Quando Kamala Harris si è ritrovata a discutere il proprio programma economico insieme ai suoi consiglieri, avrà sicuramente riflettuto sui risultati degli ultimi quattro anni insieme a Biden. Si tratta di un’eredità positiva su cui fare leva per sostenere la propria candidatura, o di un’esperienza dalla quale distanziarsi il più possibile? Trovare il giusto equilibrio in questa narrativa potrebbe fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta a novembre.
Tuttavia, valutare i risultati della Bidenomics non è affatto semplice. La pandemia di Covid-19 ha portato i democratici ad adottare politiche ultra-espansive, aumentando la spesa pubblica a livelli molto alti, soprattutto nei primi anni di mandato (oltre il 40% del PIL nel 2021). Questo ha permesso al governo di guidare attivamente la ripresa economica. I dati macroeconomici raccontano una storia di successo: l’economia è rimbalzata ai livelli pre-Covid, la crescita è continuata anche dopo la pandemia, migliorando le performance anno dopo anno (+1,9% nel 2022, +2,5% nel 2023, e una proiezione del 2,7% nel 2024 secondo il Fondo Monetario Internazionale)1, la disoccupazione è scesa dai livelli già bassi in cui si trovava, i salari reali sono aumentati e l’inflazione è stata riportata a livelli gestibili senza spingere l’economia in recessione. Il mercato azionario USA è cresciuto a una media di oltre l’11% all’anno.
Eppure, la valutazione degli statunitensi sullo stato dell’economia resta negativa. La pandemia ha portato con sé anche l’inflazione, che ha raggiunto livelli mai visti dalla maggior parte degli elettori. Sebbene non siano solamente le scelte del governo ad aver portato in alto i prezzi, per molti americani è naturale dare la responsabilità a Washington. Gli ultimi anni della storia economica hanno creato un senso diffuso di insicurezza. La maggior parte delle persone non misura il proprio benessere con indicatori come il PIL o il CPI, ma sulla base di quanto possono permettersi quando fanno la spesa o pagano l’affitto. Secondo i sondaggi, il 66% degli americani si sente più povero rispetto al 20222.
Questa percezione è particolarmente forte tra i lavoratori meno specializzati e la classe media, che devono sgomitare per mantenersi competitivi in un mercato del lavoro che, pur offrendo opportunità, richiede sempre più specializzazione, mobilità e sacrifici. È proprio verso questi elettori che si rivolge il messaggio economico di Kamala Harris, alla ricerca di una narrativa alternativa rispetto a quella securitaria di Trump. La battaglia si gioca tanto sul portafoglio quanto sulla percezione.
Un nuovo brand per la politica economica progressista
La sfida di Kamala Harris non è poi così diversa da quella che stanno affrontando tutti i partiti progressisti e liberali dell’Occidente: creare un nuovo messaggio economico che continui a essere attraente per le classi medie acculturate, ma che allo stesso tempo permetta di conquistare anche quelle fasce dell’elettorato che stanno guardando altrove. I progressisti moderati si trovano a dover reinventare il loro brand economico, superando sia le tendenze neo- e eco-socialiste della nuova sinistra, sia la “terza via” di Clinton.
Il tentativo di Kamala Harris si chiama “opportunity economy”. Si tratta di un mix di misure assistenziali mirate a sostenere categorie di ceto medio-basso, interventi per la classe media e le piccole imprese volti a incrementare la produttività, e politiche correttive e redistributive per limitare gli eccessi di potere delle grandi imprese. Dal punto di vista della spesa pubblica, si tratta di un attivismo economico guidato dalla responsabilità di bilancio. Questo approccio affonda le sue radici nell’esperienza del Covid, quando il governo e le sue agenzie si sono dovute attrezzare per gestire trilioni di dollari di nuovi programmi. Non è un caso che molte delle politiche simbolo di Kamala Harris siano un’evoluzione proprio delle iniziative post-pandemia, come il credito d’imposta per i neonati, presentato in versione ridotta già nel 2021. Anche parte delle politiche abitative si basano su disegni di legge attualmente arenati in parlamento.
La continuità politica con l’esperienza di Biden marca una distinzione netta con il programma di Trump, che punta su sostanziali tagli fiscali e sulla spesa per stimolare la crescita. Si tratta del culmine di una parabola per il partito democratico americano, che parte da Clinton con il suo annuncio della fine del “Big State” e passa per le politiche di Obama, espansive in risposta alla crisi del 2008 ma con la spesa ridotta negli anni anche per impulso del Congresso controllato dai repubblicani. I programmi economici di Biden e Harris hanno chiuso il cerchio.
Per quanto riguarda la politica commerciale, il nuovo paradigma democratico è esemplificato da posizioni moderatamente protezionistiche, ben rappresentate dai dazi imposti da Biden sulle auto elettriche cinesi. Una scelta equidistante tra il protezionismo estremo di Trump e la politica di Obama, che con la Cina voleva firmare un accordo commerciale (il Trans-Pacific Partnership Agreement) a cui Harris si oppose quando era senatrice della California.
Il programma elettorale
Ma quali sono le misure chiave del programma economico dei democratici? La Harris ha preso molto dal programma di Joe Biden, facendo anche delle importanti integrazioni, accomunate dall’obiettivo di affrontare alcune delle tematiche più preoccupanti per gli investitori, come l’inflazione, il caro casa e gli eccessivi costi per mettere su famiglia.
Tra le proposte c’è il supporto alle nuove piccole e medie imprese tramite l’aumento di dieci volte del credito d’imposta di 50.000 dollari per le nuove attività (il costo medio per avviare un’azienda è di 40.000 dollari). L’obiettivo dichiarato è di raggiungere le 25 milioni di nuove aziende create nei primi due anni di mandato, superando il record di 19 milioni durante l’amministrazione Biden3.
Una delle proposte più discusse è la promessa di limitare la “speculazione sui prezzi” dei generi alimentari, conferendo a delle agenzie governative l’autorità di intervenire contro aumenti indiscriminati in momenti di emergenza. Questa misura cerca di rispondere al malcontento diffuso, poiché l’aumento dei prezzi alimentari è uno dei principali motivi di insoddisfazione dell’elettorato rispetto all’economia. Alcuni economisti hanno definito la proposta populista e inefficace, e Trump l’ha definita “sovietica”. Harris ha chiarito che si tratta di un intervento limitato a situazioni di emergenza, una misura peraltro già in vigore in molti stati. Altre idee per controllare i prezzi alimentari riguardano interventi diretto sulla filiera per evitare rincari indebiti.
Un’altra proposta chiave del pacchetto democratico è il credito d’imposta di 6.000 dollari per i neonati nel primo anno, insieme al credito d’imposta da 3.600 dollari per i figli successivi delle famiglie meno abbienti, già introdotto da Biden in seguito alla pandemia. Harris intende anche ampliare l’Earned Income Tax Credit per i lavoratori con redditi bassi, portando il massimale da 600 a 1.500 dollari e allargare i criteri per ricevere lo sconto4. La candidata si è inoltre impegnata a mantenere la promessa di Biden di estendere tutti gli sgravi fiscali già in vigore (quindi non alzare le tasse) per le famiglie con redditi pari o inferiori a 400.000 dollari annui. Degno di nota anche il supporto alla proposta di eliminare le tasse sulle mance per i lavoratori del settore servizi, un’idea originariamente avanzata da Trump.
Per quanto riguarda le politiche abitative, Harris propone un finanziamento di 25.000 dollari per supportare i pagamenti iniziali per la prima casa. Inoltre, promette la costruzione di 3 milioni di nuove unità abitative, anche attraverso nuovi incentivi fiscali e un fondo da 40 miliardi per finanziare le iniziative degli enti locali. Sempre per aumentare la disponibilità di case, si è inoltre impegnata a eliminare gli sgravi fiscali per coloro che acquistano case in massa con lo scopo di affittarle5. Il tema della casa è piuttosto sensibile, con lo scoppio dei prezzi immobiliari che ha aumentato il divario economico tra i proprietari e gli affittuari: un classico esempio di come i dati economici generali raccontano spesso solo parte della storia.
L’aumento delle tasse
Come verranno finanziate queste promesse? Qui la distanza tra la politica economica di Kamala Harris e quella di Trump non potrebbe essere più evidente. Secondo il Committee for a Responsible Federal Budget, l’insieme delle misure proposte da Harris costerebbe oltre 700 miliardi di dollari all’anno. I finanziamenti arriverebbero in gran parte da un aumento delle tasse su imprese e grandi patrimoni. Harris ha promesso di aumentare al 28% sia l’aliquota dell’imposta sulle società (che Trump vuole abbassare sino al 15%), sia l’aliquota finale sulle plusvalenze a lungo termine per le famiglie che guadagnano più di un milione di dollari al 33%, allo stesso livello in cui si trovava negli anni ’70.
La prima proposta è in linea con quanto sostenuto dall’Amministrazione Biden. La seconda, invece, rappresenta una piccola marcia indietro rispetto al 39,6% proposto in precedenza6. La campagna di Harris ha anche indicato di sostenere un’altra proposta di Biden: imporre un’aliquota fiscale minima effettiva del 25% sui redditi annuali delle famiglie con un patrimonio superiore ai 100 milioni di dollari, comprese le plusvalenze non realizzate sul loro patrimonio.
Queste proposte, seppur mirate alle aziende e ai ceti più abbienti, offrono un argomento al campo repubblicano, secondo cui Harris danneggerebbe l’economia con le sue tasse. Secondo i sostenitori democratici si tratta invece di un approccio pragmatico e responsabile, fatto di interventi mirati a favore della classe media e delle piccole imprese. Per alcuni critici, tuttavia, il programma di Harris è poco coraggioso e non abbastanza radicale; per altri, è un dispendio di risorse orientato più dai sondaggi che da una visione coerente, che finirebbe per aumentare la spesa pubblica in modo inefficace e alzerebbe le tasse sulle imprese senza introdurre misure fondamentali per una riforma strutturale: una sorta di Bidenomics in riduzione. Basterà per convincere un numero sufficiente di elettori americani? Lo scopriremo a novembre.
Se hai domande per i nostri esperti che riguardano l’impatto delle elezioni americane sui tuoi investimenti puoi scrivercele qui. Ci farà piacere esserti di aiuto con i prossimi approfondimenti e video del nostro Speciale Elezioni USA.
- United States and the IMF ↩︎
- Voters think America’s economy stinks. There’s nothing that will change that before the election (msn.com) ↩︎
- Kamala Harris proposes $50,000 tax break for small businesses – CBS News ↩︎
- New Tax Credits in Kamala Harris Economic Plan: What to Know | Kiplinger ↩︎
- What to know about Harris’ affordable housing economic proposals (cnbc.com) ↩︎
- Kamala Harris Pares Back Biden’s Capital-Gains Tax Proposal – WSJ ↩︎
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