Da Fukushima alla green economy, il rilancio del Giappone

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Tre anni dopo il disastro nucleare, il Paese pensa all’energia pulita.

Con l’economia in lenta ma progressiva ripresa il Paese del Sol Levante cerca la svolta energetica per uscire definitivamente dalla crisi economica. E la risposta potrebbe chiamarsi green economy, considerati i costi energetici attuali e le gravi conseguenze che ancora aleggiano in Giappone dopo il dramma nucleare di Fukushima.

Infatti le misure di politica economica varate dal governo, improntate essenzialmente sul quantitative easing (operazioni delle banche centrali al fine di stimolare l’economia) e sul target d’inflazione fissato al 2%, non sono state sufficienti per dare fiato ad un’economia che si è trovata d’un tratto a dipendere energeticamente dai Paesi confinanti, rallentandone la crescita.

Da un punto di vista meramente tecnico, lo sviluppo dell’economia nipponica potrebbe passare attraverso il risveglio dei reattori nucleari ma dovrebbe, al tempo stesso, passare sopra la mentalità ecofriendly-oriented della popolazione, ormai divenuta forte sostenitrice della green economy dopo lo scoppio della centrale nucleare a Fukushima.

Dalle conseguenze socio-economico-ambientali di Fukushima è pertanto arrivato il piano del Primo Ministro Shinzo Abe: lo smantellamento di tutte le centrali nucleari entro i prossimi trentacinque anni e l’installazione di un mercato verde entro il 2020.

Il progetto ambizioso è supportato da diversi investimenti esteri ed è prevista, secondo un’analisi Bloomberg, una crescita esponenziale del mercato eolico off-shore nipponico.

La promozione dell’energia pulita verrà poi sponsorizzata dalla fiera World Smart Energy Week, prevista per Settembre a Osaka. L’evento vedrà la partecipazione di occidentali e non, interessati a investire in Giappone in eolico e fotovoltaico, dando un aspetto sempre più green al Paese.

Ad oggi, tuttavia, l’attuale disponibilità energetica non è sufficiente a coprire eventuali rischi di black-out potenzialmente estesi nel territorio di Osaka e Kyodo.

Ne è ben consapevole Shinzo Abe: dopo aver attivato due centrali nel 2012, in autunno è previsto il risveglio di ulteriori reattori definiti “sicuri” dall’autorità di regolamentazione dell’industria atomica (Nra), responsabile della vigilanza dei cinquanta impianti distribuiti in tutto il Paese.

Nonostante le proteste della popolazione, il fine ultimo è quello di ridurre la dipendenza energetica da Medio Oriente e Sudest asiatico.

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