Ecco come i grandi donatori stanno influenzando le elezioni Usa – e i mercati

Le poste sono sul tavolo, non resta che seguire i soldi. L’esito delle prossime elezioni presidenziali USA influenzerà le operazioni aziendali, la redditività e l’innovazione di alcune delle più grandi aziende del mondo. Negli ultimi mesi, i grandi gruppi e i leader di industria hanno riversato fiumi di denaro nei forzieri dei partiti. L’analisi del flusso delle donazioni elettorali offre agli investitori spunti per capire come si stanno posizionando le aziende e quali settori potrebbero avvantaggiarsi della vittoria di uno o dell’altro candidato il 5 novembre.

La crescita dei grandi donatori

La tornata delle elezioni del 2024 negli Usa segue nella scia di quella del 2020, che fu la più costosa di sempre marcando una discontinuità netta con il passato. Secondo Open Secrets, un’organizzazione nonprofit che monitora e pubblica dati sul finanziamento delle campagne elettorali, le elezioni Usa (che comprendono primarie, elezioni presidenziali ed elezioni per il congresso) in corso saranno le più costose di sempre, con una spesa totale stimata di almeno 15,9 miliardi di dollari – superando in termini assoluti i 15,1 miliardi del 2020. Solo per le elezioni presidenziali si prevede una spesa di oltre 5,5 miliardi di dollari.

Spesa totale per il ciclo elettorale aggiustata per l’inflazione, fonte: Open Secrets.

Degna di nota è la sempre maggiore importanza dei Super PAC (Political Action Committees). Queste organizzazioni, che a differenza dei PAC tradizionali hanno capacità di spesa e ricezione di donazioni praticamente illimitate, vengono create per sostenere un candidato o un’agenda politica e devono operare indipendentemente dai comitati elettorali ufficiali. I Super PAC avevano speso circa 2,6 miliardi di dollari a inizio ottobre, circa un miliardo in più rispetto allo stesso periodo nel 2020. La spesa finale potrebbe superare i 5 miliardi di dollari, con i repubblicani nettamente in vantaggio.

La crescita dei Super PAC è strettamente legata al ruolo sempre più rilevante dei grandi donatori. Sempre secondo Open Secrets, il peso delle piccole donazioni durante la campagna elettorale è sceso al 16%, rispetto al 22% delle scorse elezioni. I primi 10 donatori individuali hanno contribuito con 599 milioni di dollari, pari al 7% di tutta la raccolta. L’1% dei maggiori donatori ha contribuito al 50% della raccolta1.

La Silicon Valley vira a destra?

Uno dei settori da seguire con più attenzione per gli investitori, vista la sua capacità di influenzare le performance dei mercati globali, è quello tecnologico. Questo comparto industriale rappresenta uno dei principali centri di potere politico ed economico a livello globale, oltre a essere strettamente legato al potere statunitense. Tradizionalmente, la Silicon Valley è considerata una roccaforte di idee liberali e progressiste, ma per le elezioni del 2024 il fronte ha cominciato a scricchiolare.

Molte figure di riferimento hanno deciso di rompere il tabù culturale, schierandosi apertamente con Trump. Elon Musk, CEO di Tesla e proprietario del social network X, è diventato uno dei principali asset della campagna repubblicana, non solo attraverso donazioni, ma anche partecipando ai comizi e proponendosi per incarichi all’interno dell’amministrazione (si parla di un possibile posto di governo per un ruolo nella spending review).

Oltre a Musk, importanti investitori come Marc Andreessen e Ben Horowitz, a capo di una delle principali aziende di venture capital a livello globale, hanno dichiarato il loro sostegno alla candidatura Trump-Vance, donando 25 milioni di dollari a testa a livello personale e 50 milioni attraverso la propria azienda. A loro si uniscono Doug Leone e Shaun Maguire, partner di Sequoia Capital. Trump ha anche ottenuto il supporto di media influenti nel panorama della Silicon Valley, come il podcast “All-In”. Anche Mark Zuckerberg, CEO di Meta, ha elogiato Trump in un’intervista, pur specificando di non voler essere coinvolto direttamente nella sua campagna elettorale.

A pesare su queste scelte sono sicuramente le promesse di Trump di abbassare le tasse, ma anche il passato di Kamala Harris, che durante il suo mandato come procuratrice generale della California ha avviato azioni legali contro giganti come Facebook e PayPal. Tuttavia, non bisogna sopravvalutare questo fenomeno: la maggior parte delle aziende e dei donatori legati alla Silicon Valley continua a sostenere i democratici. Kamala Harris ha ottenuto il sostegno pubblico di figure chiave come Reid Hoffman (co-fondatore di LinkedIn), Sheryl Sandberg (ex COO di Meta) e Reed Hastings (co-fondatore di Netflix), che ha donato 7 milioni di dollari. Tra i grandi donatori figurano anche Laurene Powell Jobs, vedova di Steve Jobs, e Sam Altman, CEO di OpenAI. Molte delle aziende tecnologiche più influenti, come Amazon, Apple, Google e Nvidia, mantengono una posizione neutrale, con i loro CEO che scelgono di non esprimere pubblicamente le loro preferenze elettorali. In generale, il settore tecnologico insieme a quello della comunicazione è tra i più forti sostenitori dei democratici, con l’85% dei fondi delle aziende destinato a Kamala Harris2.

Il settore finanziario attratto dalla promessa di deregulation

Anche quest’anno, il settore della finanza è in cima alla classifica delle donazioni, con oltre 1,7 miliardi di dollari donati3. Mentre i finanziamenti aziendali tendono a distribuirsi equamente tra i principali partiti, molti leader del settore dominano la classifica delle donazioni personali, con una storica preferenza per i repubblicani. Secondo molti investitori, le aziende finanziarie potrebbero essere tra le maggiori beneficiarie di una vittoria di Trump. Negli ultimi mesi, le azioni del settore si sono mosse parallelamente alle prospettive di una vittoria repubblicana4.

Per consolidare questo trend, Trump si è rivolto direttamente a Wall Street, promettendo di liberarla dalle “regolamentazioni onerose”, alcune delle quali imposte proprio dall’amministrazione Biden in risposta al fallimento della Silicon Valley Bank. L’obiettivo è rivitalizzare fusioni e acquisizioni, così come le offerte pubbliche iniziali, che hanno subito un rallentamento sotto la presidenza democratica, anche a causa di un numero record di indagini sulle fusioni aziendali avviate dai procuratori nel 2023.

Inoltre, Kamala Harris ha una storia di diatribe legali con l’industria che non aiuta la sua causa. Come procuratrice generale della California, ha ottenuto circa 20 miliardi di dollari per i proprietari di case nell’accordo del 2012 con le grandi banche per la cattiva gestione dei mutui durante la crisi finanziaria. Nella sua autobiografia del 2019, Harris ha descritto un’accesa telefonata con Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase, durante la quale si sarebbero affrontati “come due cani in lotta”.

Tra i suoi atti legislativi principali da senatrice vi è il supporto al disegno di legge “Accountability for Wall Street Executives Act”, che avrebbe permesso ai procuratori statali di citare in giudizio i registri bancari nelle indagini sulle frodi finanziarie. Tuttavia, tra i sostenitori di alto profilo per i democratici non mancano figure come Jonathan Gray, presidente di Blackstone, Marc Lasry della società di investimenti Avenue Capital Management, Peter Orszag, CEO e presidente di Lazard, e il barone degli hedge fund George Soros.

Nel 2016, le azioni del settore finanziario avevano guidato il rally post-elettorale dopo la vittoria di Trump, registrando performance superiori al 10% nella prima settimana5.

Sanità: in prima linea nelle battaglie regolatorie

La situazione per il settore farmaceutico è meno chiara. Entrambi i candidati hanno annunciato l’intenzione di ridurre i prezzi dei farmaci, ma con strategie differenti. Kamala Harris, in qualità di vicepresidente, è stata fondamentale per l’approvazione dell’Inflation Reduction Act (IRA) del 2022, che ha dato a Medicare il potere di negoziare i prezzi dei farmaci, una misura a cui le aziende farmaceutiche si sono opposte. Harris ha promesso di ampliare ulteriormente la legislazione se dovesse diventare presidente. Nonostante questo approccio, l’industria farmaceutica ha investito significativamente nella sua campagna, con il settore sanitario che ha donato 154 milioni di dollari ai democratici, contro i 94 milioni destinati ai repubblicani.

Una delle proposte più popolari dei democratici è la stretta sui comportamenti anticoncorrenziali degli intermediari farmaceutici (PBM). Questa posizione ha attirato il sostegno di figure come il miliardario Mark Cuban, fondatore di Cost Plus Drugs, che mira a bypassare i PBM e offrire farmaci generici a prezzi scontati.

Secondo molti osservatori, Trump paga la vaghezza dei suoi programmi in materia sanitaria. La limitazione del prezzo dei farmaci era stata una delle proposte di Trump durante la campagna del 2016, ma non è mai stata realizzata. Durante la campagna attuale, Trump ha espresso posizioni più in linea con le lobby farmaceutiche, criticando genericamente l’IRA, ma senza promettere di abrogarla.

Combustibili fossili o energie rinnovabili

Una delle differenze più marcate tra i due candidati riguarda le politiche energetiche. Trump ha voluto segnare una netta distinzione rispetto alle politiche di transizione energetica dei democratici, che ha promesso di cancellare nell’ambito della spending review per ridurre le tasse. La sua campagna è iniziata con una vera e propria “chiamata alle armi”: Trump ha organizzato una cena al suo golf club Mar-a-Lago in Florida con più di 20 dirigenti di aziende come Chevron, Exxon e Occidental, chiedendo esplicitamente 1 miliardo di dollari e presentando un programma che elimina le barriere alla trivellazione, abolisce la sospensione delle esportazioni di gas e annulla le nuove regole per ridurre l’inquinamento automobilistico.

Sebbene Trump non abbia ancora raggiunto quella cifra, i dati indicano che ha già raccolto somme significative dal settore, che ha sostenuto in modo netto la sua campagna, con oltre il 90% delle donazioni dirette a lui. Tra i principali sostenitori ci sono Kelcy Warren, amministratore delegato dell’operatore di oleodotti Energy Transfer, che ha donato 6 milioni di dollari, e Timothy Dunn, dirigente della compagnia petrolifera texana CrownQuest, che ha versato 5 milioni di dollari a un Super PAC pro-Trump.

Da parte sua, Kamala Harris non ha posto il tema del cambiamento climatico al centro della sua campagna. Tuttavia, in caso di vittoria, le sue politiche dovrebbero continuare nel solco dell’amministrazione Biden, promuovendo veicoli elettrici (EV), energie rinnovabili e decarbonizzazione.

Un’analisi dei settori che hanno espresso un sostegno più coeso per uno dei candidati può offrire spunti interessanti per gli investitori. I comparti che sostengono Kamala Harris in modo più deciso sono l’istruzione, la tecnologia, i media e l’industria musicale, i dipendenti pubblici e i sindacati dei lavoratori del settore manifatturiero. I settori che sostengono Trump sono il petrolifero e minerario, le grandi aziende agricole e l’automotive. Un caso interessante è quello delle criptovalute, con un crescente sostegno verso la campagna repubblicana, in seguito alle dichiarazioni pro-Bitcoin di Trump6. Tutti questi settori potrebbero mostrare volatilità dopo le elezioni, un trend che potrebbe essere sfruttato dagli investitori interessati a selezionare settori o aziende specifiche.

Quanto contano i finanziamenti elettorali?

Per chiudere, non resta che porsi una domanda: alla fine, i soldi contano davvero per vincere le elezioni? Anche qui i risultati sono contrastanti. A livello di Congresso, chi spende di più tende a vincere, ma questo dato è falsato da un effetto bandwagon, che vede i finanziamenti spostarsi verso i candidati più forti e gli incumbent.

Studi più approfonditi non hanno dimostrato una relazione chiara tra spesa e possibilità di vittoria7. Per quanto riguarda la campagna presidenziale, il caso emblematico è quello del 2016, quando Hillary Clinton spese molto più di Trump, ma ciò non le bastò per vincere. Anzi, la sua spesa elevata supportò la retorica che la identificava come la candidata delle élite.

Nonostante ciò, i fondi restano cruciali. Le spese dei due candidati si bilanciano in una sorta di corsa agli armamenti che sta facendo lievitare i costi della politica. Il sistema elettorale ha un ruolo importante: molti di questi fondi vengono spesi in campagne pubblicitarie negli Stati in bilico, dove anche poche migliaia di voti potrebbero fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.Se hai domande per i nostri espertiche riguardano l’impatto delle elezioni americane sui tuoi investimenti puoi scrivercele qui. Ci farà piacere esserti di aiuto con i prossimi approfondimenti e video del nostro Speciale Elezioni USA.

  1. (Total 2024 election spending projected to exceed previous record  • OpenSecrets) ↩︎
  2. Most Partisan Industries • OpenSecrets ↩︎
  3.  Sector Totals • OpenSecrets ↩︎
  4. Bank stocks are trouncing the market in October on Trump optimism. ↩︎
  5. Election 2016: How financial markets reacted to Donald Trump’s victory and what it predicts ↩︎
  6. Most Partisan Industries • OpenSecrets ↩︎
  7. How Money Affects Elections | FiveThirtyEight ↩︎

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