Siamo di fronte alla fine della stretta monetaria? Fed e Bce potrebbero pensare di ammorbidire la presa sull’inflazione? Risposte non semplici da dare. Le ultime dichiarazioni fatte potrebbero far propendere per questa nuova dinamica. O meglio sulla possibilità di mettere in pausa il ciclo di rialzi e azionarli solo quando si rende veramente necessario. La ricerca dell’equilibrio, tra la lotta all’inflazione e le conseguenze di una stretta monetaria di lungo periodo sull’economia, è dunque la nuove sfida delle banche centrali.
Certo è che l’incertezza economica la fa ancora da padrona. Sicuramente ci sono stati dei segnali di ottimismo, confermati anche dalle prospettive di crescita migliorate in tutte le regioni. Tuttavia però i responsabili politici, le famiglie e le imprese non riescono ancora a tirare un sospiro di sollievo perché devono continuare ad affrontare le persistenti pressioni legate all’inflazione e alle scelte di politica monetaria restrittive. Le ultime crisi bancarie, partite dagli Usa, hanno dato dei forti scossoni al sistema finanziario e si sono riverberate anche nel vecchio continente con la crisi di Credit Suisse, il suo selvaggio, e l’incertezza di Deutsche Bank. Situazione che nei mesi passati non ha modificato la politica della Fed e della Bce che hanno continuato ad alzare i tassi per combattere l’inflazione. Anche a maggio le due Banche Centrali hanno confermato le loro politiche economiche. La Fed ha aumentato il costo del denaro di 25 punti base con il decimo rialzo consecutivo, portando i tassi tra il 5% e il 5,25%, il livello più alto dal 2007. La Banca Centrale ha però indicato che potrebbe mettere in pausa il ciclo di rialzi, pur riconoscendo che il livello di inflazione rimane elevato. Il forte aumento dei tassi, i segnali di rallentamento dell’inflazione e le recenti pressioni sul sistema bancario americano stanno infatti probabilmente pesando sulle valutazioni dei membri della Fed. Tuttavia la Banca Centrale americana ha lasciato la porta aperta ad ulteriori rialzi, qualora li ritenesse necessari.
Attenzione ai dissensi: Jerome Powell è alle prese con alcune divergenze tra i suoi colleghi su come combattere un’inflazione troppo alta, soppesando anche le ricadute della crisi bancaria, una possibile recessione entro la fine dell’anno e il rischio di default del debito. Ricordiamo infatti che il segretario al Tesoro americano, Janet L.Yellen, ha richiamato il Congresso ad agire il prima possibile per aumentare o sospendere il limite del debito in modo da fornire la certezza a lungo termine che il governo continui ad effettuare i pagamenti. Gli Stati Uniti tecnicamente hanno infatti già raggiunto il limite di debito di 31,4 mila miliardi di dollari a gennaio, costringendo il Dipartimento del Tesoro a metter in atto ulteriori manovre contabili per consentire al governo di continuare a far fronte ai suoi impegni con gli obbligazionisti che possiedono debito pubblico.
Il nostro punto di vista anche su Reuters, nelle parole di Richard Flax, CIO: leggi qui
Bce: l’Ue e l’inflazione che galoppa
La Bce non è stata a guardare e infatti ha deciso di continuare ad alzare i tassi di interesse, per combattere l’inflazione, di 25 punti base, apparentemente in linea con la decisione della Fed. Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale è quindi salito al 4%, quello sui depositi al 3,25% e quello sulle operazioni di rifinanziamento principali al 3,75%. Si tratta del settimo rialzo consecutivo che arriva sulla scia di un’inflazione ancora persistentemente alta nell’Eurozona: ad aprile l’inflazione headline è risalita per la prima volta in sei mesi al 7%, anche se la componente core è scesa al 5,6% per la prima volta dal giugno 2022. Focus Italia non dimentichiamoci dell’inflazione che è tornata a crescere. Una notizia non positiva che certifica un aumento dello 0,5% su base mensile e dell’8,3% su base annua. Aumento è legato principalmente all’aumento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati che come evidenzia l’Istat sono cresciti dal 18,9% al 26,7%. La Bce è dunque consapevole del fatto che le banche dell’Eurozona hanno ridotto in modo significativo l’accesso al credito, il che suggerisce che ci sarà un impatto sull’economia e sui consumatori. Dato che il Fmi stima che l’inflazione non raggiungerà il target della Bce del 2% fino al 2025, la Banca Centrale dovrà intraprendere una delicata azione di bilanciamento, tra un’inflazione che continua ad essere ostinata, e le conseguenze sull’economia.
E all’estero?
- L’autorità di regolamentazione finanziaria britannica propone modifiche significative alle regole dell’Ipo per competere meglio con New York e gli hub asiatici. La FCA vuole sostituire le sue categorie di quotazione premium e standard per rendere più facile per le società avere due classi di azioni. Ma ha affermato che qualsiasi riduzione delle regole ridurrebbe le protezioni degli investitori e ciò richiede un dibattito pubblico più ampio.
- La Banca Centrale della Svezia ha alzato i tassi di interesse dello 0,5% portandoli al 3,5 per cento, in linea con le previsioni di mercato. L’inflazione sottostante nel Paese, pari all’8,9%, pur in diminuzione, resta al di sopra dell’obiettivo del 2% dell’istituto centrale che teme possa rimanere elevata più a lungo di quanto attualmente previsto.
- La Banca Centrale australiana ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base, portandoli al 3,85%. Mossa inattesa che però l’istituto ha portato avanti perché l’inflazione è ancora troppo elevata (7%).
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