Mantenere il sistema bancario in equilibrio e l’inflazione sotto controllo. Questi i due compiti principali delle Banche Centrali, che in questo preciso momento storico richiedono molti sforzi. Da una parte abbiamo l’inflazione che non molla la presa, ed è ben lontana dal normalizzarsi, e dall’altra le recenti difficoltà del sistema bancario globale.
E’ un cane che si morde la coda.
La Fed e la Bce nel corso dell’ultimo anno hanno continuano ad aumentare i tassi di interesse per combattere in modo energico l’inflazione ma questo ha, come tutte le scelte, anche dei lati oscuri che sono ricaduti sulle banche che si sono ritrovate con un costo del denaro più caro e gli investitori più propensi al risparmio. Un taglio dei tassi di interesse sicuramente ridarebbe fiato al sistema bancario, ma dall’altra parte stimolerebbe l’economia e di conseguenza anche l’inflazione. Si tratta dunque di capire in quale battaglia ci si vuole impegnare maggiormente, non tralasciando la seconda.
Una situazione, dunque, di non facile gestione che però la Fed e la Bce stanno affrontando in modo energico. Le ultime decisioni hanno infatti sottolineato come entrambe le Banche Centrali non vogliono mollare la presa sull’inflazione. Questa è la battaglia principale.
L’azione di proseguire senza deviazioni nella politica dei continui rialzi dei tassi di interesse deve dunque essere letta in questa chiave anche perché come hanno sottolineato Bce e Fed la strada per riportare l’inflazione al 2% è ancora lunga ed accidentata per tirare il freno a mano proprio ora.
Decisioni che hanno tenuto sulle spine fino all’ultimo gli investitori: come hanno reagito i mercati? Andiamo ad analizzare i passi fatti dalle due Banche Centrali.
Bce
Nonostante il terremoto di SVB e Credit Suisse, la Bce ha deciso di confermare l’innalzamento dei tassi di interesse di mezzo punto percentuale, dato che il focus rimane la lotta all’inflazione che viene stimata si collocherà al 5,3% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025.
“Di una cosa si può essere certi: conseguiremo la stabilità dei prezzi e non transigiamo sull’impegno a riportare l’inflazione al 2% nel medio termine. A tal fine seguiremo una strategia solida, che si fonda sui dati e ci vede pronti ad agire, ma senza compromessi riguardo al nostro obiettivo primario“. Queste le ultime parole di Christine Lagarde, Presidente della Banca centrale europea.
La situazione bancaria internazionale non lascia indifferente la Bce che ha spiegato di essere pronta ad intervenire per preservare la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria nell’area dell’euro, nel caso si rendesse necessario. Il settore bancario dell’area dell’euro è dotato di buona capacità di tenuta, con solide posizioni di capitale e liquidità.
Le proiezioni per la crescita nel 2023 sono state riviste al rialzo nello scenario di base, collocandosi in media all’1% per effetto sia del calo delle quotazioni energetiche che per la maggiore tenuta dell’economia rispetto al difficile contesto internazionale. Ci si aspetta poi che la crescita aumenti ancora all’1,6% nel 2024 e 2025.
Tre sono gli spunti positivi derivanti dal meeting della Bce:
- l’abbandono di ogni preciso riferimento a rialzi di tassi prospettici. Quindi, nonostante l’ultimo, è lecito aspettarsi una maggiore cautela nell’impostazione della stretta monetaria.
- le revisioni al rialzo delle stime di crescita per l’Eurozona, che evidenzia un 2023 meno drammatico del previsto.
- per la Bce è importante non confondere stabilità finanziaria e stabilità dei prezzi. La Banca europea ritiene infatti che i suoi strumenti di bilancio possano gestire la stabilità finanziaria dell’Eurozona, lasciando che i tassi di interesse si occupino dell’inflazione.
Le mosse della Bce non si sono però fermate. A distanza di pochi giorni dall’annuncio delle sue ultime azioni di politica monetaria ha deciso di scendere in campo in modo più attivo, insieme alle altre banche centrali, per cercare di monitorare più da vicino il settore bancario internazionale.
Fed, Bce, BoJ, BoC, BnS e BoE hanno dunque deciso di immettere ulteriore liquidità nel mercato, per cercare di calmare le preoccupazioni che stanno continuando ad agitare il settore bancario mondiale. L’obiettivo di questa mossa è dunque quello di andare ad intensificare le operazioni di Swap line che consentono alle banche centrali non americane di avere un maggiore accesso al mercato dei dollari. La decisione avrà valenza fino al 30 aprile, ma i mercati hanno reagito positivamente per ora. La pressione sul sistema bancario si è ri-normalizzata, con UBS, addirittura in positivo dopo l’acquisizione “forzata” di Credit Suisse.
Fed
Obiettivo lotta all’inflazione. La Fed continua con la sua politica monetaria alzando i tassi di interesse dello 0,25% (era stato programmato un 0,5%). Il costo del denaro sale così tra il 4,75% e il 5% e il 2023 dovrebbe chiudersi, secondo le previsioni, con tassi di interesse al 5,1%.
Nonostante le recenti tensioni sul sistema bancario la Fed è andata avanti nella lotta contro l’inflazione, come, d’altra parte, ha fatto anche la Bce settimana scorsa, ribadendo che il sistema bancario americano è solido, resiliente e ben capitalizzato. Proprio per questo la conferma di una politica rigida, anche se non troppo, sui tassi di interesse. Powell ha infatti ammesso che la crisi bancaria e la conseguente probabile stretta creditizia avrà lo stesso effetto dei rialzi dei tassi, richiedendone forse meno nei prossimi mesi. Scossoni bancari che stanno dunque avendo delle ripercussioni anche sulla crescita. La Fed ha infatti rivisto a ribasso le previsioni degli Usa per il 2023 e 2024, rispettivamente al +0,4% e al +1,2%. Le nuove attese dei banchieri centrali americani, catturate dai blue dots, rimangono vicine ai livelli di Dicembre e molto più alte rispetto a quanto prezzato dai mercati.
Riteniamo che il calo dei tassi e del dollaro, dopo il meeting non sia sostenibile, e che i mercati monetari dovranno ri-aggiustare le proprie attese avvicinandosi a quelle dei banchieri americani. L’azionario ha chiuso in negativo la giornata della Fed. Si tratta di un movimento certamente in linea con le attese di una maggiore stretta del credito e di revisioni al ribasso lato crescita. L’economia rimane però molto forte, soprattutto il mercato del lavoro, e potrebbero esserci sorprese positive se le vicende di SVB e Credit Suisse, come sembrerebbe, rimarranno casi isolati e non anticipazioni di una più grave e sistematica crisi bancaria.
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