Nel nostro consueto appuntamento video mensile, il nostro Quantitative Analyst Giorgio Broggi commenta i principali movimenti dei mercati ad aprile, con un focus sulla sfida commerciale tra Stati Uniti e Cina.
Aprile è stato un mese molto movimentato per i mercati finanziari e ancora una volta è stata la politica commerciale statunitense a rappresentare il vero fattore trainante, con l’annuncio sui dazi da parte di Donald Trump il 2 aprile.
Come noto, il presidente americano ha istituito un’ampia gamma di dazi sui partner commerciali di tutto il mondo, con un tasso base del 10%, combinato però con una serie di dazi reciproci addizionali. Queste tariffe reciproche sarebbero state calibrate in base all’entità del deficit commerciale tra gli Stati Uniti e i partner. L’annuncio dei dazi non ha solo provocato una reazione nei toni da parte degli altri Paesi, ma anche vere e proprie ritorsioni. Su tutti, la Cina, che ha risposto aumentando a sua volta il proprio protezionismo verso i beni Usa.
Il 2 aprile ha senza dubbio sorpreso i mercati, che si aspettavano qualche tariffa, ma certamente non così alte e ampie e ha sollevato preoccupazioni sugli impatti potenziali su crescita economica e inflazione, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo. E questo si è tradotto in un forte crollo dell’azionario nei giorni successivi all’annuncio.
Ma a nostro parere sono stati i movimenti nei bond quelli più interessanti, soprattutto negli Usa. Inizialmente, abbiamo assistito a un calo dei rendimenti dei titoli di Stato – come da “manuale” con gli investitori che si sono spostati da asset più rischiosi verso asset class più sicure – in linea con il nostro ribilanciamento di marzo. Tuttavia, nella settimana successiva agli annunci sulle tariffe, i tassi governativi americani hanno iniziato a salire, catturando stress sul mercato e sollevando preoccupazioni sul merito creditizio del debito pubblico statunitense – generalmente considerato tra gli asset finanziari più sicuri al mondo.
Questa reazione, in qualche modo strana e sicuramente preoccupante per qualsiasi governo, potrebbe essere, a nostro parere, una delle ragioni chiave dietro la de-escalation che ha seguito, con il presidente che ha annunciato una pausa di 90 giorni dagli Stati Uniti per i Paesi che non avevano reagito con ritorsioni. E sebbene, allo stesso tempo, gli Stati Uniti e la Cina abbiano continuato ad aumentare i dazi sui prodotti reciproci, anche qui sono state istituite le prime esenzioni da entrambe le parti.
Nel complesso, grande conforto per i mercati, soprattutto per l’azionario: all’inizio di maggio, il mercato azionario statunitense è tornato addirittura ai livelli di pre 2 aprile, scacciando il pessimismo dei primi giorni post-annuncio. L’incertezza rimane alta, ma gli scenari peggiori hanno sicuramente una probabilità più bassa.
Dato del mese
La cifra del mese è 145% – l’aliquota tariffaria principale che gli Stati Uniti hanno imposto sui beni cinesi. È una cifra drammatica per uno dei maggiori esportatori verso gli Stati Uniti e che, anche considerando le esenzioni per alcune categorie e persino una de-escalation – porterà a qualche scaffale vuoto nei negozi al dettaglio statunitensi e potrebbe peggiorare se la situazione non si sbloccherà, anche se questo non è il nostro caso base e nemmeno quello dei mercati, data la ripresa di fine aprile.
Domanda del mese
“Cosa stanno cercando di ottenere gli Stati Uniti e come pensate che finirà la guerra commerciale?“
Per prima cosa, l’amministrazione statunitense crede che gli Stati Uniti siano stati trattati ingiustamente dai loro partner commerciali. Ritiene quindi debbano riequilibrare i rapporti e che i dazi siano un modo efficace per farlo. In secondo luogo, l’amministrazione vede i dazi come un modo per aumentare le entrate per migliorare le finanze governative e sbloccare fondi per nuovi tagli tasse. Terzo, l’amministrazione considera gli annunci sui dazi come parte di una negoziazione ampia con i propri partner per ottenere benefici commerciali e politici.
Resta difficile prevedere come si evolverà la situazione, anche se Trump si è dimostrato attento alle dinamiche di mercato e pronto a fare dietrofront a fronte di qualche cedimento da parte dei partner commerciali.
Crediamo in questo senso che continueremo a vedere una de-escalation rispetto ai dazi annunciati il 2 aprile, ma non sarà un processo rapido e, probabilmente, non riporterà al mondo precedente a dazi bassi o zero.
Nel complesso, prevediamo un impatto negativo su crescita e inflazione nei prossimi trimestri, anche se molto inferiore a quanto si potesse temere nei giorni successivi al 2 aprile.
Cosa significa questo per il posizionamento dei portafogli? In generale, restiamo conservativi, sia per i rischi economici legati ai dazi, sia per il livello di incertezza politica, che rimane altissima.
Quello che invece è meno incerto, ed aprile ne è l’ennesima prova, è che i mercati possono invertire la rotta molto rapidamente e rimane chiave, per investire con successo, evitare di cercare di prevedere i movimenti a breve termine, soprattutto nei momenti ad alta volatilità.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.