Rischio di cambio: cos’è e come si gestisce?

Il rischio di cambio è uno dei vari rischi associati agli investimenti. Il rischio di cambio è legato alla denominazione valutaria degli asset che inseriamo nel nostro portafoglio. Quando si acquistano titoli denominati in un’altra valuta, come per esempio obbligazioni statunitensi denominate in dollari, le fluttuazioni del valore del dollaro hanno una conseguenza diretta sul valore dei nostri investimenti che restano sempre denominati in valuta locale.

☝️A cosa è legato? È legato al tipo di valute dei prodotti finanziari che inseriamo nel portafoglio
⚠️Principali particolarità del mercato valutario Stabile ma difficile prevederne l’andamento
😊 È possibile diminuire il rischio? Sì, diminuendo la propria esposizione a strumenti esteri
💵 Ha senso investire in valute estere? Sì, quando questi investimenti sono inseriti all’interno di un portafoglio diversificato

Se il dollaro si rafforza rispetto alla nostra valuta locale, per esempio, il valore dei nostri investimenti denominati in valuta locale cresce, perché quando andremo a venderli serviranno piú Euro per acquistare gli stessi asset. Al contrario, se il valore del dollaro si indebolisse rispetto alla valuta locale, servirebbero meno Euro per acquistare lo stesso valore nominale di asset.

Il mercato valutario è relativamente stabile per quanto riguarda le valute principali, ma può essere anche molto complicato da prevedere. Detto questo il rischio, valutario, come tutti i principali rischi finanziari, è sia un rischio, sia un’opportunità.

Quando si costruisce una strategia di investimento globale, esporsi a varie valute permette:

  • Di tutelarsi in determinate situazioni di mercato, come per esempio crisi localizzate che colpiscono una valuta in particolare. Un tipico esempio di questa dinamica è la recente crisi ucraina, con il calo degli investimenti europei che ha determinato un rafforzamento del dollaro che ha protetto gli investitori che avevano nel portafoglio asset denominati in divisa statunitense.
  • A tutelare il proprio patrimonio dall’inflazione e da eventuali svalutazioni della propria valuta domestica. Tenere tutto il proprio patrimonio in una sola valuta non è infatti una buona idea da un punto di vista della gestione del rischio di cambio.

Come gestire  il rischio di cambio?

Ottenere una corretta esposizione valutaria all’interno di un portafoglio, che sia in grado di gestire il rischio di cambio,  è una delle sfide dell’asset allocation. Quando si investe in un portafoglio di investimento globale, si pone infatti il problema di decidere come affrontare il rischio di cambio.

Nella maggior parte dei casi gli strumenti in valuta estera, come per esempio le azioni dei paesi emergenti o dei titoli di Stato americani, sono denominati in valuta straniera.

Un investitore che volesse comprare questi titoli e che non avesse già in cassa riserve di valuta straniera con cui acquistare questi strumenti, si troverebbe dunque di fronte a due strade:

  • La prima opzione è quella di acquistare i titoli stranieri con propria valuta locale. Questo ovviamente implica un cambio di valuta al momento dell’acquisto, perché i titoli che si vanno a comprare restano denominati in valuta estera. Quando si investe, dunque, è come se si cambiasse il proprio denaro nella valuta straniera, così da poterli acquistare. L’investimento resterà però denominato nella valuta locale dell’investitore: questo vuol dire che un cambio del tasso di cambio tra le due valute avrà un effetto diretto sul valore dell’ investimento.
  • Acquistare strumenti esteri che incorporano una protezione (hedging) dai cambiamenti del tasso di cambio. La valuta in cui si effettua l’investimento è sempre quella locale dell’investitore, ma in questo caso gli strumenti esteri incorporano una protezione dal rischio di cambio. Questo vuol dire che l’andamento di questi strumenti replica quello che otterrebbe un investitore che investe comprando gli strumenti nella valuta in cui sono denominati.

Ovviamente le variazioni del tasso di cambio, andando a influire direttamente sulla performance, possono costituire un rischio e un’opportunità. In questo articolo proveremo a illustrare la nostra visione sulla gestione del rischio di cambio. Ci concentreremo principalmente sul cambio Euro-Dollaro, che poi è quello che interessa di più la maggior parte degli investitori, essendo l’Euro la valuta domestica e il dollaro la valuta principale dei mercati finanziari internazionali.

Che cos’è il rischio di cambio? E perché può essere un’opportunità? Un esempio.

Quali sono gli effetti di mutamenti del tasso di cambio sulle valute? In altre parole, in cosa consiste il rischio valutario? Ecco un esempio su come funziona il rischio di cambio, per aiutarti a capire.

Immagina un investitore residente in Italia, che investisse in Euro. Acquistare dei titoli statunitensi creerebbe un’esposizione considerevole rispetto al Dollaro per via del grande peso che la divisa statunitense ha sui mercati globali. Ciò vuol dire che se il dollaro perde di valore nei confronti dell’Euro gli investimenti in dollari perderanno di valore con esso, e viceversa, se il Dollaro si rafforza si avrà un effetto positivo sulla valutazione degli strumenti in dollari.

Evidentemente il rischio valutario (come ogni rischio) è un’arma a doppio taglio: esso può condizionare negativamente la performance ma può anche portare rendimento extra, a seconda della direzione in cui andrà il tasso di cambio. La sfida per l’investitore è dunque quella di trovare l’esposizione valutaria migliore per ottimizzare il rapporto rischio/rendimento del proprio investimento.

Trovare la corretta esposizione valutaria

Data la natura ambivalente del rischio valutario, la soluzione più semplice, per chi scegliesse la diversificazione globale come strada per generare profitti, è quella della proporzionalità. Ciò vuol dire considerare il peso della capitalizzazione di mercato delle varie aree geografiche – con relative valute – rispetto ai mercati finanziari globali e optare per una distribuzione proporzionale 1 a 1. Così, se l’azionario denominato in dollari rappresentasse il 50% dell’azionario globale, il nostro portafoglio di azioni sarebbe per metà denominato in dollari.

Ovviamente la questione non è così semplice, compito dell’asset allocation è quello di porre dei correttivi all’esposizione proporzionale, per evitare che i rendimenti dei portafogli siano penalizzati, oppure che l’investimento faccia registrare troppa volatilità rispetto al livello desiderato dall’investitore.

Come proteggersi dal rischio di cambio

Ci sono molti modi per proteggersi dal rischio di cambio. Si può scegliere di diminuire la propria esposizione a strumenti esteri. Esistono poi soluzioni di investimento che incorporano delle protezioni dai movimenti del tasso di cambio, anche per quanto riguarda gli Etf. Queste soluzioni comportano dei costi extra per l’investitore. Ciò che è importante capire è che per operare una di queste strategie di protezione dal rischio di cambio, è necessario avere un buon motivo per credere che essa ci porterà dei vantaggi. Bisogna poi ricordarsi che il fattore valutario non è l’unico fattore da tenere in considerazione, bisogna pesare l’importanza di tutti i vari fattori quando si operano delle scelte di asset allocation. Per esempio, sacrificheresti l’esposizione geografica per limitare l’esposizione valutaria? Quando si decide di avere un approccio più tattico e cercare di aumentare i profitti facendo market timing sulle valute nell’ambito di una strategia multi-asset, bisogna saper motivare la decisione di fare tattica sulle valute e non su altri fattori.

Una delle principali ragioni per cui è sensato discostarsi, in una qualche misura, dalla distribuzione proporzionale è il controllo della volatilità. Per contenerla, è normale concentrarsi un po’ di più sulla valuta domestica, specialmente per i profili di rischio più basso.

Rischio valutario: rischio o opportunità?

Quindi, una volta individuata l’esposizione ottimale, come reagire ai mutamenti del tasso di cambio? Provare a inseguirli, cercando di anticipare i mercati o optare per un atteggiamento di neutralità? Ovviamente le risposte che si possono dare a questa domanda sono molteplici. A nostro avviso, bisogna tenere in considerazione che, nel lungo termine, l’effetto del tasso di cambio tra le valute dei paesi sviluppati tende a bilanciarsi o comunque a essere piuttosto limitato, come si può apprezzare dal grafico. Come si può vedere i rendimenti dell’azionario globale espressi in Dollari o in Euro (valuta domestica) tendono a coincidere.

L’esposizione valutaria è quindi un problema di natura ambivalente o intermittente: può penalizzare l’investire, come può premiarlo. A seconda del momento di mercato, ridurre la quota di moneta straniera nel nostro portafoglio potrebbe considerarsi come una riduzione del rischio valutario o come una distorsione (un home bias) nei confronti della valuta domestica.

Visto la tendenza del tasso di cambio a compensarsi nel lungo termine, riteniamo in questo momento che la diversificazione valutaria con gli opportuni correttivi per limitare la volatilità, resta – insieme alla diversificazione geografica – un’opzione efficiente per l’investitore.

Proteggersi dal rischio di cambio: le strategie di hedging

Una delle soluzioni più comuni per proteggersi dal rischio di cambio è l’acquisto di strumenti che incorporano un protezione dal tasso di cambio. Questi strumenti hanno come scopo quello di replicare la performance che avrebbe ottenuto un investitore in valuta locale, offrendo quindi uno “scudo” nei confronti degli improvvisi movimenti del prezzo di scambio tra le diverse valute.

L’utilizzo di questi strumenti può servire a limitare l’esposizione valutaria e a limitare la volatilità dei portafogli, ma gli strumenti che incorporano una protezione (hedge) hanno di solito un livello di complessità maggiore e questo va ovviamente tenuto in considerazione quando si vanno a inserire nel proprio portafoglio.

Nella maggior parte dei casi la protezione è garantita attraverso l’acquisto di strumenti derivati. Le due strategie di hedging più comuni sono quelle che prevedono l’utilizzo di contratti forward o dei contratti di opzione. I contratti forward sono dei contratti che impegnano all’acquisto di un bene o di uno strumento finanziario a un determinato prezzo nel futuro. Questo vuol dire che l’acquisto avverrà indipendentemente dalle variazioni del prezzo. I contratti di opzione, invece, garantiscono a chi li stipula il diritto di acquistare un bene a un determinato prezzo. Acquistare strumenti hedged vuol dire, in un certo senso, stipulare un’assicurazione, garantendo il diritto di acquistare valuta a un determinato prezzo nel futuro e tutelandosi in cambio di un deprezzamento degli investimenti legato al cambio. La complessità di questi strumenti comporta però maggiori costi di gestione, ma non solo.

La dinamica di premio/sconto degli strumenti hedged

La replica degli strumenti protetti rispetto a quelli in valuta domestica non è perfetta. Per quanto riguarda investitori europei che investissero, per esempio, in strumenti azionari in dollari che incorporano una protezione, è stato calcolato che storicamente gli strumenti protetti pagano in termini di performance rispetto agli strumenti non protetti. Come si può apprezzare dal grafico, la linea azzurra (NXUS) rappresenta il rendimento che avrebbe ottenuto un investitore statunitense investendo sull’azionario americano, mentre la linea rosa (MDUSHEUR) rappresenta il rendimento che avrebbe avuto un investitore europeo investendo sulla stessa asset class attraverso strumenti protetti. Come si può notare, nel tempo si verrebbe a creare una divergenza tra la performance dei due investimenti (premio). Questa è determinata soprattutto dalla crescita del differenziale tra i tassi di interessi Usa e i tassi di interessi europei (linea gialla), uno dei parametri su cui si basano i derivati che servono a garantire la protezione. Più il differenziale aumenta, più l’extra costo per garantirsi la protezione dal tasso di cambio dell’investitore europeo tende a crescere (area rossa).

Ovviamente non si tratta di una relazione univoca. La crescita del differenziale, per converso, avrebbe dato un extra rendimento (premio) all’investitore americano che avesse scelto azioni europee protette dal tasso di cambio. Il differenziale poi potrebbe cominciare a pendere a favore dei tassi europei, trasformando in futuro l’extra costo della protezione in un rendimento extra. Tuttavia, questa prospettiva non sembra molto probabile nel breve-medio termine.

Quando vale la pena proteggersi

La dinamica premio/sconto, soprattutto per chi investisse nel lungo termine, ha un peso piuttosto rilevante. L’hedging dei prodotti finanziari, dunque può rappresentare un costo o una fonte di ritorno a seconda della dinamica dei tassi. Chi si trovasse, partendo da una situazione di tassi bassi, ad acquistare strumenti hedged domiciliati in un Paese caratterizzato tassi a lungo termine più alti, quindi con differenziale alto, – questo è il caso degli Stati Uniti in questo momento e prevediamo che resti lo stesso nel breve/medio termine – si troverà a pagare un costo in termini di rendimento, indipendentemente se la scelta di proteggere il proprio investimento sia premiata o no dalla dinamica del tasso di cambio.

Per sintetizzare, quando si compone l’asset allocation, prima di prevedere strumenti hedged bisogna avere una visione sul movimento del tasso, che potrebbe anche premiare l’investitore che investe senza protezione (e che comunque, come abbiamo spiegato l’ultima volta, tende a riequilibrarsi nel lungo periodo). In secondo luogo bisogna valutare se il costo della protezione è un sacrificio che vale la pena fare nell’ambito della strategia generale. Vale la pena sacrificare del rendimento per correggere l’esposizione valutaria del proprio investimento? A volte sì, a volte no.

I potenziali fattori di rischio che possono influenzare l’andamento del nostro investimento sono moltissimi. Compito dei gestori è saper trovare un equilibrio tra i vari fattori per individuare la soluzione più efficace per far crescere il capitale nel limite dei livelli di rischio-obiettivo. Acquistare strumenti hedged è una scelta assolutamente legittima, ma crediamo che si debba prendere solo se debitamente ponderata nell’ambito di una strategia organica.

Domande frequenti

Cosa si intende per rischio valutario per un ETF?
Il rischio valutario di un ETF riguarda il rischio intrinseco in cui incorriamo tutte le volte che compriamo un bene o un servizio in valuta estera

Quando si configura il rischio di cambio?
Il rischio di cambio si ha quando c’è una variazione del rapporto di valore di cambio tra due valute diverse per esempio il dollaro e l’euro

Come proteggersi dal cambio valuta?
Ci sono diversi modi ma ad esempio possiamo scegliere di diminuire la nostra esposizione a strumenti esteri

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*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.