ci sono titoli tossici in grado di scatenare conseguenze negative a cascata. C’è però da dire che il mercato è particolarmente agitato, anche per i costanti aumenti dei tassi di interesse fatti dalle Banche Centrali per combattere l’inflazione. Questo comporta che azioni inaspettate, anche se non pericolose, in questo momento allertano con particolare facilità gli investitori.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.