Unico obiettivo: 2%. Passo dopo passo, la Banca Centrale Europea (Bce), come un funambolo sul filo, valuta con attenzione le proprie mosse, ascolta il proprio corpo, cerca l’equilibrio, aggiusta il proprio asse e decide la prossima mossa per riportare l’inflazione attorno al 2%.
Nell’ultimo meeting del 15 giugno, la Bce ha deciso di alzare i tassi d’interesse di riferimento di 25 bps e lo stesso farà anche a luglio: “Il nostro lavoro non è ancora finito. Escludendo un mutamento sostanziale delle prospettive di inflazione, continueremo a innalzare i tassi a luglio molto probabilmente”, ha spiegato la presidente della Bce, Christine Lagarde durante il forum a Sintra. La decisione della Banca centrale europea di continuare nella sua politica da falco, vale a dire nel percorso di rialzo dei tassi, porta però con sé delle conseguenze. Un esempio è il rallentamento dei prestiti bancari. Il costante aumento dei tassi di interesse, nell’ultimo anno, ha infatti indebolito la domanda di credito bancario causando un rallentamento, a cascata, su diversi settori (immobiliare, edilizia) e sui consumi.
Ma partiamo da una domanda.
Come mai la Bce continua nella sua politica da falco?
La risposta a questa domanda è legata agli alti livelli di inflazione e alle differenze presenti nei vari paesi dell’Ue. Lagarde, dopo l’ultima decisione di politica monetaria dell’Eurotower, ha spiegato come “l’inflazione nell’area dell’euro è troppo elevata e rimarrà prevedibilmente tale per troppo tempo”. Per questo motivo è necessario continuare con la politica dell’aumento dei tassi di interesse, fino a quando la situazione non si normalizzerà. La Bce prevede che l’inflazione tornerà intorno al 2% nel 2025. Attualmente viene dato per certo un ulteriore rialzo di 25 punti base nel prossimo meeting del 27 Luglio ma non sono da escludere ulteriori aumenti nei prossimi mesi, qualora l’inflazione continui a mostrare insufficienti segnali di raffreddamento.
Scendendo nel dettaglio dei vari paesi dell’Eurozona a preoccupare è principalmente la Germania che ha registrato, nel mese di giugno, un aumento medio dei prezzi pari al 6,4% rispetto allo stesso mese del 2022. Dato in netto contrasto con la Spagna che invece il mese scorso era all’1,9% o lo stesso Portogallo che ha fatto registrare un 3,4% di incremento dei livelli di inflazione rispetto a 12 mesi fa.
E dunque: cosa fare? La Bce è tra due fuochi, visto che l’inflazione non risulta essere omogenea in tutta l’Ue. Da una parte potrebbe continuare a spingere l’acceleratore sulla sua politica monetaria restrittiva, per cercare di abbassare l’inflazione in Germania, ma dall’altra ci sono paesi come la Spagna o il Portogallo che non avrebbero bisogno di un continuo aumento dei tassi di interesse, visti i loro livelli di inflazione.
Un sguardo al passato
Rispetto al passato, la Bce si trova a dover contrastare livelli di inflazione ben al di sopra delle medie storiche.
L’ultimo ciclo di rialzo dei tassi si è verificato verso la fine del 2005 per poi protrarsi fino a giugno 2007. In quel caso la necessità di una stretta sui tassi è nata a seguito della politica monetaria stabile orientata all’espansione del biennio precedente che, contribuendo a una significativa espansione del credito, iniziava a minare la stabilità a medio termine dei prezzi. Il prezzo del greggio, significativamente sopra alle attese in quel periodo, è stato inoltre un ulteriore fattore chiave che ha spinto il presidente dell’epoca, Jean-Claude Trichet, all’attuazione di un ciclo restrittivo. I livelli di inflazione del periodo erano però solo leggermente al di sopra del target del 2%, mentre oggi vediamo un valore medio dell’8,4% nel 2022 e del 5,4% previsto per il 2023.
L’alta inflazione di oggi ha cause profondamente diverse rispetto al passato. I fattori alla base dell’improvviso rialzo dei prezzi sono molteplici e complessi. In primis le riaperture legate al post pandemia hanno causato un aumento repentino della domanda dopo mesi di contrazione legati alle restrizioni. Ad inasprire ulteriormente questa dinamica ha contribuito la parziale disgregazione delle catene di approvvigionamento e, soprattutto, lo shock subito dai prezzi dell’energia a seguito dell’invasione della Russia in Ucraina.
Dopo anni di stimoli monetari elevati e tassi d’interesse negativi, Lagarde si trova dunque a gestire una situazione particolarmente complessa. Il boom dell’inflazione, verificatosi nel 2022, sta infatti costringendo la Bce ad attuare una politica monetaria restrittiva con una rapidità che non trova eguali nella storia dell’Eurozona.
Cosa aspettarsi?
Per i prossimi mesi lo scenario rimane particolarmente incerto. Le mosse della Bce saranno guidate dai dati sulla crescita e l’inflazione. In ogni caso, il messaggio che arriva forte e chiaro da Francoforte è che il Consiglio direttivo della Bce è pronto ad utilizzare ogni arma a propria disposizione, nei limiti del mandato, per riportare i livelli di inflazione verso l’agognato target del 2%.
Davide Petrella ricopre il ruolo di Portfolio Manager in Moneyfarm. Ha conseguito un Master in Quantitative Finance presso il Politecnico di Milano e un Master in Fisica all’Università di Roma, La Sapienza. Davide ha iniziato la sua carriera in Anima Sgr nel 2017 come Assistant Portfolio Manager nel team multi-asset per poi passare in Allianz Italia nel team ALM & Strategic Asset Allocation. Da gennaio 2022 a gennaio 2023 ha lavorato come Quantitative Analyst nella Fixed Income Boutique di Vontobel Asset Management a Zurigo, lavorando a stretto contatto con i Portfolio Manager per costruire soluzioni quantitative di front-office per la boutique.
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