Fondi Comuni negoziati in borsa, ecco cosa succede

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Tra le novità emerse dal Salone del Risparmio di quest’anno la notizia che ha generato più discussione è quella riguardante la possibilità di negoziare i fondi comuni in Borsa.

Sebbene l’entrata in Borsa dei fondi rappresenti un passo verso la semplicità di scambio e maggiore trasparenza di questi strumenti d’investimento verso il risparmiatore italiano, molte società di gestione e di asset management non vedono di buon occhio la mossa e ostacolano il cambiamento del modello distributivo.

Iniziare la compravendita di quote di fondi comuni in Borsa come già avviene per gli ETF, vorrebbe dire in fatti rinunciare alla prassi di ricorrere alle reti di promotori che, grazie alle alte retrocessioni sulla vendita riconosciute dagli operatori e società di gestione, sono incentivati alla vendita di questi strumenti. Si torna a parlare quindi di conflitto di interessi e di come i collocatori di fondi comuni spesso vendano ai risparmiatori italiani strumenti inadatti ai loro portafogli non ponendo al centro le esigenze, gli interessi e gli obiettivi dei clienti.

Un’inchiesta di Plus 24 evidenzia favorevoli e contrari a questa mossa, mettendo in buona luce le società favorevoli alla mossa e lasciando qualche dubbio su quelle meno propense al cambiamento. Se infatti da un lato le società di Asset Management decantano la qualità dei loro prodotti, non si vede ragione per la quale esse dovrebbero ostacolare la compravendita degli stessi in modo autonomo.

Se già per gli ETF si vedono i benefici del libero scambio di quote, anche per i fondi comuni l’acquisto e la vendita delle quote in Borsa rappresenterebbe un’apertura e un opportunità su diversi fronti. L’accesso ai prodotti diventerebbe più semplice e questo favorirebbe efficienza, qualità e una maggiore concorrenza tra le società a tutto beneficio del cliente. Ciò porterebbe inoltre a un abbattimento delle commissioni e una maggiore trasparenza nella struttura di costo; finora infatti distinguere le spese di gestione da quelle di consulenza è sempre stato quasi impossibile.

La negoziazione dei fondi in borsa potrebbe però anche essere un pericolo per gli investitori fai da te. Importante quindi una consulenza di qualità che guidi chi vuole investire nella scelta degli strumenti più adatti alle proprie esigenze e nella definizione delle strategie di asset allocation. Questo rappresenterebbe una svolta e opportunità anche per i promotori in quanto il cambiamento del modello distributivo permetterebbe loro di focalizzare la propria attività sulla consulenza. Insomma molti dovranno adattarsi e quel punto si vedrà chi veramente è competente e chi invece era un semplice venditore.

Per chi  non vuole aspettare che tutto questo accada ci sono già i consulente indipendenti, come MoneyFarm, che grazie all’assenza di conflitti d’interesse consigliano ai propri clienti solo prodotti adatti alle proprie esigenze di investimento, come gli ETF, fondi comuni passivi che essendo già quotati in Borsa sono trasparenti e hanno costi di gestione più che accessibili.

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*Investire in strumenti finanziari comporta rischi inerenti, tra cui perdita di capitale, fluttuazioni del mercato e rischio di liquidità. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. È importante considerare la tua tolleranza al rischio e gli obiettivi d’investimento prima di procedere.