Negli ultimi anni si è parlato molto di investimenti ESG, ma la domanda centrale resta la stessa: “fare del bene” può davvero generare un rendimento? La rivoluzione ESG sta ridefinendo il modo in cui pensiamo agli investimenti, e i risultati dimostrano che si tratta di un cambiamento destinato a durare nel tempo.
Ma cosa significa esattamente ESG? L’acronimo sta per Environmental, Social e Governance (ovvero Ambiente, Sociale e Governance), tre grandi categorie che servono a valutare quanto un’organizzazione sia gestita in modo responsabile e sostenibile.
Sul piano ambientale, si guarda per esempio a come un’azienda gestisce la transizione verso le energie rinnovabili o alla presenza di obiettivi concreti di riduzione delle emissioni.
L’aspetto sociale riguarda invece temi come gli standard di salute e sicurezza, le pari opportunità, la tutela dei diritti dei lavoratori e l’equità salariale.
Infine, la governance analizza la qualità della leadership, la diversità e l’indipendenza del consiglio di amministrazione e l’esistenza di politiche per prevenire cattiva condotta o corruzione.
In sintesi, i fattori ESG sono sempre più centrali perché pratiche solide e trasparenti in questi ambiti aiutano le aziende a costruire fiducia, attrarre talenti e clienti fedeli, gestire meglio i rischi e restare resilienti in un contesto in continuo cambiamento.
Per gli investitori, comprendere le metriche ESG permette di valutare come questioni ambientali o sociali possano incidere sul valore o sul rischio di un’azienda, influenzandone i rendimenti nel lungo periodo.
Una delle principali difficoltà, tuttavia, è stabilire quali metriche utilizzare. Tra gli indicatori più comuni figurano la “temperatura implicita” (implied temperature rise), l’intensità di carbonio, i ricavi da combustibili fossili, l’esposizione ad armi controverse o i rating ESG di fornitori specializzati come MSCI. La molteplicità di criteri e definizioni rende il confronto tra i fondi complesso, motivo per cui una metodologia coerente e trasparente è essenziale.
Una questione di valore nel lungo periodo
Moneyfarm ha introdotto i suoi portafogli ESG nel 2020, con l’obiettivo di applicare criteri di sostenibilità rigorosi e ridurre il rischio di greenwashing, ossia assicurare che i fondi inclusi rispettino davvero gli obiettivi ESG dichiarati.
Con il tempo, l’approccio si è evoluto: non si tratta più solo di massimizzare i punteggi ESG, ma anche di analizzare come i diversi metodi di selezione possano influenzare performance e diversificazione.
I fondi ESG, infatti, possono essere più o meno stringenti nei criteri adottati. Alcuni si limitano a escludere le aziende più controverse (strategia screened), mentre altri – come i fondi di Socially Responsible Investing (SRI) o i Paris-Aligned Benchmark (PAB) – applicano limiti più severi su etica e carbonio. Queste differenze, apparentemente sottili, possono generare risultati molto diversi. Per questo la nostra due diligence continua è fondamentale.
Nella pratica, abbiamo progressivamente spostato l’attenzione dai fondi SRI più restrittivi verso le strategie Climate Transition Benchmark (CTB). Questi fondi non escludono a priori le aziende ad alte emissioni, ma le incoraggiano a ridurre gradualmente la propria impronta di carbonio. È un approccio più flessibile, che sostiene la transizione globale verso un’economia a basse emissioni, mantenendo al contempo una buona diversificazione dei portafogli.
In tutta Europa, il panorama degli investimenti ESG sta maturando. Gli ETF ESG contano oggi circa 650 miliardi di euro di asset (fonte: ESG Moneyfarm Review), ma i nuovi afflussi sono rallentati rispetto a quattro-cinque anni fa. Questo non indica un calo d’interesse, bensì una maggiore maturità del mercato: gli investitori stanno passando dal seguire le mode ESG a integrare la sostenibilità come principio strutturale di lungo periodo. I flussi più recenti si sono concentrati su fondi screened, inclusi i CTB e i PAB, strategie che uniscono obiettivi ambientali chiari a un’esposizione diversificata e duratura.
L’integrazione dei criteri ESG continuerà a evolvere, passando da semplice etichetta di marketing a pilastro della buona pratica d’investimento.
Investire nel lungo termine ha sempre richiesto pazienza, diversificazione e convinzione. Integrare i criteri ESG significa estendere questa filosofia: riconoscere che pratiche sostenibili e una governance solida contribuiscono a creare valore duraturo nel tempo.
Ricorda che, quando investi, il tuo capitale è a rischio. Il valore del tuo portafoglio con Moneyfarm può diminuire così come aumentare e potresti ricevere meno di quanto investito. Il trattamento fiscale dipende dalle tue circostanze individuali e potrebbe essere soggetto a modifiche in futuro.
Le proiezioni di rendimento non sono un indicatore affidabile delle performance future. Le opinioni espresse qui non devono essere interpretate come raccomandazioni, consigli o previsioni. Se non sei sicuro che investire sia la scelta giusta per te, ti consigliamo di consultare un consulente finanziario.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.





