Ottobre 2025 sarà ricordato come un mese di forti contraddizioni. È iniziato con un rally euforico, ribattezzato “Uptober”, durante il quale Bitcoin (BTC) ha toccato un nuovo massimo storico di 126.270 dollari e la capitalizzazione complessiva del mercato crypto ha sfiorato i 4,4 trilioni di dollari.
Tuttavia, questo ottimismo si è bruscamente invertito il 10 ottobre. L’evento che ha definito il mese è stato un violento crollo improvviso di natura macroeconomica, scatenato dall’annuncio del presidente Trump sullo “shock dei dazi”. Il presidente ha infatti dichiarato l’introduzione di tariffe del 100% sulle importazioni di software critici dalla Cina, a partire dal 1 novembre, accompagnate da nuove restrizioni all’esportazione.
Questo evento ha innescato la più grande ondata di liquidazioni nella storia degli asset digitali, cancellando circa 19-20 miliardi di dollari in posizioni a leva. Il crollo è stato aggravato da gravi guasti sistemici nelle infrastrutture dei mercati crypto, in particolare dal blocco del motore di trading su Binance.
I danni sono stati ingenti: il crash ha cancellato quasi tutti i guadagni accumulati nel 2025. Bitcoin ha chiuso il mese in calo del -4%, mentre Ethereum (ETH) ha perso l’8%. I settori più rischiosi sono stati decimati: l’indice MarketVector Decentralized Finance (DeFi) Leaders è crollato del -21,84%, e il Meme Coin Index del -18,24%.

Fonte: Elaborazione Moneyfarm
Binance Coin (BNB) ha registrato una performance positiva, ma con una volatilità estrema, caratterizzata da una rapida successione di rialzi e ribassi di circa il ±15%, superando di gran lunga i livelli di volatilità tipici del mercato crypto. La settimana dell’annuncio è stata difficile per l’intera asset class, con il Bitcoin che ha perso quasi il 9%. Tuttavia, come mostrato nel grafico sottostante, ha poi evidenziato una maggiore stabilità nei giorni successivi.

Correlazioni rilevanti
La correlazione con i principali fattori macroeconomici resta debole. Il legame di Bitcoin con asset tradizionali come l’oro o con la politica monetaria statunitense non risulta significativo. Il calo del Bitcoin è cominciato a inizio ottobre, quando la narrativa sulla politica monetaria era ancora “dovish” (accomodante), ed è proseguito anche quando il tono si è fatto più restrittivo verso fine mese, dopo il cambio di direzione della Federal Reserve (Fed).
L’attenzione degli investitori e dei trader crypto è rimasta concentrata soprattutto sulla volatilità indotta dagli annunci di Trump. In generale, risulta ancora difficile inquadrare Bitcoin all’interno delle asset class tradizionali.

Il quadro macro
Il blocco dell’attività del governo statunitense ha impedito agli investitori di accedere a molti dati economici, generando prudenza. I dati alternativi continuano a segnalare debolezza del mercato del lavoro e rallentamento dell’attività economica, mentre l’inflazione resta motivo di preoccupazione.
Lo “shutdown” avrebbe dovuto offrire uno scenario ideale per Bitcoin, rafforzando la narrativa della “protezione contro la svalutazione”, ma è stato completamente oscurato dalla volatilità innescata da Trump, che ha causato il crollo del mese.
Anche la riunione della Fed è stata percepita come tendenzialmente negativa per gli asset rischiosi, sebbene l’annuncio separato della fine del Quantitative Tightening (QT), ovvero la riduzione della liquidità in circolazione da parte della banca centrale, sia stato accolto con un cauto ottimismo.
In generale, come mostrano le correlazioni, il mercato fatica ancora a trovare un legame stabile e coerente tra gli sviluppi macro e il prezzo del Bitcoin.
Il quadro micro
Sul fronte dei dati on-chain – cioè quelli registrati direttamente sulla blockchain e utili per analizzare i movimenti reali degli investitori – continua il braccio di ferro: molti analisti attribuiscono il crollo a posizionamenti di breve periodo e chiusure di derivati più che a cambiamenti fondamentali.
Rimane invece intatta la narrativa del “supply squeeze” di lungo periodo, cioè la riduzione della quantità di Bitcoin disponibile sul mercato. Le riserve totali di BTC sugli exchange centralizzati sono infatti scese ai minimi pluriennali, pari a 2,4 milioni di unità – un segnale che molti investitori stanno accumulando Bitcoin invece di venderli, riducendo così la pressione di vendita.
D’altra parte, i dati della piattaforma di analisi on-chain Glassnode mostrano una “distribuzione costante dei detentori di lungo periodo (LTH)”, con questi ultimi che “vendono sulla debolezza” da luglio, riducendo le proprie riserve di circa 300.000 BTC – un segnale di “stanchezza e minore convinzione” tra gli investitori più esperti.
Considerando i flussi in ingresso negli ETP istituzionali (strumenti quotati simili agli ETF che replicano l’andamento di un asset), le vendite dei LTH e il calo delle riserve sugli exchange, è probabile che le monete stiano passando dalle piattaforme di scambio ai custodi e ai market maker.
Questa transizione riflette la crescente istituzionalizzazione del mercato, con l’ecosistema degli ETP destinato ad alimentare la prossima fase di integrazione con la finanza tradizionale (TradFi).
Regolamentazione
Sul fronte normativo, ottobre ha segnato una svolta pro-industria negli Stati Uniti. Michael Selig è stato nominato alla guida dell’agenzia di settore, la Commodity Futures Trading Commission (CFTC); Paul Atkins, il nuovo presidente della SEC – l’autorità americana che vigila sulla borsa e i mercati finanziari, equivalente della Consob italiana – ha lanciato il “Project Crypto” per creare un quadro regolatorio adeguato e porre fine alle dispute di competenza; e il Senato ha avviato la redazione di un disegno di legge completo sulla struttura del mercato delle criptovalute.
Elemento cruciale: il Tesoro e l’IRS (l’agenzia fiscale statunitense) hanno autorizzato gli ETP crypto a mettere in staking – cioè bloccare temporaneamente gli asset per contribuire alla sicurezza della rete – gli asset sottostanti (come ETH) e a trasferire tali ricompense agli investitori, eliminando uno svantaggio competitivo rispetto all’Europa, dove questa pratica è già consentita.
In Europa si sono registrati sviluppi anche nel Regno Unito, che dall’8 ottobre ha revocato il divieto per i piccoli investitori di acquistare crypto Exchange-Traded Notes (cETN). Questi prodotti, inizialmente legati a Bitcoin ed Ether, sono classificati come “Investimenti di massa a rischio limitato”, con rigorose tutele per i consumatori: valutazioni di adeguatezza obbligatorie, classificazione del cliente, periodi di riflessione e divieto di incentivi all’investimento.
I flussi
I flussi d’investimento di ottobre hanno mostrato un andamento misto, con gli investitori che sembrano aver colto le opportunità di acquisto offerte dai ribassi del mese.
In Europa i flussi sono rimasti sostanzialmente stabili, mentre negli Stati Uniti si è osservata una leggera ripresa, seppur su livelli molto inferiori rispetto ai picchi registrati durante l’estate.

Il nostro approccio
In Moneyfarm continuiamo a seguire con attenzione lo sviluppo del mercato crypto. Nei nostri portafogli offriamo esclusivamente esposizione a Bitcoin: una scelta legata al suo ruolo unico in un portafoglio multi-asset, grazie a caratteristiche come offerta limitata e decentralizzazione, che lo rendono complementare rispetto all’universo tradizionale investibile.
Non escludiamo, in futuro, di ampliare l’esposizione ad altri asset legati alla finanza decentralizzata. Per ora, la nostra priorità resta quella di monitorare l’evoluzione del settore, valutando con attenzione se e quando sarà opportuno ampliare l’universo investibile nel mondo delle criptovalute.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.





