5 lezioni dai mercati nel 2025

di

⏳ Tempo di lettura: 7 minuti

Il 2025 è stato straordinariamente movimentato per i mercati finanziari. L’anno si è aperto con un diffuso clima di incertezza attorno alle valutazioni azionarie e alle probabili politiche della nuova amministrazione Trump. Il punto di massima tensione è stato raggiunto ad aprile con il cosiddetto Liberation Day, quando l’amministrazione ha annunciato una lunga lista di tariffe commerciali, segnando di fatto l’inizio di un nuovo regime di scambi a livello globale.

L’effetto immediato è stato significativo: l’indice VIX, che misura lo stress dei mercati, è balzato verso l’alto, mentre molti indici azionari hanno sfiorato un calo del 20%. È stato un momento di reale incertezza per i mercati e, secondo alcuni commentatori, persino l’inizio della fine dell’eccezionalismo americano. Con pochi precedenti recenti a cui fare riferimento, gli investitori hanno cercato di costruire scenari per un cambiamento di policy piuttosto radicale, tentando di valutarne l’impatto potenziale su crescita e inflazione.

Come spesso accade sui mercati, tuttavia, anche questo picco di volatilità geopolitica si è rivelato temporaneo. Dai picchi di aprile – sia in termini di durezza dei toni sia di stress di mercato – ha cominciato a farsi strada una lettura più ottimista e costruttiva.

Gli investitori hanno iniziato a interpretare l’annuncio delle tariffe come l’avvio di una lunga negoziazione a tre tra l’amministrazione statunitense, i governi stranieri e i mercati finanziari – con un’attenzione particolare al costo del debito pubblico americano. Queste trattative si sono rivelate a tratti rumorose e distraenti, ma hanno infine condotto a uno scenario più favorevole di quanto si potesse temere all’inizio di aprile.

Molti dei principali fattori macroeconomici si sono evoluti in modo più favorevole delle attese iniziali. La crescita ha retto e il Congresso ha approvato rapidamente un pacchetto fiscale fortemente espansivo. Il piano ha reso permanenti i consistenti tagli fiscali per imprese e famiglie, affiancandoli a ingenti sussidi pubblici per tecnologia e difesa. Questa iniezione di liquidità senza precedenti ha sostenuto mercati e consumi, permettendo all’economia statunitense di continuare a crescere nonostante tassi di interesse elevati. Restano alcune preoccupazioni legate all’aumento del debito pubblico americano, ma finora gli investitori sembrano disposti a finanziarne i disavanzi.

Infine, il piano DOGE di taglio della spesa pubblica è rimasto fondamentalmente simbolico. Nonostante i proclami di voler eliminare trilioni di dollari di sprechi, la commissione si è scontrata con la realtà burocratica e politica – non è un taglio che si può operare con semplicità. Di conseguenza, l’impatto reale sul bilancio complessivo dello Stato è stato minimo rispetto alle promesse iniziali.

Ciliegina sulla torta, il tema dell’Intelligenza Artificiale (IA) ha riportato il focus dei mercati sugli Usa, con uno stimato aumento del PIL di circa l’1% solo dagli investimenti IA in data center.

In sintesi, il quadro che emerge è quello di un governo più pragmatico delle attese, di significativi ritardi o ridimensionamenti delle tariffe inizialmente promesse, di politiche fiscali e monetarie complessivamente favorevoli e, soprattutto, della spinta esercitata dalla rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale.

Le tariffe hanno avuto un impatto, nel complesso, contenuto, agendo come una sorta di tassa e risultando ampiamente compensate dall’ondata di investimenti legati all’AI. Dai minimi di aprile, il Nasdaq – l’indice a forte concentrazione tecnologica – è salito di circa il 44% e l’indice S&P 500 – che raccoglie le principali società quotate negli Stati Uniti – del 35% (in dollari, al 15 dicembre 2025), registrando una delle performance cumulate più intense di sempre in un arco di tempo così ristretto.

L’approccio pragmatico delle politiche economiche e la resilienza dell’economia statunitense hanno contribuito a sostenere la fiducia degli investitori, mentre il tema IA continua a dividere tra chi crede sia un boom e chi crede sia una bolla. Con il 2026 ora alle porte, ci siamo voluti fermare e fare il punto sulle lezioni chiave di quest’anno, con un occhio ai prossimi 12 mesi. 

Queste sono le cinque lezioni chiave secondo il nostro team di Asset Allocation.

1. I mercati restano l’arbitro delle scelte politiche

Durante le settimane di tensione di aprile negli Usa, i mercati hanno mostrato ancora una volta la loro capacità di agire da giudice imparziale delle decisioni politiche. Come durante la crisi del debito nel Regno Unito nel 2022, o la crisi dello spread in Italia nel 2011-2012, anche l’amministrazione Trump si è dovuta scontrare con lo scetticismo dei mercati, che potrebbe aver contribuito a un alleggerimento nei toni, portando all’annuncio della pausa di 90 giorni sulle tariffe il 9 Aprile. 

Nella settimana precedente, gli investitori non avevano colpito solo l’azionario, ma avevano esercitato una forte pressione di vendita anche su obbligazionario e dollaro – asset che normalmente tendono a beneficiare delle fasi di tensione. Il risultato è stato un aumento dei rendimenti dei Treasury Usa a 30 anni di quasi 0,5 punti percentuali. Un movimento che potrebbe segnalare una minore domanda per il debito statunitense, o la richiesta di rendimenti più elevati per compensare un aumento delle preoccupazioni legate alla sostenibilità fiscale e, in ultima istanza, alla capacità del Paese di onorare i propri impegni.

Il grafico qui sotto mostra l’andamento dei rendimenti dei Treasury USA a 30 anni e il loro movimento durante le tensioni di aprile.

Fonte: Bloomberg

Un grande voto di sfiducia, quindi, da parte dei mercati finanziari, davanti al quale anche un’amministrazione decisa come quella di Trump ha dovuto fare dei passi indietro. La verità è che il sistema economico e finanziario globale è incredibilmente interconnesso. Cercare di rompere i suoi equilibri con aggressività può generare forti ritorni di fiamma.

Insomma: i mercati rimangono un arbitro delle decisioni politiche e una forte spinta verso la stabilità anche durante governi più “di rottura”.

2. La volatilità geopolitica è una nuova normalità

Il 2025 ha mostrato con una nuova forza l’importanza di gestire i momenti di panico e tenersi focalizzati sui fondamentali economici e aziendali. Dal Liberation Day ai picchi di tensione in Medio Oriente e Ucraina, fino alla mini-guerra commerciale tra Usa e Cina, gli investitori che hanno avuto successo sono quelli che hanno saputo mitigare i propri bias comportamentali e navigare queste turbolenze. 

Nel mondo sempre più multipolare dettato dalla nuova amministrazione americana, la volatilità non mancherà. Oggi è importante, più che mai, affidarsi a professionisti, il cui lavoro è proprio quello di catturare i dati che contano e investire con razionalità e freddezza, costruendo portafogli intelligenti e navigando al meglio i propri bias comportamentali.

Il grafico qui sotto mostra l’indice di incertezza commerciale pubblicato da Bloomberg, che evidenzia l’inizio di un nuovo regime con l’elezione di Trump.

Fonte: Bloomberg

3. La diversificazione torna a fare la differenza

Il 2022 era stato un anno difficile per i portafogli diversificati, con obbligazionario e azionario a cadere insieme. Tuttora, la correlazione tra queste due asset class non è tornata a offrire i tradizionali vantaggi diversificativi. 

Tuttavia, ora che i tassi di interesse si sono stabilizzati e la battaglia contro l’inflazione è vinta – o si trova nelle fasi finali – per la maggior parte delle economie chiave, ci aspettiamo che i portafogli diversificati tornino a essere ancora di più il modo più intelligente per investire nel lungo termine; non perché garantiscano un ritorno più alto, ma perché offrono un ritorno più alto a parità di rischio. 

Il 2026 inizierà con valutazioni elevate e un livello di concentrazione elevatissimo per l’azionario americano. Pur restando ottimisti sulle prospettive del tech statunitense e del tema dell’Intelligenza Artificiale, questa visione si inserisce all’interno di portafogli ben costruiti e diversificati. È anche per questo che continuiamo a evitare un’eccessiva concentrazione su singoli fattori di rischio.

Il grafico qui sotto mostra il rendimento in euro di diverse asset class e di un portafoglio 60/40. Come si può osservare nelle due colonne di destra, negli ultimi dieci anni questo tipo di portafoglio ha registrato il terzo miglior rendimento ma solo il sesto peggior profilo di rischio, evidenziando il valore della diversificazione.

Fonte: JP Morgan AM- Guide to the market Europe – 30/09/2025

4. I mercati, solitamente, hanno ragione

Dopo i crolli di aprile di quest’anno, i mercati hanno avuto una ripresa straordinaria. Secondo il sondaggio di asset allocation dell’AAII, però, l’allocazione totale all’azionario degli investitori individuali non è tornata ai livelli di fine 2024 se non a ottobre, mentre l’indice S&P, in dollari, è tornato ai livelli di inizio gennaio già a maggio. 

Il grafico qui sotto mostra l’allocazione complessiva all’azionario degli investitori statunitensi, secondo il sondaggio mensile dell’AAII.

Fonte: Bloomberg

Il pessimismo e la cautela degli investitori è stato, a nostro avviso, comprensibile alla luce delle preoccupazioni legate alle tariffe e all’incertezza sui loro potenziali effetti. L’estate del 2025, però, ha offerto un ulteriore e chiaro promemoria dell’importanza di non sottovalutare i mercati e la loro capacità, nel complesso, di “prezzare” correttamente e anticipare gli scenari più plausibili.

Insomma, i mercati sono generalmente efficienti, nel senso che riescono a digerire tutte le informazioni rilevanti con velocità e a tradurle nei prezzi “giusti” per gli asset finanziari. Questo non significa che non ci siano opportunità per creare sovraperformance, come dimostrato dalle performance dei portafogli Moneyfarm rispetto ai nostri concorrenti negli anni, ma ci ricorda l’importanza di rimanere umili e agili quando si investe.

5. Smontare i timori di bolla con analisi più granulari

Negli ultimi mesi abbiamo assistito, nei report, a un uso crescente della parola “bolla” in riferimento ai titoli legati all’Intelligenza Artificiale, spesso accompagnato da paragoni – a nostro avviso, per ora, fuorvianti – con la bolla dot-com dei primi anni Duemila.

Come già evidenziato, rimaniamo ottimisti sulla rivoluzione dell’IA. Riteniamo che le recenti performance di mercato siano supportate da fondamentali solidi e da modelli di business robusti in gran parte del settore tecnologico, e che l’Intelligenza Artificiale possa continuare a sostenere un boom di crescita. Allo stesso tempo, è importante ricordare che le performance passate non sono indicative di risultati futuri. Le informazioni riportate hanno finalità esclusivamente educative e non costituiscono in alcun modo una consulenza d’investimento personalizzata.

Al momento, i grandi investimenti in data centre e nelle infrastrutture collegate sono finanziati prevalentemente tramite liquidità e non debito – un segnale rassicurante. Le valutazioni sono elevate, ma restano ben lontane dagli eccessi osservati all’inizio degli anni Duemila.

Il 2025 ci ha spinto a rendere le nostre analisi ancora più granulari e dettagliate, con l’obiettivo di analizzare più nel dettaglio i timori di bolla. Nel corso dell’anno abbiamo sviluppato nuovi framework analitici sui principali nomi tecnologici e sul tema dell’IA, giungendo alla conclusione che, per ora, ci troviamo di fronte a un boom piuttosto che a una bolla. Alla luce delle informazioni attualmente disponibili, riteniamo che lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale sia più coerente con una fase di forte crescita strutturale, pur riconoscendo che il tema presenta rischi e incertezze.

Nel 2026 continueremo a monitorare il tema dell’Intelligenza Artificiale da più angolazioni. Nel frattempo, manteniamo una sostanziale esposizione al mercato Usa nei nostri portafogli rispetto alla media storica, sempre con un approccio disciplinato, diversificato e attento alla gestione del rischio.

Hai trovato questo contenuto interessante?

Hai già votato, grazie!

*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.