L’ascesa dell’IA riaccende il dibattito sulla bolla

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Il tema dell’Intelligenza Artificiale (IA) come possibile “bolla” ha dominato il dibattito tra gli investitori negli ultimi mesi. Non riteniamo che ci si trovi in quella fase, ma esistono elementi che vale la pena osservare con cautela.

Che cos’è una bolla?

La definizione classica di bolla è un periodo in cui i prezzi degli asset (come le azioni) salgono ben oltre un presunto “valore intrinseco”. Fin qui tutto bene, ma non si tratta sempre di una definizione utile nella pratica. Dopotutto, cosa vuol dire davvero “valore intrinseco”, soprattutto per asset come le azioni, dove il prezzo riflette aspettative future?

Se guardiamo ai periodi storici definiti “bolle”, possiamo individuare alcune caratteristiche comuni. Una nuova tecnologia emerge con un potenziale di cambiamento significativo. Investitori e aziende si entusiasmano. Si cerca di individuare in anticipo i potenziali vincitori – aziende o interi settori – e il capitale confluisce in quella direzione. Le aspettative continuano a crescere e sempre più denaro affluisce nel settore. Le valutazioni salgono, così come le aspettative. Alla fine l’entusiasmo lascia spazio alla realtà, spesso perché una massa enorme di capitale si concentra su opportunità troppo ristrette. Le aspettative calano, i prezzi degli asset scendono, alcune aziende spariscono e la “bolla” si sgonfia.

Periodi comunemente considerati “bolle” includono: l’espansione delle ferrovie statunitensi nel XIX secolo, quando l’entusiasmo per una nuova infrastruttura rivoluzionaria portò a un eccesso di costruzioni e fallimenti bancari; il boom delle telecomunicazioni e della fibra ottica negli anni ’90, alimentato dall’idea che la domanda sarebbe esplosa immediatamente, spingendo le aziende a investire troppo e troppo in fretta; e la bolla di internet tra la fine degli anni ’90 e il 2000, quando le società “dot-com” venivano valutate su promesse future senza utili reali.

Vale la pena sottolineare che “bolla” non significa che la tecnologia sia fallita o irrilevante, ma che le aspettative – soprattutto sulla scala e, in particolare, sui tempi di adozione – erano state troppo ottimistiche.

L’IA nei mercati di oggi

C’è molto hype intorno al tema dell’Intelligenza Artificiale: continua a dominare il dibattito sugli investimenti e i titoli di giornale. Investitori e policy maker sperano che l’IA aumenti la produttività e stimoli la crescita economica. I capitali allocati nel settore sono enormi, tanto da sollevare domande su come questi investimenti verranno finanziati

Una stima indica che tra il 2025 e il 2029 potrebbero essere investiti fino a 3.000 miliardi di dollari in data centre per l’IA. L’espansione dei data centre per l’AI è talmente ampia da riflettersi persino nei dati macroeconomici, sostenendo la crescita dell’economia statunitense.

ChatGPT, secondo il suo CEO Sam Altman, conta 800 milioni di utenti settimanali e questo dato raddoppia ogni otto mesi. Le strategie IA vengono definite e implementate nei board aziendali in tutto il mondo, e le azioni delle società che beneficiano del boom IA – in particolare Nvidia – sono cresciute rapidamente negli ultimi anni.

Tutte queste aspettative si riflettono nei mercati azionari. Il grafico seguente mostra la forte sovraperformance del settore tecnologico globale (linea scura) rispetto all’azionario globale nell’ultimo decennio.

Il grafico qui sotto, invece, mostra il rapporto Prezzo/Utili forward dell’S&P 500 negli ultimi trent’anni. Si tratta di una metrica che confronta i prezzi attuali delle azioni con gli utili attesi nei prossimi 12 mesi: più è alto, più il mercato sta pagando “in anticipo” sulla crescita futura.

Su questa base, il mercato azionario statunitense si sta avvicinando alle valutazioni viste nel 2021 e nel 1999/2000. È lecito affermare che gli investitori sono decisamente ottimisti riguardo il futuro.

Ma è abbastanza per parlare di bolla? Il grafico qui sotto mette a confronto il settore tecnologico globale con il mercato azionario globale. Questo settore va oltre la sola AI e include molte delle principali big tech quotate negli Stati Uniti. La linea scura mostra la valutazione relativa del tech globale rispetto all’azionario globale, cioè quanto il settore tecnologico è più (o meno) costoso rispetto al resto del mercato. La linea chiara mostra gli utili passati (trailing earnings) delle tech rispetto al resto del mercato. 

Nel tempo, la valutazione relativa del settore tech è aumentata perché gli utili sono cresciuti più velocemente rispetto al resto del mercato. Questo non era il caso durante la bolla di internet del 1999/2000: come mostra il grafico, allora l’ottimismo degli investitori non era sostenuto da una reale crescita degli utili, ma si basava soprattutto su aspettative future, che si sono concretizzate solo nei due decenni successivi.

Vale la pena notare che, almeno in questo grafico, le due linee hanno iniziato a divergere: un segnale che potrebbe riflettere una maggiore fiducia negli utili futuri del tech globale.

Un’ondata di investimenti

Osservando il Return on Equity (ROE) – una metrica ampia della redditività aziendale – si può inoltre notare che il settore tecnologico americano ha performato bene. Il grafico qui sotto mostra il ROE del settore tech Usa rispetto al resto del mondo. Il divario tra i due è cresciuto costantemente negli ultimi quindici anni, anche se un simile scarto era visibile durante la bolla di internet. 

L’aumento del ROE nel settore tech Usa mostra chiaramente che gli investitori non hanno puntato solo sulle aspettative: gli utili sono cresciuti rapidamente e i rendimenti generati da queste aziende sono elevati e in ulteriore aumento.

La vera incognita è se questa dinamica potrà continuare anche dopo l’ondata di investimenti attualmente in corso.

È possibile quindi affermare che i fondamentali restano solidi, anche se le valutazioni sono superiori alle medie di lungo periodo. Ciò potrebbe tradursi in rendimenti futuri più contenuti, ma non rappresenta necessariamente una “bolla”. 

Guardando al futuro, la vera questione è se tutti gli investimenti effettuati dalle big tech riusciranno a generare ritorni adeguati. Come abbiamo visto, le cifre in gioco sono enormi. La buona notizia è che molte di queste aziende producono ingenti flussi di cassa e possono finanziare internamente una parte significativa degli investimenti. Inoltre, è probabile che riescano a coinvolgere partner esterni per coprire la quota restante.

Tuttavia, disporre della liquidità necessaria non garantisce che l’investimento genererà valore. A nostro avviso, la vera incognita è sul fronte della domanda: se risultasse più debole del previsto, queste aziende si ritroverebbero con asset (come i data centre) poco redditizi. Questo si rifletterebbe in una crescita degli utili inferiore alle attese e in un calo del ROE.

Sarebbe coerente con quanto visto in passato: troppo capitale che insegue troppe poche opportunità. Finora riteniamo che la domanda resti solida: nel secondo trimestre la crescita degli utili del settore tech Usa è stata robusta e le ultime indicazioni provenienti dalla supply chain tecnologica – in particolare da TSMC, il principale produttore mondiale di semiconduttori per conto terzi – suggeriscono che la domanda è rimasta elevata anche nel terzo trimestre.

Ci sono però alcuni segnali da monitorare – in particolare alcuni accordi complessi che di fatto funzionano come vendor financing, cioè situazioni in cui le società tecnologiche forniscono direttamente le risorse necessarie ai clienti per acquistare i loro prodotti.

Dove ci porta tutto questo?

L’attuale contesto presenta alcune somiglianze con le bolle del passato: una tecnologia potenzialmente dirompente, ingenti investimenti e aspettative molto elevate. Tuttavia, è importante sottolineare che la domanda sottostante appare solida, la redditività rimane elevata e la maggior parte delle aziende quotate coinvolte in questa trasformazione genera ampi flussi di cassa. In base ai loro piani di investimento, ne avranno sicuramente bisogno.

Per il momento, riteniamo che la tesi di una bolla dell’AI non sia supportata dai dati. Tuttavia, le aspettative rimangono molto elevate.

Sarà quindi fondamentale monitorare l’andamento della domanda per capire se l’adozione dell’IA continuerà a crescere e se i cosiddetti “hyperscaler” – le grandi piattaforme tecnologiche globali in grado di operare su scala enorme – riusciranno a riflettere questa crescita anche nei loro utili.

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