Nell’attuale scenario macroeconomico globale caratterizzato da bassa crescita e presenza di forti stimoli monetari nelle economie dei principali paesi, è consigliabile un approccio cauto ai mercati obbligazionari, esposti per natura a un eventuale aumento dei tassi d’interesse qualora la situazione dovesse “normalizzarsi”.
Sono molti gli investitori che, sconfortati da “magre”cedole , si sono rifugiati su obbligazioni a lunga scadenza per cogliere opportunità di rendimenti maggiori. Questa strategia se da un lato consente di non depauperare il flusso cedolare, dall’altro rischia di mettere a rischio il portafoglio per la volatilità implicita nei bond a lunga scadenza, misurata dall’indicatore finanziario tecnicamente conosciuto come “Duration Modificata”. L’indicatore in questione permette di stimare l’impatto di una variazione di un punto percentuale del tasso d’interesse a scadenza sul prezzo dello strumento obbligazionario. Nel caso di un Btp, una variazione dei tassi dell’1% determina una discesa del prezzo di circa l’8% per scadenze decennali e del 12% per quelle ventennali.
Questo semplice esempio evidenzia il rischio di tasso implicito in tutti gli strumenti obbligazionari, rischio che si può gestire solo portando i titoli a scadenza, subendo però comunque tutta la volatilità del prezzo dell’obbligazione nel tempo.
Il nostro suggerimento è quindi di essere sempre consapevoli che la durata di una obbligazione a tasso fisso è anche un’ indicazione della sua rischiosità. Non a caso, i portafogli attuali di MoneyFarm sono posizionati su scadenze brevi, con una durata media finanziaria limitata così da “proteggerli” da un possibile rialzo dei tassi.