Ricevi fino a 1.000€ di cashback con il tuo Fondo Pensione. Si applicano T&C.
Scopri la promo

Fondo pensione, l’alleato segreto delle Partite IVA

di

⏳ Tempo di lettura: 7 minuti

In Italia i lavoratori autonomi (titolari di Partita IVA) rappresentano una quota sempre maggiore della forza lavoro: parliamo di circa 5 milioni di lavoratori, il numero più alto in Europa. Questi professionisti, pur godendo di alcune libertà e agevolazioni fiscali, devono porre maggiore attenzione alla propria pianificazione finanziaria e fiscale, e il tema previdenziale e pensionistico resta un punto dolente. I lavoratori autonomi tendono infatti a versare contributi previdenziali inferiori rispetto ai lavoratori dipendenti e, di conseguenza, rischiano pensioni molto più basse

Nonostante ciò, sono ancora pochi coloro che ricorrono alla previdenza complementare, lasciando sul tavolo molti sgravi fiscali e la possibilità di tutelarsi quando l’età pensionabile si avvicina e le prospettive di impiego diminuiscono.

Il gap dei contributi pensionistici

Tutti i lavoratori autonomi con Partita IVA sono tenuti per legge a versare contributi pensionistici: devono iscriversi all’INPS – nella Gestione Separata, che è il fondo previdenziale dedicato a chi non ha una cassa professionale – oppure alla propria cassa di categoria.

La quantità di contributi versati, però, è di norma inferiore rispetto a quella dei dipendenti, per vari motivi normativi e di reddito. Per fare un esempio concreto: un freelance senza altre forme di copertura versa alla Gestione Separata INPS circa il 26% del proprio reddito. Un lavoratore dipendente, invece, ha una contribuzione complessiva intorno al 33% dello stipendio imponibile, ma con una differenza importante: circa il 23,8% viene pagato dal datore di lavoro e solo il 9,2% è trattenuto direttamente in busta paga. In altre parole, sullo stesso reddito lordo annuale, il totale dei contributi accantonati per un autonomo è inferiore rispetto a quelli di un lavoratore assunto a parità di salario

Per alcune categorie di autonomi esistono contributi minimi obbligatori: ad esempio, artigiani e commercianti devono versare ogni anno circa €3.800 anche a fronte di redditi bassissimi. Questa soglia minima garantisce almeno un piccolo montante annuale ma, al tempo stesso, rappresenta un onere fisso.

Invece, coloro che contribuiscono alla Gestione Separata non hanno un contributo minimo: versano solo una percentuale del reddito effettivamente prodotto. Ciò significa che anni di guadagni bassi, magari durante il periodo di avviamento dell’attività, si traducono in contributi pensionistici esigui, che potrebbero persino non bastare a coprire un intero anno di anzianità contributiva ai fini pensionistici.

Pensioni più basse per gli autonomi: il divario rispetto ai dipendenti

La metrica chiave quando si parla di accumulazione pensionistica è il tasso di sostituzione. Questo misura l’entità dell’assegno pensionistico rispetto all’ultimo stipendio. Il tasso di sostituzione a livello individuale dipende dai contributi versati, dalla storia di impiego e dal regime di calcolo, ma in generale le varie stime sembrano penalizzare gli autonomi rispetto ai dipendenti.

INPS stima che, nei prossimi anni, la pensione dei lavoratori autonomi potrebbe scendere a circa il 45% del loro ultimo reddito. In pratica, se un professionista chiude la sua carriera con un reddito di 2.000 euro al mese, potrebbe ritrovarsi con una pensione di poco inferiore ai 950 euro.

Per i lavoratori dipendenti le prospettive sono leggermente migliori: chi andrà in pensione entro la fine del decennio dovrebbe ricevere una pensione pubblica pari a circa il 55-65% dell’ultima retribuzione. Questo significa che, a parità di stipendio finale di 2.000 euro, la pensione potrebbe oscillare tra i 1.100 e i 1.300 euro al mese.

La causa principale è che la pensione sarà calcolata interamente con il metodo contributivo. Dopo la riforma Fornero del 2011-2012 tutta Italia andrà in pensione con il sistema contributivo, ma i freelance saranno più penalizzati perché versano aliquote più basse e spesso redditi inferiori. Dopo 30-40 anni di lavoro, un gap di un paio di migliaia di euro all’anno in contributi si traduce in decine di migliaia di euro in meno di montante contributivo.

Ma cosa si nasconde dietro a questi numeri? Al netto di altri risparmi, un libero professionista può aspettarsi di vedere il proprio stipendio pensionistico, con cui magari deve sostentarsi per 30 o 40 anni, dimezzato rispetto al guadagno da lavoro. Si tratta di un cambiamento nella propria posizione finanziaria che può essere drammatico se non si pianifica per tempo.

Rimandare può compromettere la stabilità finanziaria futura

Nonostante questi dati, l’adesione alla previdenza complementare in Italia resta ancora bassa, soprattutto tra i freelance. Il nostro Osservatorio 2025 mostra che solo il 23,7% degli autonomi risulta iscritto a un fondo pensione.

I motivi sono diversi: molti dichiarano di non avere risorse sufficienti, altri si sentono poco informati o diffidano degli strumenti finanziari. È comprensibile che un autonomo, con redditi spesso irregolari, tenda a rimandare, ma questo atteggiamento oggi è particolarmente rischioso.

Il rischio concreto è quello di dover continuare a lavorare ben oltre l’età pensionabile. Secondo Eurostat, più del 56% dei lavoratori autonomi italiani resta attivo anche dopo il pensionamento. In alcuni casi è una scelta, ma per molti è la conseguenza di un reddito pubblico insufficiente. Dopo una vita da indipendente, per molti non è ideale dover a rimanere al lavoro perché la pensione non basta: è una situazione già diffusa oggi e lo sarà ancora di più domani, quando i trattamenti previdenziali saranno meno generosi.

A rendere il quadro ancora più complesso è la variabile tempo. Prima si inizia a pensare alla pensione integrativa, più semplice è costruire un capitale adeguato. Chi ha 50 anni e non ha ancora avviato un percorso di risparmio destinato al futuro parte svantaggiato: gli mancano gli anni necessari per far crescere gli investimenti e sfruttare il potere dell’interesse composto. Rinviare significa ridurre drasticamente le possibilità di ottenere un’integrazione significativa e rischiare di arrivare alla pensione senza alternative reali.

Previdenza complementare: come funziona e perché è fondamentale

Per colmare il gap pensionistico, la strada maestra è aderire a una forma di previdenza complementare, ovvero costruirsi una pensione integrativa privata accanto a quella obbligatoria dell’INPS. In passato questa era un’opzione che in pochi consideravano; oggi sta diventando quasi una soluzione irrinunciabile per molti lavoratori per costruire un reddito adeguato.

Ma come funziona la previdenza complementare? Si tratta di versare periodicamente (ad esempio ogni mese o ogni anno) una quota dei propri risparmi in un fondo pensione o in un PIP (Piano Individuale Pensionistico). Questi strumenti investono i contributi sul mercato finanziario ottimizzando il rendimento nel lungo termine e, al momento del pensionamento, restituiscono un capitale o una rendita aggiuntiva rispetto alla pensione INPS. Questo vuol dire che soprattutto investendo presto, anche un piccolo accantonamento mensile può fare una grande differenza nella posizione finanziaria tra 20 o 30 anni.

I vantaggi della previdenza complementare per i freelance sono molteplici.

  • Benefici fiscali: I contributi versati in un fondo pensione si possono dedurre dal reddito imponibile fino a 5.164,57 euro l’anno. In pratica, questo permette di pagare meno tasse. Il beneficio dipende dallo scaglione IRPEF: per esempio, un autonomo con aliquota marginale del 35% che versa 5.000 euro l’anno nel fondo pensione risparmia circa 1.750 euro di imposte. Significa che una parte importante del risparmio che si accantona non esce davvero tue tasche: sono soldi che altrimenti si verserebbero allo Stato. C’è anche un altro vantaggio. I rendimenti ottenuti nel fondo pensione sono tassati al 20%, invece del 26% previsto per la maggior parte degli investimenti finanziari tradizionali. Anche questo contribuisce a far crescere il capitale nel lungo periodo in modo più efficiente.
  • Contributi flessibili e portabilità: a differenza dei versamenti obbligatori all’INPS, puoi scegliere quanto e quando contribuire, un vantaggio importante per chi ha redditi variabili, come molti autonomi. Il capitale accumulato rimane sempre tuo e può seguirti nel corso della carriera: se cambi attività o datore di lavoro, puoi trasferire la posizione pensionistica da un fondo all’altro senza perdere i benefici maturati. Questa flessibilità torna utile anche nei momenti più difficili: in caso di perdita temporanea o permanente del lavoro puoi sospendere i versamenti senza penalizzazioni, e in situazioni specifiche puoi richiedere anticipazioni su parte del capitale: ad esempio per l’acquisto della prima casa, per spese mediche importanti o, dopo otto anni di partecipazione, per qualunque esigenza fino al 30% del montante. È, a tutti gli effetti, un salvadanaio previdenziale che resta sotto il tuo controllo.
  • Rendita aggiuntiva e flessibilità in uscita: al raggiungimento dell’età pensionabile, la previdenza complementare ti darà la possibilità di ottenere una rendita mensile aggiuntiva che si sommerà alla (esigua) pensione pubblica. In alternativa, puoi scegliere di incassare fino al 50% del montante accumulato in un capitale immediato e convertire il resto in rendita vitalizia. Esiste anche la possibilità, in certi casi, di sfruttare la RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata) per andare in pensione qualche anno prima del previsto attingendo al fondo integrativo in anticipo, un’opzione particolarmente interessante per i lavoratori autonomi, che magari hanno necessità di uscire gradualmente dal lavoro. In pratica, avere un secondo pilastro pensionistico ti dà più libertà di scelta su quando e come ritirarsi dal lavoro.

Regole e agevolazioni specifiche per le Partite IVA

Per completare il quadro, diamo uno sguardo anche ad alcune regole previdenziali e fiscali specifiche che riguardano i lavoratori autonomi, in modo da avere un quadro completo. 

Come già detto, i professionisti iscritti a ordini (avvocati, medici, ingegneri, ecc.) versano i contributi alle casse di previdenza private di categoria, con aliquote decise dai rispettivi enti (in media tra il 14% e il 33% del reddito). I lavoratori “senza cassa” versano invece alla Gestione Separata INPS, con aliquota fissata per legge (nel 2024 pari a circa il 26% per i non assicurati altrove). Tutti i contributi previdenziali obbligatori pagati all’INPS sono interamente deducibili dal reddito imponibile.

Un’agevolazione particolare pensata per alcune categorie di autonomi è la riduzione del 35% dei contributi INPS per chi aderisce al regime forfettario. Questa opzione, introdotta per favorire l’avvio di nuove attività, consente di pagare circa un terzo in meno di contributi ogni anno. Va precisato però che ne beneficiano solo gli iscritti alle gestioni artigiani e commercianti (piccole imprese individuali): i freelance iscritti alla Gestione Separata sono esclusi da questo sconto. In ogni caso, anche quando applicabile, si tratta di un’arma a doppio taglio: se da un lato lo sconto del 35% allevia il carico contributivo immediato, dall’altro riduce i versamenti pensionistici e quindi l’assegno futuro. È un risparmio che va valutato con attenzione. In generale, qualsiasi agevolazione che riduce i contributi oggi si tradurrà in una pensione più bassa domani: è fondamentale esserne consapevoli e considerare ancor di più la necessità di integrare, magari spostando quanto risparmiato verso un fondo pensione o un PIP investito sul mercato che può offrire maggiori garanzie di crescita.

Segnaliamo infine che il nostro sistema permette, a fine carriera, di cumulare o totalizzare i contributi versati in gestioni diverse. Se ad esempio hai alcuni anni nella Gestione Separata e altri anni in una cassa professionale o da dipendente, esistono strumenti per mettere insieme tutti i periodi contributivi e ottenere un’unica pensione (o più pensioni pro-rata).

Pianifica oggi per proteggere la tua libertà finanziaria nella seconda parte della vita

Diventare freelance in Italia offre molte soddisfazioni professionali, ma implica anche la responsabilità di gestire in autonomia il proprio futuro previdenziale. Oggi si versano meno contributi, domani si percepirà una pensione più bassa. Per questo è importante che ogni Partita IVA valuti con anticipo una forma di previdenza complementare.

Anche piccoli versamenti effettuati con regolarità, se avviati per tempo e investiti con un orizzonte di lungo periodo, possono generare un impatto significativo grazie agli interessi composti e ai vantaggi fiscali, contribuendo a compensare la differenza rispetto alla contribuzione dei lavoratori dipendenti. Investire nella propria pensione significa, in ultima analisi, investire nella propria libertà: la libertà di non essere costretti a lavorare in età avanzata per necessità economiche, ma di farlo solo per scelta. Costruire una pensione integrativa, infatti, significa garantirsi la possibilità di decidere quando smettere di lavorare, senza vincoli dettati da un reddito insufficiente.

Scopri il nostro PIP

Inizia ora a garantirti uno stile di vita futuro all’altezza delle tue aspettative: con il nostro Piano Individuale Pensionistico (PIP) puoi integrare la tua pensione pubblica con un piano totalmente digitale e seguito per te da esperti.

Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.

Il Piano Pensione Moneyfarm è distribuito da MFM Future S.r.l., broker assicurativo del Gruppo Moneyfarm, iscritto alla Sezione B del Registro Unico degli Intermediari Assicurativi tenuto dall’IVASS al n. B000637784.

Hai trovato questo contenuto interessante?

Hai già votato, grazie!

*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.