Rendiconto Costi e Oneri: la consapevolezza degli investitori italiani è ancora lontana

Con l’obiettivo di garantire una maggiore trasparenza a tutela dell’interesse degli investitori finali, la direttiva MiFID II del 2018 ha introdotto, tra le altre cose, l’obbligo, per le banche e gli intermediari finanziari, di rendicontare tutti i costi e gli oneri effettivamente sostenuti dai clienti per i propri investimenti con una cadenza (almeno) annuale. Nel Rendiconto Costi e Oneri devono quindi essere esplicitate tutte le voci di costo, compresi gli oneri fiscali, sia in assoluto che in percentuale, in modo tale da rendere possibile per i clienti il confronto tra servizi e strumenti finanziari diversi, disincentivando quella che purtroppo è stata per anni la prassi degli intermediari finanziari, che tendevano a celare dietro strutture commissionali complesse e articolate i costi addebitati.     

A oltre sei anni dall’entrata in vigore della direttiva, abbiamo fatto il punto sulla consapevolezza che gli investitori italiani hanno del Rendiconto Costi e Oneri. Dall’analisi di un campione di investitori composto sia da nostri clienti che da non clienti, emerge che purtroppo la strada da fare è ancora lunga. Nonostante si tratti di un campione con un livello medio di istruzione elevato (in cui ad avere una laurea è il 60% dei rispondenti, un quarto dei quali in discipline economico-finanziarie), infatti, il 35% dei clienti e il 48% dei non clienti ha una conoscenza nulla o limitata dell’esistenza di un documento chiamato “Rendiconto Costi e Oneri”. E purtroppo sono il 62% delle donne contro il 34% degli uomini. Interessante notare che la consapevolezza cresce al crescere dell’età e della propensione al rischio: il profilo più esperto sembra essere Boomer (71%), con propensione al rischio elevata (70,5%) e un patrimonio medio investito superiore ai 65.000 euro (63%). 

Più si approfondisce il contenuto del Rendiconto, più le conoscenze degli intervistati si fanno vaghe: solo il 30% sa con esattezza quali informazioni sono riportate in questo importante documento. Del resto, anche tra chi è certo di aver ricevuto almeno un Rendiconto Costi e Oneri nella sua esperienza di investitore, ossia circa il 50% del campione, solo il 33% afferma di averlo effettivamente letto, trovandolo chiaro ed esaustivo. A tal proposito Andrea Rocchetti, il nostro Global Head of Investment Advisory, ha commentato:

«Se il 65% dei nostri clienti conosce l’esistenza del Rendiconto e il 42% dichiara di leggerlo e comprenderlo credo sia anche grazie all’efficacia della campagna di sensibilizzazione che ci impegniamo a fare ogni anno attraverso i nostri canali di comunicazione. Ritengo importante ricordare che nel maggio del 2020 la Consob ha formulato una serie di raccomandazioni per stimolare una migliore individuazione della disclosure dei vari costi e oneri all’interno del Rendiconto, e per facilitare la comprensione del significato delle singole voci elencate e della loro incidenza sulla performance totale, nonché la comparazione con i documenti ricevuti da altri intermediari. In ottemperanza a queste disposizioni, l’industria del risparmio è chiamata ad impegnarsi per rendere più chiaro il documento – anche attraverso un maggior utilizzo di tabelle, glossari, numeri riepilogativi – e per veicolare in maniera diretta il suo contenuto, senza diluirlo con altre informazioni che potrebbero risultare fuorvianti. L’obiettivo ultimo dovrebbe sempre essere aiutare chiunque, anche i non addetti ai lavori, ad avere una comprensione più immediata del tema.» 

Nonostante la pronuncia della Consob, dalla nostra indagine è emerso che il livello di coinvolgimento degli investitori sul tema resta minimo: oltre due terzi di coloro che dichiarano di aver ricevuto il documento negli anni passati non ne hanno mai discusso con il proprio consulente, e la metà afferma di non aver mai ricevuto neanche una notifica proattiva della pubblicazione del Rendiconto o di averlo dovuto cercare nell’area riservata del proprio home banking. «Si tratta sicuramente di un segnale di scarsa sensibilità dell’industria sul tema, ancora più grave se si considera che ogni giorno gli investitori vengono inondati da comunicazioni proattive di ogni tipo, spesso a fini commerciali.» commenta Rocchetti.

Si aggiunga che quasi il 70% degli intervistati ignora o sa solo vagamente che gli intermediari sono tenuti per legge a inviare il Rendiconto entro il 30 aprile di ogni anno e solo il 3% è a conoscenza della possibilità di richiedere il documento in forma analitica e ha effettivamente chiesto di visionare la versione dettagliata del Rendiconto, fondamentale per poter conoscere non soltanto il costo complessivo del proprio portafoglio, ma anche le potenziali inefficienze in termini di costo dei singoli strumenti nell’ambito della propria esposizione complessiva.

«Penso valga la pena mettere a confronto queste evidenze con quelle di altre indagini autorevoli effettuate nel mondo del risparmio su campioni simili per numero di rispondenti e prenderei come esempio l’ultimo Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane: in quel caso il 66% degli intervistati dichiarava di non comprendere i costi sostenuti per investire, per la precisione il 42% rispondeva che non vi erano costi associati agli investimenti e il 24% rispondeva di non sapere. Il quadro dipinto da Consob è ancora più drammatico di questo perché si tratta di un campione più rappresentativo della popolazione italiana» ha aggiunto Massimo Scolari, Presidente di Ascofind, che ha collaborato alla nostra indagine.  

In particolare, è interessante sottolineare che tra i non clienti, addirittura l’82% degli investitori – tra coloro che non sono a conoscenza dei Rendiconti – dice di non aver mai ricevuto un documento del genere in passato. Tra coloro che quantomeno hanno una vaga idea dell’esistenza del documento il dato cala drasticamente intorno al 18%, segno che una maggiore sensibilizzazione intorno all’esistenza e alla finalità del Rendiconto rende i risparmiatori più attenti e partecipi nella gestione dei propri risparmi.

Rocchetti ha concluso: «Nonostante siano trascorsi oltre sei anni dall’entrata in vigore della MiFID II, l’indagine di Moneyfarm mette in luce come vi sia ancora un ampio numero di investitori che non sa a che cosa ci si riferisca quando si parla di “Rendiconto Costi e Oneri” e che magari crede che la consulenza prestata dalla propria banca o intermediario finanziario sia a titolo gratuito. Un fatto ancora più paradossale se si considera che in Italia il costo per gli investimenti è tra i più alti al mondo. Le istituzioni e noi operatori finanziari siamo quindi chiamati ad un’opera di rieducazione finanziaria, per aumentare la consapevolezza del pubblico retail circa i costi a cui si va incontro quando si sottoscrive un prodotto o un servizio finanziario. I costi rappresentano infatti l’unica variabile certa di un investimento e solo avendo accesso ad informazioni trasparenti in tempi utili è possibile prendere decisioni con cognizione di causa».

Il sondaggio è stato effettuato su un campione di 1.329 investitori, di cui 709 clienti dei servizi Moneyfarm con un investimento attivo da almeno 12 mesi e 620 utenti non clienti di Moneyfarm e utilizzatori dei servizi di investimento di altri intermediari.

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