Chi dominerà il mondo nel 2050? – Mondi Paralleli con Dario Fabbri

A cura di Dario Fabbri, analista geopolitico e direttore della rivista Domino

Nel 2050 si contenderanno l’egemonia globale le medesime superpotenze di oggi, più alcuni soggetti già in ascesa, destinati a incrementare nel tempo la propria influenza.

Salvo improbabili cataclismi, saranno ancora gli Stati Uniti a dominare la scena. Nonostante la turbolenza interna, questi restano inarrivabili per maggiore vitalità demografica, per superiorità militare e tecnologica, per collocazione geografica. Calamita che attrae milioni di immigrati, antidoto contro l’invecchiamento tipico dell’Europa Occidentale, dotata di una Marina militare impareggiata per approccio alla navigazione e controllo delle rotte marittime, principale beneficiaria di tecnologie, poi globali, sviluppate dal Pentagono.

Fattori strutturali decisivi, difficilmente rovesciabili in un quarto di secolo. A cui si aggiunge l’esistenza degli Stati Uniti fuori dalla massa eurasiatica, là dove da sempre si decide la supremazia planetaria. Se stretti tra due potenziali egemoni, i paesi scelgono puntualmente quello geograficamente più lontano, perché immaginano che questo prima o poi scomparirà (a differenza di un soggetto limitrofo). Un calcolo che suggerisce alle varie cancellerie di preferire proprio Washington e che si confermerà nel tempo.

Peraltro, gli Stati Uniti mancano nel proprio cortile di un vero rivale, che non sarà né il Messico né il Brasile. Nel 2050 la Repubblica Popolare avrà appena festeggiato il secolo di vita. Per quella data potrebbero definitivamente emergere le deficienze strutturali che già oggi la attanagliano. L’invecchiamento precoce della popolazione, dramma strategico per chi vuole dominare il pianeta e immagina di fare la guerra per centrare l’obiettivo; la crescente distanza tra la costa benestante e l’entroterra ancora indigente; l’incapacità di controllare i mari rivieraschi, perfino di conquistare Taiwan. Difficoltà che impediranno a Pechino di rimpiazzare gli Stati Uniti. Con il rischio di implosione.

Nell’immediato futuro Pechino proverà a invertire la tendenza demografica – da tempo il governo consente alle famiglie di avere fino a tre figli – e a ridurre il divario tra costa ed entroterra, soprattutto investendo verso l’interno parte della ricchezza garantita dal surplus commerciale.

Manovra che gli Stati Uniti provano a complicare con l’imposizione di dazi sulla produzione cinese, probabilmente ancora maggiori nel medio periodo. L’obiettivo di Washington è imporre il trasferimento della produzione nei paesi limitrofi alla Cina – parzialmente pure verso di sé. Guerra commerciale che potrebbe tradursi anche in guerra guerreggiata, verosimilmente intorno a Taiwan. Per ora Pechino fatica a conquistare l’isola manu militari, ma sa di dover agire entro il medio periodo, altrimenti la popolazione rischia d’essere troppo anziana per affrontare una tale impresa.

La Russia continuerà a esistere tra Cina e Stati Uniti, dotata di una potenza che diminuirà gradualmente nel corso degli anni. La rivoluzione interna sarà possibile soltanto se Mosca perderà sul terreno la guerra d’Ucraina. Sul piano strategico il conflitto è già perso, ma tatticamente l’esercito russo continua ad occupare i territori ucraini, realtà che per ora placa la rabbia della popolazione, storicamente pronta a rovesciare il proprio regime soltanto se questo risulta sconfitto o umiliato all’estero.

Il punto sarà stabilire se Mosca risulterà più vicina a Pechino o a Washington. La guerra in Ucraina l’ha spinta nelle fauci della Cina ed ora è costretta a vendere soprattutto gas scontato all’Impero di Mezzo. Secondo grammatica, gli Stati Uniti dovrebbero aprire al Cremlino per allontanarlo dal Dragone cinese, sviluppo al momento fantascientifico, ma che potrebbe rivelarsi concreto tra qualche tempo. Quando la Russia avrà perso gran parte del suo status.

Turchia, Giappone e India, avranno un ruolo maggiorato nelle dinamiche future. Ankara aumenterà la propria influenza sull’Asia Centrale e su buona parte del Medio Oriente, a scapito soprattutto di Russia e Iran. Prima di pagare duramente la sovraestensione, anche per rappresaglia americana, anzitutto finanziaria. Il Giappone investirà nel proprio riarmo e occuperà lo spazio cui la Cina sarà costretta a rinunciare nell’Indopacifico.

L’India si confermerà avversario formidabile della Repubblica Popolare, fattore del contenimento organizzato dagli Stati Uniti contro Pechino, ma non diventerà una definitiva alleata di Washington e non si avvicinerà all’egemonia globale. Né nazione né impero, Delhi continuerà a esistere pericolosamente in un quadrante zeppo di nemici.

Germania, Francia e Regno Unito continueranno a galleggiare nel campo americano, con Parigi e Londra dotate di demografia vivace ma mancanti dei mezzi per perseguire grandi traguardi.

Presto la Germania dovrà stabilire cosa essere da grande, se investire nelle Forze armate e redistribuire maggiormente la propria ricchezza nella zona euro. Probabilmente preferirà non decidere, anche per notevole pressione statunitense.

Hai trovato questo contenuto interessante?

Hai già votato, grazie!

*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.