L’estate, il mese di luglio in particolare, è il miglior momento per pensare al tennis. È il tempo dei cocktail, delle fragole e dei cappelli bianchi lungo i bordi del campo di Wimbledon, delle domeniche interminabili col sole che picchia sui campi e sulle televisioni accese. Quel tempo dilatato e luminoso in cui si può guardare una partita per ore, come sospesi in una litania. E per chi ha vissuto la stagione dell’infanzia con una racchetta troppo grande su un campo suburbano o a due passi dal mare, con il vento che taglia di traverso le linee sbiadite, il tennis non è solo sport: è un archetipo. Una lezione di controllo nel caos.
Abbiamo provato, per celebrare questa stagione e in contemporanea con la finale del torneo di Wimbledon, a esplorare alcune analogie tra tennis e investimenti. Speriamo che questo esercizio sia gradito ai lettori più curiosi, agli appassionati vecchi e nuovi, e a tutti quelli che vedono nei mercati non solo curve e rendimenti, ma anche un gioco di posizione, pazienza e strategia.
L’aritmetica del gioco
C’è qualcosa di profondamente matematico, quasi crudele, nel modo in cui si vince a tennis. Un grande tennista può perdere quasi la metà dei punti giocati eppure dominare tornei e avversari per anni. Roger Federer, nella sua carriera, ha vinto poco più del 54% dei punti giocati. Nonostante il numero degli scambi vinti sia di poco superiore a quello degli scambi persi, è ricordato come uno dei giocatori più grandi della storia. Il tennis funziona così: non è la brillantezza occasionale o l’exploit a determinare le sorti di una partita, ma la capacità di capitalizzare la regolarità, limitare gli errori, e vincere quel poco che basta per far pendere il piano dalla propria parte. La forza di gravità fa il resto. Questo è il cuore nascosto del gioco.
Anche l’indice azionario S&P 500, nella sua storia, ha chiuso in rialzo il 54% dei giorni. Eppure con pazienza e disciplina, continua a generare crescita da un secolo (i rendimenti futuri non sono certi e potrebbero differire in modo significativo).
Immagina uno schermo di computer. I dati giornalieri sull’andamento dei titoli scorrono: guadagno, perdita, guadagno, perdita. C’è una cadenza, una ripetizione quasi zen, come il rumore della palla che rimbalza in allenamento.
Ma a trascinare questa regolarità c’è il disordine. Come nel tennis, anche i mercati sono scossi da un ‘caos sistemico’: geometrie invisibili, rischio calcolato, oscillazioni imprevedibili, logiche che emergono solo nel lungo periodo. Eppure, in entrambi i mondi, la vera differenza si fa su pochissimi momenti chiave. I punti di rottura. I colpi dentro la riga. Le giornate di mercato che valgono quanto interi trimestri.
Vince chi sbaglia meno, non chi colpisce di più
Craig O’Shannessy, uno dei principali analisti del tennis professionistico (consulente per Novak Djokovic), ha dimostrato che oltre il 65% dei punti nel tennis professionale si conclude per errore, non per colpo vincente. I grandi giocatori sono, più di ogni altra cosa, bravi a non sbagliare.
Lo stesso vale per gli investitori di lungo termine. Per la maggior parte delle persone, il modo più sicuro di generare rendimento non è prevedere l’azione vincente o fare market timing, ma evitare gli errori che distruggono capitale: panico, overtrading, esposizione eccessiva a pochi titoli, rincorsa di mode speculative. Come il tennista professionista che gioca a rete solo con probabilità favorevoli, l’investitore esperto prende rischi selettivi e controllati, non costanti.
Il punteggio non dice tutto
Abbiamo già fatto notare come un grande tennista possa perdere quasi la metà dei punti giocati e, allo stesso tempo, possa dominare tornei e avversari per anni. Federer ha vinto il 54.1% dei punti giocati in carriera. Eppure ha vinto oltre l’80% dei suoi match. Questo succede perché il tennis, come il mercato, non è un gioco lineare ma ha una struttura a break. Non serve dominare ogni punto: basta vincere un po’ più spesso dell’avversario nei momenti che contano, e lasciare che la statistica faccia il resto.
Il parallelismo con il mercato è ancora più impressionante: l’S&P 500 ha chiuso in rialzo o piatto circa il 54% dei giorni tra il 1928 e oggi. Come nel tennis, una distribuzione lievemente a favore, ripetuta nel tempo, produce un effetto cumulativo di grande potenza. È controintuitivo, ma proprio per questo affascinante: in entrambi i mondi, non serve fare sempre centro. Serve essere in grado di portare a casa quei pochi punti, o quelle poche giornate in cui si fa il guadagno di un intero trimestre.
Uno studio di J.P. Morgan mostra che tra il 1999 e il 2018, se un investitore avesse perso solo i 10 migliori giorni di Borsa, il rendimento annuo del suo portafoglio sarebbe crollato dal 5.6% al 2%. E se avesse perso i 20 giorni migliori, sarebbe finito in negativo. Quei pochi giorni, spesso vicinissimi ai peggiori, sono l’equivalente finanziario del break point: se li salti, perdi il set, e con esso il match.
Solo pochi vincitori fanno la storia
Nel tennis, i tornei Slam vengono vinti quasi sempre dagli stessi tre o quattro giocatori. Rafael Nadal, Roger Federer, Novak Djokovic hanno dominato una generazione e adesso Jannik Sinner e Carlos Alcaraz sono al top di questo sport. Questa concentrazione del successo non è un’anomalia, ma una regola statistica: il talento è distribuito in modo asimmetrico, e il sistema fatto di ranking, teste di serie e tabelloni amplifica il vantaggio di chi ha già vinto.
Analogamente, nei mercati azionari, pochi titoli spiegano gran parte della crescita. Uno studio condotto da Hendrik Bessembinder su oltre 29mila azioni statunitensi tra il 1926 e il 2016 ha mostrato che solo il 4% dei titoli quotati ha generato tutto il rendimento netto del mercato azionario superiore ai titoli di Stato (questi risultati dipendono fortemente dai tempi e dalle condizioni di mercato e potrebbero non ripetersi).
Il restante 96% delle azioni ha, nel complesso, sotto-performato i Treasury Bills o addirittura perso. Questo vuol dire che degli oltre 29mila titoli analizzati, appena 86 azioni hanno creato circa 16 trilioni di dollari di ricchezza, cioè oltre la metà del guadagno totale nei periodi considerati. In altre parole, l’intero rendimento del mercato deriva da un pugno di aziende che spesso sono molti difficili da identificare in anticipo.
Questo ha due implicazioni cruciali per l’investitore:
- Serve diversificazione per aumentare la probabilità di detenere quei pochi titoli che faranno la differenza.
- Serve pazienza per lasciare che i vincitori crescano e generino rendimenti: queste aziende spesso richiedono anni per emergere, ma i risultati possono essere esponenziali.
Rischio selettivo: quando vale la pena rischiare
Nel tennis, ogni colpo è una scelta tra rischio e controllo. Quando andare per il vincente? Quando rimanere nello scambio? La capacità di leggere il contesto è cruciale. I più grandi tennisti usano la varianza in modo strategico: cercano colpi più rischiosi quando il momento lo richiede, e tornano difensivi quando serve resistere. Nel portafoglio, questo si traduce nella gestione dinamica del rischio. Un investitore consapevole aumenta il rischio quando le probabilità sono a suo favore e lo riduce quando l’incertezza è massima o il premio per il rischio non è interessante. La teoria del portafoglio di Harry Markowitz ci dice che non basta massimizzare il rendimento atteso: bisogna farlo rispetto al rischio. Ma nella pratica, questo richiede una lettura contestuale e una disciplina operativa non banale.
Tennis e investimenti: l’importanza della disciplina
David Foster Wallace, che sul tennis ha scritto pagine definitive che hanno ispirato anche questo articolo, ha descritto il tennis come una disciplina più marziale che atletica, più mentale che fisica. Uno sport che premia la pazienza, la precisione e la strategia, qualità che contano anche nel mondo degli investimenti. Non si vince una partita con un singolo colpo, così come non basta una singola decisione per guadagnare denaro.
Il successo nasce dalla capacità di restare lucidi durante gli scambi lunghi, o negli alti e bassi del mercato, di adattarsi alle condizioni che cambiano, e di prendere decisioni intelligenti e misurate, un punto (o un giorno) alla volta. Come negli investimenti, alla fine, vincere la partita sul lungo termine è ciò che conta davvero.
Questo contenuto ha finalità informative, non costituisce un consiglio di investimento. Come per ogni investimento, il tuo capitale è a rischio di perdita. Le performance passate e le previsioni non sono un indicatore affidabile delle performance future.
*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.