Stagflazione: quali possibili scenari in Ue?

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Stagflazione. Questa la parola che tra economisti, analisti e più in generale gli operatori dei mercati finanziari è tornata di moda.

Cosa si intende per stagflazione? Un momento in cui l’economia sperimenta alta inflazione e contemporaneamente bassi livelli di crescita reale.

Come mai proprio ora? Il motivo per cui questa parola è tornata sulla bocca di molti è legata alla fase del ciclo economico che l’Unione Europea (Ue) e il Regno Unito (Uk) stanno vivendo.

Come noto, negli ultimi mesi l’inflazione è tornata a fare prepotentemente capolino nelle nostre vite. Gli shock subiti dalle catene di approvvigionamento, di produzione e di distribuzione a causa della pandemia di Covid-19 e poi l’invasione della Russia in Ucraina hanno portato i Consumer price index (Cpi) a livelli ben al di sopra dello storico dell’ultimo periodo e ben lontani dal target di riferimento delle Banche centrali del 2% (Figura 1).

Figura 1 – Serie storiche dei CPI YoY per l’Unione Europea (linea blu) e per il Regno Unito (linea rosa).

La risposta della Banca centrale europea (Bce) e della Bank of England (BoE) allo shock inflattivo non si è fatta attendere: un rialzo dei tassi di interesse più repentino della storia recente. L’alto livello raggiunto dai tassi ha poi contribuito, negli ultimi mesi, a raffreddare il trend dell’inflazione che però, nonostante gli sforzi profusi dai banchieri centrali, continua a rimanere su livelli molto alti e ben al di sopra del valore ideale del 2%.

L’inflazione attualmente sperimentata nel continente europeo è fondamentalmente il frutto congiunto di due concause:

  • Inflazione monetaria: è l’inflazione derivante dall’elevato stimolo monetario iniettato nell’economia dalle banche centrali per far fronte alla pandemia di Covid-19.
  • Inflazione da offerta: è l’inflazione derivante principalmente dagli elevati costi di produzione, che si riversano di conseguenza sui consumatori finali, per colpa dello shock energetico seguito dalla guerra in Ucraina.

Sebbene entrambe le dinamiche inflattive concorrano nel far sì che complessivamente l’inflazione aumenti, quella da offerta è di ben più difficile controllo per i banchieri centrali e rischia di avere effetti negativi anche sulla crescita. A complicare il quadro dal punto di vista della crescita ci sono inoltre le misure messe in atto proprio dalle banche centrali in questo contesto. Un elevato livello dei tassi significa essenzialmente un alto costo del denaro il che complica le condizioni di accesso al credito per imprese e singoli individui, portando a sua volta in una contrazione dell’economia.

Sebbene siano ormai chiari gli eventi dei mesi scorsi, qual è la situazione attuale in Ue e Uk dal punto di vista di crescita e inflazione?

L’inasprimento della politica monetaria ha sicuramente aiutato a sgonfiare, almeno parzialmente, il trend inflattivo come spiegato in precedenza. L’inflazione però è costituita da svariate componenti che possono reagire in maniera diversa ai livelli di tassi di interesse. La metrica a cui le banche centrali tendono a guardare maggiormente, per avere una misura dell’inflazione che sia il più aderente possibile alla realtà, è la cosiddetta inflazione core.

L’inflazione core è misurata sull’incremento dei prezzi dello stesso paniere con cui vengono calcolati i Cpi principali (Headline Cpi – Figura 1) detratti però dei beni legati al cibo e all’energia. La rimozione di queste due componenti, i cui prezzi sono storicamente molto volatili, contribuisce a rendere i Core Cpi una metrica più affidabile per la stima del “reale” livello di inflazione.

Figura 2 – Serie storiche dei CPI Core YoY per l’Unione Europea (linea blu) e per il Regno Unito (linea rosa).

Nella Figura 2, possiamo osservare come l’inflazione core solo recentemente ha iniziato a mostrare timidi segnali di rallentamento, essendo caratterizzata da una vischiosità ben maggiore rispetto agli Headline Cpi. La stabilità dei prezzi ed il target d’inflazione al 2% sono ancora lontani dall’essere raggiunti.

Tuttavia, nell’ultimo meeting la Bce ha dato segnali più o meno timidi di aver raggiunto il picco del proprio ciclo di restrizione monetaria affermando che, se sostenuto sufficientemente a lungo, il livello attuale dei tassi sarà abbastanza per riportare l’inflazione nell’Ue sotto controllo.

Dal punto di vista inflattivo la situazione appare quindi essere più sotto controllo rispetto a qualche mese fa, ma la partita è ancora lontana dall’essere vinta. Per giunta, il consistente rialzo del prezzo al barile del petrolio, delle ultime settimane, e il fatto che la stagione invernale ormai è alle porte, rimette al centro del dibattito l’impatto dei costi dell’energia i quali, in caso di inverno freddo e consumi elevati, potrebbero giocare un ruolo importante bloccando il rallentamento dell’inflazione in Ue.

E per quanto riguarda la crescita?

Come accennato in precedenza, l’attuale contesto economico, e i vari stress che si sono susseguiti sulle catene di approvvigionamento, hanno contribuito nel far sì che le stime di crescita per l’Ue venissero riviste al ribasso. Il Summer 2023 Economic Forecast, prevede un tasso di crescita nominale annuale per il Pil dell’Eurozona pari allo 0.8% nel 2023 e all’1.3% nel 2024.

Per quanto riguarda invece l’inflazione le aspettative rimangono elevate. Nel 2024 si stima che nell’eurozona questa si attesterà intorno al 5.6% per fine 2023, per poi normalizzarsi significativamente nel 2024 toccando il valore del 2.9%.

Stagflazione, perché?

Come abbiamo visto il quadro macroeconomico racconta di un’inflazione ancora elevata e di una crescita, seppur positiva, in rallentamento rispetto alle stime precedenti.

Ci sono però alcune nubi che si iniziano ad addensarsi all’orizzonte aumentando il pessimismo di alcuni economisti, soprattutto per quanto riguarda le aspettative di crescita.

In particolare, come mostrato in Figura 3, il sentiment riguardante le sorprese legate alla pubblicazione dei dati economici continua a essere fortemente negativo per l’eurozona e in netto calo per il Regno Unito. Questo indicatore, molto popolare tra gli operatori di mercato, stima di quanto i dati economici regolarmente pubblicati sorprendano i rispettivi valori attesi dagli analisti. Se l’indicatore è positivo significa che, mediamente, i dati economici hanno sorpreso in meglio le aspettative e viceversa. L’Eurozona quindi, continuando a riportare stabilmente al di sotto delle attese, continua a mostrare segnali di debolezza e il Regno Unito segnali di deterioramento.

Figura 3 – Andamento negli ultimi 3 mesi del CESI per l’Euro Area (linea blu) e per il Regno Unito (linea rosa).

Un’altra metrica molto importante riguarda la produzione industriale (Figura 4). I tassi di crescita rispetto all’anno precedente sono attualmente pari a -2.2% per l’Ue e allo 0.4% per Uk, a conferma che gli stress subiti non sono ancora stati pienamente assorbiti.

Figura 4 – Serie storica della produzione industriale per l’Euro Area (linea blu) e per il Regno Unito (linea rosa).

Questi dati spiegano in parte il perché sulla bocca di molti la parola “stagflazione” è tornata ad essere di moda. L’inflazione rimane ben al di sopra dei livelli di guardia e l’incertezza crescente sul comparto energetico pone ulteriori sfide che ne potrebbero rallentare la normalizzazione. Per quanto riguarda la crescita, sia Ue che Uk hanno dovuto rivedere al ribasso le proprie stime e il contesto produttivo presenta ancora diverse sfide che potrebbero minare ulteriormente il quadro facendo sì che l’inflazione elevata e la crescita bassa (o negativa), coesistano all’interno dello stesso scenario. Stagflazione, appunto.

E’ fondamentale evidenziare poi che sebbene Ue e Uk si trovino ad affrontare un contesto che presenta similarità, le differenze tra i due casi sono nette (basti semplicemente pensare che l’eurozona è composta da 20 economie diverse) e le specificità in questione potrebbero far sì che i due casi si sviluppino in maniera differente.

Dal canto nostro, monitoriamo costantemente l’evoluzione del contesto macroeconomico e geopolitico in modo da ottimizzare il profilo rischio/rendimento dei nostri portafogli.

Attualmente il team di Asset Allocation non ritiene la stagflazione lo scenario più probabile. Il nostro scenario di base prevede che il rallentamento dell’economia sarà contenuto e sarà, a sua volta, “accompagnato” da una progressiva normalizzazione dell’inflazione. Riteniamo quindi che un posizionamento conservativo e ben diversificato possa portare benefici agli investitori visto il contesto le incertezze attualmente presenti sul mercato.

Davide Petrella ricopre il ruolo di Portfolio Manager in Moneyfarm. Ha conseguito un Master in Quantitative Finance presso il Politecnico di Milano e un Master in Fisica all’Università di Roma, La Sapienza. Davide ha iniziato la sua carriera in Anima Sgr nel 2017 come Assistant Portfolio Manager nel team multi-asset per poi passare in Allianz Italia nel team ALM & Strategic Asset Allocation. Da gennaio 2022 a gennaio 2023 ha lavorato come Quantitative Analyst nella Fixed Income Boutique di Vontobel Asset Management a Zurigo, lavorando a stretto contatto con i Portfolio Manager per costruire soluzioni quantitative di front-office per la boutique.

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