Come navigare oggi nel mercato americano

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I titoli Usa pesano più di quanto sembri nella maggior parte dei portafogli azionari. Questo perché l’azionario statunitense ha avuto un successo eccezionale nell’ultimo decennio – il risultato di tendenze strutturali di lungo periodo favorevoli. Oggi l’azionario Usa presenta valutazioni elevate, un elemento che spinge molti osservatori a valutarne con attenzione il peso nei portafogli. In questo approfondimento, realizzato in collaborazione con Moneyfarm, il giornalista finanziario britannico David Stevenson analizza come affrontare il tema, indicando che tutte le strade portano verso una diversificazione più intelligente.

Investire oggi richiede attenzione e consapevolezza. L’azionario statunitense continua a dominare la scena grazie a risultati eccezionali, e questo porta molti a interrogarsi su come interpretare oggi il mercato americano. In questo articolo analizziamo i fattori dietro questa centralità e cosa significano per gli investitori di lungo periodo.

Prima di arrivare a quelle che chiamo talvolta “tattiche di sopravvivenza”, occorre affrontare l’elefante (repubblicano) nella stanza: gli Stati Uniti – con la loro economia e i loro mercati finanziari – contano davvero, perché hanno saputo essere straordinariamente vincenti. La grande storia dell’ultimo decennio è, in fondo, quella dell’eccezionalismo americano.

Gli Stati Uniti sono davvero eccezionali

Cominciamo dalla portata dell’impronta americana nei mercati globali, usando come riferimento l’MSCI ACWI. Secondo l’azienda che gestisce l’indice (MSCI), l’MSCI ACWI comprende società large e mid cap di 23 Paesi sviluppati e 24 Paesi emergenti, coprendo circa l’85% dell’universo azionario globale investibile. Questo “universo globale” vale circa 84mila miliardi di dollari, di cui 54mila miliardi provengono solo dagli Stati Uniti. Il Giappone è il secondo Paese per peso, ma si ferma a soli 4mila miliardi.

Questi numeri sono impressionanti, ma non raccontano tutta la storia. Non tutte le aziende di successo sono quotate in Borsa: molte restano private e appartengono a fondi di private equity. Anche i mercati privati risultano fortemente concentrati negli Stati Uniti. Secondo le stime degli analisti, il valore globale degli asset privati è compreso tra 15 e 25mila miliardi di dollari, e oltre la metà fa capo agli Usa.

Anche nei mercati obbligazionari, che sono geograficamente più diversificati, gli Stati Uniti restano dominanti: i bond emessi da soggetti statunitensi costituiscono circa il 40% dell’indice Bloomberg Aggregate Bond. Nel mondo delle obbligazioni, i titoli americani sono liquidi, diversificati e facilmente accessibili, soprattutto i Treasury emessi dal governo degli Stati Uniti, che sono abbondanti e sempre più presenti (complice il grande e crescente deficit di bilancio).

Poi c’è il dollaro. Probabilmente, a parte gli euro rimasti dalle vacanze, l’unica altra valuta che in molti si ritrovano in casa è il dollaro. Gli Stati Uniti hanno una moneta riconosciuta a livello globale, senza controlli rigidi sui capitali e con un sistema fiscale generalmente favorevole. Tuttavia, per gli investitori esteri questo può diventare complesso, in particolare per quanto riguarda i dividendi, soggetti a una ritenuta fino al 30% se non esistono trattati fiscali che riducono questa aliquota.

Gli Stati Uniti sono anche un’economia in crescita. Secondo un’analisi della House of Commons Library basata su dati OCSE, gli Usa hanno registrato la crescita del PIL più alta tra le economie del G7 dal quarto trimestre 2019 al primo trimestre 2025: +12%, contro appena il +4% del Regno Unito. Il PIL Usa è passato da circa 21mila miliardi di dollari nel 2019 a circa 30mila miliardi oggi. La Banca Mondiale stima la quota statunitense dell’economia globale al 26,2% in termini nominali (usando i tassi di cambio di mercato) e al 14,8% in termini di parità di potere d’acquisto (PPP), che tiene conto delle differenze nel costo della vita tra Paesi.

In sintesi, è naturale che gli Stati Uniti abbiano un peso dominante nei portafogli: ci sono ragioni solide a sostenerlo. Ma oggi questa stessa eccezionalità pone una sfida: l’azionario Usa risulta più costoso, più concentrato su poche aziende e meno bilanciato tra i settori rispetto al passato.

Sfide sempre più eccezionali

Molti piani di investimento di lungo termine e fondi azionari globali hanno come riferimento l’indice MSCI ACWI (oppure l’MSCI World o il FTSE World). L’MSCI ACWI ha un’esposizione del 64% agli Stati Uniti, con l’Information Technology che rappresenta il 24% e i Magnificent 7 (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla) poco sotto il 20%. L’MSCI World è ancora più concentrato: quasi il 72% negli Usa e circa il 22,5% nei Magnificent 7.

Il rischio di concentrazione è aumentato negli ultimi mesi. Secondo Torsten Slok, Chief Economist di Apollo, la concentrazione nell’S&P 500 è tornata a livelli alti: le prime 10 aziende rappresentano il 40% della capitalizzazione e una quota record degli utili dell’indice. Slok osserva che “una concentrazione estrema nel settore tecnologico non è positiva per chi cerca diversificazione: investire oggi nell’S&P 500 equivale di fatto a scommettere che i Magnificent 7 continueranno a crescere”.

Anche le valutazioni dell’azionario Usa risultano elevate. Il P/E (Price/Earnings ratio) – cioè il rapporto tra il prezzo delle azioni e gli utili per azione – delle società che compongono l’indice S&P 500 dal 1988 ha avuto una media di circa 19,5, salita a circa 23 negli ultimi cinque anni. Oggi l’indice scambia intorno a 25 volte gli utili passati, un livello considerato costoso rispetto allo storico. Se però gli utili cresceranno come previsto nel 2026, il multiplo forward (che stima il P/E basandosi sugli utili attesi per il futuro) potrebbe scendere a circa 21: meno elevato rispetto a oggi, ma ancora sopra la media di lungo termine.

Capire e gestire l’eccezionalismo Usa

A questo punto il messaggio è chiaro: l’azionario Usa è eccezionale sotto molti aspetti – popolarità, valutazioni elevate e forte concentrazione. Dunque, come è meglio orientarsi?

La risposta è una: diversificando. Con questo intendo dire: analizzare nel dettaglio i propri investimenti per capire quale parte del portafoglio sia esposta agli Stati Uniti. È utile avere consapevolezza che, accanto al mercato Usa, altri mercati come Regno Unito, Giappone ed Europa presentano oggi valutazioni diverse.

Alcuni investitori più prudenti o scettici mantengono una quota Usa inferiore a quella tipica: spesso sotto il 70% dell’azionario totale, talvolta intorno al 60% o perfino al 50% per i più cauti. Un osservatore più pragmatico potrebbe considerare quella strategia poco efficace, perché punta su mercati che hanno forse valutazioni più basse per ragioni fondate.

In alternativa, si può guardare agli Stati Uniti senza necessariamente replicare l’approccio più comune: per esempio, cercando un’esposizione meno concentrata su pochi titoli, valutando settori differenti o prendendo in considerazione strategie d’investimento diverse.

Un modo per mantenere l’esposizione agli Stati Uniti con maggiore equilibrio è combinare strumenti ampiamente diversificati con una selezione mirata di singole azioni.

Alcuni investitori affiancano a un nucleo di portafoglio più ampio e diversificato una componente più mirata, costruendo piccoli “basket” di società legate a trend strutturali come l’Intelligenza Artificiale – per esempio titoli come Nvidia, Broadcom, Microsoft, Arista Networks e, in alcuni casi, AMD.

Gestione attiva e rischio di concentrazione

Chi cerca di diversificare l’esposizione Usa può guardare ai fondi a gestione attiva, che tendono a essere meno concentrati sui Magnificent 7 e sui grandi nomi tech rispetto agli ETF passivi. Questo perché i gestori attivi non vengono pagati per replicare un indice dominato da poche aziende.

Chi invece preferisce la semplicità può usare ETF che replicano l’S&P 500 o altri indici americani a basso costo – molti hanno commissioni inferiori allo 0,10%.

L’S&P 500 Equal Weight Index, ad esempio, assegna lo stesso peso a tutte le 500 società, limitando l’influenza dei colossi come Nvidia. Questo può dare maggiore equilibrio e un’esposizione più diffusa al portafoglio.

Chi vuole spingersi oltre può valutare indici dedicati a mid cap (S&P Mid Cap 400) o small cap (Russell 2000). In queste fasce meno liquide la gestione attiva può avere qualche vantaggio, come suggeriscono diversi studi. Altri ETF americani puntano su titoli a dividendo e buyback, tipicamente aziende più mature e solide: possono dare una diversificazione difensiva rispetto ai colossi tech.

Pensare al lungo termine

L’azionario Usa ha mostrato nel tempo una straordinaria capacità di generare valore e resilienza, confermandosi un pilastro dei portafogli globali. Oggi, però, i mercati sono più complessi: comprendere come è strutturata la propria esposizione diventa fondamentale. Un approccio più mirato e diversificato può aiutare a mantenere coerenza con gli obiettivi di lungo periodo e a cogliere le forze strutturali che continuano a sostenere l’economia e i mercati statunitensi.

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Questo articolo è stato scritto da un giornalista finanziario indipendente, in collaborazione con Moneyfarm. È fornito esclusivamente a scopo informativo e riflette le opinioni personali dell’autore. Non costituisce consulenza o raccomandazione di investimento. Il valore degli investimenti può diminuire così come aumentare e potresti ricevere un importo inferiore a quello investito. Le performance passate non sono indicative di rendimenti futuri. Gli investimenti all’estero possono risentire delle variazioni dei tassi di cambio. Il trattamento fiscale dipende dalle circostanze personali e può cambiare nel tempo. I riferimenti a qualsiasi società, indice, ETF o fondo hanno esclusivamente finalità illustrative. Se non sei sicuro che un investimento sia adatto a te, ti consigliamo di rivolgerti a un consulente finanziario autorizzato.

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*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.