Dopo la volatilità di mercato delle ultime settimane, vogliamo esaminare i recenti dati macroeconomici per capire come influenzano il quadro generale.
Per fare un passo indietro: i mercati azionari hanno subito un calo a causa delle preoccupazioni legate, in parte, al fatto che l’economia statunitense stava rallentando più velocemente del previsto e che la Banca Centrale degli Stati Uniti, la Federal Reserve (Fed) a questo punto avrebbe già dovuto iniziare a ridurre i tassi di interesse.
Ci siamo posti due domande principali. Primo, vedremo segnali che l’economia sta rallentando più velocemente del previsto? Secondo, i dati sull’inflazione saranno abbastanza bassi da permettere alla Fed di tagliare i tassi nella riunione di settembre?
La risposta breve è che alcuni dati macroeconomici si sono rivelati migliori del previsto, mentre i dati sull’inflazione sono stati in linea con le aspettative degli analisti.
Quindi, la probabilità di una recessione imminente è diminuita, almeno per questa settimana. Allo stesso tempo, riteniamo che la Fed dovrebbe sentirsi abbastanza a suo agio il prossimo mese da tagliare i tassi di 25 punti base, anche se forse non di 50 punti base come richiesto da alcuni.
Ecco un approfondimento del contesto macroeconomico. Guardando il lato positivo, le vendite al dettaglio negli Stati Uniti per luglio sono state superiori alle aspettative. Il grafico sottostante mostra la crescita mensile delle vendite (la barra) rispetto alle aspettative degli analisti (la linea).
Allo stesso tempo, i dati relativi alla richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione su base settimanale rimangono compresi in un intervallo piuttosto ristretto, come avviene dall’inizio del 2022, mentre le richieste continuative sono risultate leggermente inferiori alle previsioni. Questo suggerisce che il mercato del lavoro statunitense si sta raffreddando, ma non a un ritmo che dovrebbe causare particolari preoccupazioni.
Per quanto riguarda l’inflazione complessiva, sia i prezzi alla produzione che i prezzi al consumo si stanno muovendo nella giusta direzione.
I prezzi alla produzione negli Stati Uniti sono aumentati meno del previsto il mese scorso. Il grafico sottostante mostra l’aumento mensile dell’indice dei prezzi alla produzione (la barra chiara) rispetto alle previsioni del consenso Reuters (la barra scura).
L’inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti per luglio è risultata in gran parte conforme alle aspettative. L’inflazione complessiva è ora leggermente inferiore al 3% su base annua, tecnicamente all’interno dell’obiettivo della Banca Centrale degli Stati Uniti (più o meno, tra il 2% e l’1%). Non è ancora esattamente dove la Fed vorrebbe che si trovasse, ma sta andando nella giusta direzione.
Come mostra il grafico sottostante, altre misure come l’inflazione core (esclusi cibo ed energia) e l’inflazione “sticky” (una misura dei prezzi che si muovono meno facilmente) sono ancora un po’ più alte del 3%, ma si stanno avvicinando agli obiettivi della Fed.
È il momento di fare alcune considerazioni. In primo luogo, si tratta di un numero limitato di dati, quindi non è un quadro conclusivo.
In secondo luogo, come ci si aspetterebbe, non tutti i dati che abbiamo visto nelle ultime settimane raccontano una storia positiva. La componente abitativa dei prezzi al consumo è stata più alta del previsto e il calo dell’indice dei prezzi alla produzione è stato dovuto in gran parte a una sola componente. Gli indicatori di sentiment del settore manifatturiero continuano a suggerire che le aziende statunitensi stanno affrontando un ambiente difficile.
Tuttavia, crediamo che i dati statunitensi monitorati dall’ultimo calo dei mercati suggeriscono che l’economia statunitense non è ancora pronta a entrare in recessione e che l’inflazione è diminuita a sufficienza da giustificare un taglio dei tassi a settembre.
Per il momento, riteniamo si tratti di un risultato positivo.
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